Di Francesco Lauria[1]
Nel mese di maggio 2019, il cardinale
elemosiniere vaticano Konrad Krajewski,
con il pieno sostegno di Papa Francesco, si è personalmente calato in un
tombino per riallacciare l’energia
elettrica agli occupanti di uno stabile romano.
Si è trattato di un gesto di disobbedienza
civile che ha fatto molto scalpore nell'opinione pubblica e che affonda le
proprie radici nella coscienza che alimenta atti concreti, fino alla scelta di
non rispettare norme giuridiche ritenute inconciliabili con la religione o l’etica.
Quasi due mesi dopo, in condizioni diverse,
ancor più drammatiche, la comandate della nave Sea Watch 3 Carola Rachete, dopo
una lunga ed estenuante attesa, ha violato il divieto di attracco al porto di
Lampedusa, portando in salvo oltre quaranta migranti, accettando l’arresto come
conseguenza del proprio atto di disobbedienza civile.
Tornando a don Konrad, la motivazione del
gesto è stata quella di: "soccorrere quanto prima, in stato di emergenza,
piccoli e ammalati fortemente compromessi dalla mancanza di energia
elettrica".
Dopo aver sollecitato inutilmente l'intervento
delle istituzioni pubbliche locali, il cardinale si è assunto la piena
responsabilità della propria azione, come dimostrato dal biglietto da visita
lasciato sul luogo e dalla dichiarazione successiva, con la disponibilità a
sanare economicamente la situazione. Un gesto politico, non solo umanitario e, come
quello della giovane “capitana” tedesca della Sea Watch, di disobbedienza
civile: è considerato possibile, per motivi gravi, agire contro una legge (non
contro l'autorità), assumendosi la relative responsabilità.
Un gesto che aiuta a riflettere, facendo eco del pensiero di Paul
Ricoeur, sul rapporto tra amore e giustizia, poichè: “il giusto appartiene al
buono, prima ancora che al legale”. Se, come scriveva il filosofo francese,
“l’amore obbliga ad una giustizia educata all’economia del dono”, esso ci porta
anche ad “uscire” da una giustizia istituzionalizzata, assumendo, come ci
insegnano Papa Francesco e in primis il Vangelo, il volto di una profezia intransigente
e dell’azione dirompente, disubbidiente, destabilizzante della misericordia.
Come ha ricordato l'ex presidente dell'Azione Cattolica Luigi Alici, commentando
il gesto dell'elemosiniere del Papa in una bellissima riflessione sul proprio
blog, l’amore, ammoniva Ricoeur, esprime la propria forza nella fragilità,
destabilizza, disorienta una concezione puramente utilitaria della giustizia e
la instrada verso una nuova dimensione di cooperazione e di “mutuo
indebitamento”. Per spostare di poco la barriera, scriveva ancora Ricoeur, sono
stati necessari atti intempestivi, spesso illegali nei riguardi della
legislazione vigente.
Coerentemente a tutte queste riflessioni è
stata ampiamente rilevata, nell’occasione dei gesti del cardinal Krajewski e di Carola Rachete,
ma, indirettamente anche di Papa Francesco, l'eco degli scritti e delle azioni di
don Lorenzo Milani[2].
La scelta della disobbedienza civile, come è noto,
costò al priore di Barbiana un processo (e una postuma condanna) per apologia
di reato. Quando, nel marzo 1965, fu pubblicata la “Lettera ai cappellani militari”, l’obiezione di coscienza al
servizio militare non era, infatti, un diritto riconosciuto dalla legge,
nonostante già diversi anni prima, il politico cattolico fiorentino Nicola
Pistelli, ne avesse proposto la piena accettazione in Parlamento.
I gesti di Konrad, Carola (e Francesco) hanno
sortito un risultato concreto per famiglie, minori e migranti in difficoltà, ma,
soprattutto, hanno coraggiosamente rilanciato, il dibattito (e anche le
polemiche) sul valore e la legittimità, oggi, della disobbedienza civile.
Un dibattito, non fine a se stesso, è bene
ricordarlo, ma rivolto alla modifica di leggi profondamente ingiuste, come lo
erano quelle che, negli anni sessanta, punivano duramente l’obiezione di
cosicenza al servizio militare e così come lo sono quelle contenute nei decreti
sicurezza dell’era Salvini.
Una differenza rilevante con il 1965 è che il
pontificato di Papa Francesco appare chiaramente da una parte, anche se,
purtroppo, non riesce a mobilitare dietro di sè l’intera comunità ecclesiale.
L’eco di Barbiana è, però, davvero forte nelle
parole e nei gesti di un pontificato che ha definitivamente “riabilitato” e
pienamente riconosciuto la figura, gli scritti, le opere di Don Lorenzo Milani
e che si confronta apertamente con le sfide complesse della nostra modernità.
Compito di chi si sente “dalla stessa parte”
non è quello di sentirsi appagato da “gesti eroici”, ma di attingere
all’esempio di Konrad, Carola, Francesco.
Per cambiare il corso della storia, esattamente
come nel 1965, occorre, infatti, incidere concretamente sulle contraddizioni
morali, sociali, economiche, giuridiche e politiche che hanno generato la
necessità e l’urgenza stessa di questi gesti di disobbedienza civile.
[2] Si veda,
a mero titolo di esempio, l’articolo di Alberto Chiara: “Legge e coscienza, da
Don Milani a Konrad” in Famiglia Cristiana del 15 maggio 2019.
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