E’ con una certa emozione che intervengo qui, a Pistoia, per parlare di una piccola scommessa condivisa.
Quando, ormai tre anni fa, ebbi tra le mie mani la bozza del testo di Vasco Ferretti sulla sua esperienza al Centro Studi di Firenze nel 1956, capii subito che poteva essere uno strumento importante e originale.
Il 1956. Il mitico anno degli anni mitici del mitico Centro Studi della Cisl di Firenze.
Il racconto di Ferretti è singolare. Ben scritto, perché Ferretti è un ottimo e piacevole scrittore, ha la penna del pittore e del giornalista, non scrive in sindacalese.
Ma non è la storia di una gloriosa carriera sindacale. E’ la storia di un gruppo di giovani, entusiasti e responsabili che si trovano ad un crocevia importante della storia, visti con l’occhio di uno di loro.
Siamo nel momento fondamentale in cui la Cisl, il sindacato nuovo, nato sei anni prima, sta costruendo la sua classe dirigente, sta, non senza fatica, innovando dal basso il sindacalismo nel nostro paese, con una formula del tutto nuova.
Il 1956. Il mitico anno degli anni mitici del mitico Centro Studi della Cisl di Firenze.
Il racconto di Ferretti è singolare. Ben scritto, perché Ferretti è un ottimo e piacevole scrittore, ha la penna del pittore e del giornalista, non scrive in sindacalese.
Ma non è la storia di una gloriosa carriera sindacale. E’ la storia di un gruppo di giovani, entusiasti e responsabili che si trovano ad un crocevia importante della storia, visti con l’occhio di uno di loro.
Siamo nel momento fondamentale in cui la Cisl, il sindacato nuovo, nato sei anni prima, sta costruendo la sua classe dirigente, sta, non senza fatica, innovando dal basso il sindacalismo nel nostro paese, con una formula del tutto nuova.
Aveva affermato Giulio Pastore al primo congresso della confederazione a cavallo tra l’aprile e il maggio del 1950: «Non abbiamo niente dietro di noi. Non partiti, non movimenti ideologici; non abbiamo neanche una tradizione perché non esiste in Italia la tradizione nella formula da noi enunciata»
Erano frasi forti e vere.
La Cisl
nasceva nel presente, in quel 1950. Si nutriva di una cultura pluralista,
certamente non cancellava l’ispirazione cristiana che l’aveva contraddistinta
durante il periodo della Cgil unitaria e della Libera Cgil, ma la fondeva con
altre, per costruire un modello di sindacato nuovo.
Un’unione di
categorie, di sindacati liberi, innanzitutto.
La Cisl
nasceva innescando un nuovo pensiero sociale ed economico, una nuova cultura.
Ma, accanto
a questo, ci si doveva rimboccare le maniche sui territori, su circa cento
province, la corrente cristiana, all’indomani della scissione del 1948, si era
ritrovata maggioritaria soltanto in tre.
Costruire la
Cisl nei posti di lavoro, aprire la sedi periferiche, non era certo semplice,
specialmente in zone come la mia, l’Emilia o in quella che ci accoglie oggi, la
Toscana.
Non si
poteva costruire una nuova classe dirigente, prendendo qualche professorino
dall’Università, ma si dovevano fondere il lavoro e il sapere.
Questo ha
rappresentato e rappresenta il Centro Studi, attivo dal 1951, dal 1953, in
quella singolare frazione, San Domenico, che è esattamente a metà tra Firenze e
Fiesole.
Dai
territori provenivano i sindacalisti. Ce lo racconta un bellissimo documentario
realizzato con i corsisti della fine degli anni cinquanta, si chiama, senza
prosopopea: “La via giusta”.
Raccontare
la costruzione della Cisl e insieme ad essa l’importanza del Centro Studi è
opera che facciamo da decenni.
Ma nel testo
di Ferretti c’era qualcosa di più, lo sguardo di un “sindacalista minore”, lo
dico con grande rispetto, che accompagna i suoi colleghi, Eraldo Crea, Mario
Colombo, Pierre Carniti, Franco Marini, nella costruzione decennale dell’azione
sindacale, sociale, rivendicativa della Cisl nazionale.
C’è il
racconto di un sapiente intreccio tra autorevolezza e pluralismo accademico e
una scuola per adulti, certo austera, certo mitica, ma che si strutturava anche
nel lavoro per gruppi, nelle visite di studio, nell’intreccio tra sapere teorico
ed applicazione pratica, nel rapporto tra studenti e assistenti.
Pensiamo
semplicemente ai temi della valutazione delle mansioni o del calcolo del
cottimo e della produttività.
Non formule,
ma pane quotidiano dei sindacalisti. Di voi sindacalisti anche oggi anche se
alcune parole nella modernizzazione sono cambiate o scomparse.
D'altronde
anche i libri di storia sindacale sono infarciti di date. Molti di voi avranno
sentito parlare del famoso consiglio generale di Ladispoli del 1953, quello che
lanciò le sezioni aziendali sindacali e la contrattazione articolata.
Pochi
conoscono un’altra data. Il 1958. Ci vollero infatti cinque anni per riuscire a
firmare il primo contratto aziendale completo di secondo livello.
Cinque anni
di impegno, formazione e azione, per passare da un’intuizione teorica e
politica ad una realizzazione pratica e sindacale importantissima.
Non è un
caso che proprio nel 1956 iniziassero al Centro Studi oltre ai corsi lunghi
dirigenti anche i corsi specifici per contrattualisti. Quello stesso corso che
inauguriamo proprio oggi a Fiesole nel primo pomeriggio e che da ormai tre anni
immeritatamente coordino.
Le categorie
nella Cisl sostanzialmente nascono nel 1960, non nel 1950. Ci vollero dieci
anni e più per trasformare l’intuizione del federarsi dei liberi sindacati dei
lavoratori in una realizzazione pratica che sviluppo moltissimo la
sindacalizzazione negli anni sessanta, avvicinando il sindacato ai luoghi di
lavoro e ai lavoratori con il processo di verticalizzazione.
Così come ce
ne vollero quasi venti per intrecciare l’autonomia e l’aconfessionalità della
Cisl delle origini con l’incompatibilità tra cariche sindacali e cariche
politiche di cui festeggiamo i cinquant’anni proprio quest’anno, con
l’anniversario di quell’importantissimo (e combattuto…) congresso del 1969 in
cui la relazione del segretario generale Bruno Storti si intitolava
significativamente: “Potere contro potere”.
Il bel
racconto di Ferretti intreccia anche la dimensione territoriale locale, quella
pistoiese e della Valdinievole, con una figura su tutte, quella di Vittorio
Magni. Tutto ciò ci è utile per riavvicinare a noi quel tempo mitico, quel
luogo mitico, quel corso mitico.
A tracciare
linee e intersezioni nella storia come nella geografia, dei volti, dei ricordi,
dei protagonisti, alcuni dei quali sono qui presenti.
Il testo di
Vasco è prezioso proprio perché ci aiuta a praticare la memoria e l’etica dei
viandanti, non quella dei sedentari.
I sedentari
costruiscono medaglie, santuari e musei.
I viandanti,
ripercorrono i valori, ripercorrono gli esempi concreti che hanno fatto
camminare quei valori, e li riportano e reinventano nel qui e ora, nel tempo di
ora, senza nascondere le fatiche, le salite, le difficoltà.
Da meno di
un mese ancora part time abbiamo, dopo cinque lunghi anni, riaperto la
biblioteca del Centro Studi. Non serve per soffiare via la polvere dai ricordi
nostalgici, ma proprio nell’ottica che vi ho appena descritto.
Per
praticare il cammino dei viandanti occorre conoscere la nostra storia anche
attraverso la preziosissima memoria di chi quei momenti fondativi e “mitici” li
ha vissuti in prima persona. Di chi, come Ferretti e certamente Franco Marini
ce li sa raccontare, senza perdere nulla dell’eccezionalità, ma fondendola con
la quotidianità di una costruzione progettuale, formidabile, forse, ma non estemporanea.
Il quaderno è la storia di un giovane che, per un decennio, si è impegnato nel sindacato a livello nazionale e pistoiese e poi, ha scelto anche di fare altro, senza recidere il legame affettivo con la propria esperienza, senza, nelle pagine, cancellare la delusione e il rammarico, ma trasformandolo in altre passioni e in altre competenze.
Il Centro
Studi è quindi per Ferretti come per tantissimi sindacalisti un frammento di
vita importante, spesso, ma non non sempre ricorrente, un luogo che non si
dimentica e che si porta dentro anche se le strade si fanno diverse e non si
diventa segretari generali come Franco.
Per questo
abbiamo lavorato alla fine del 2018 ad un quaderno che raccogliesse non solo la
testimonianza di Ferretti, ma anche le riflessioni sulla costruzione, sulla
nascita della Cisl attraverso i suoi assi portanti: l’associazione, la
contrattazione, l’etica, il pluralismo e la laicità, l’internazionalismo e
l’europeismo, il valore fondativo e identitario della formazione sindacale.
Un testo
quindi che non parla solo della storia dei segretari generali, ma parte dalla
scelta di diventare sindacalista, sindacalista della Cisl.
Parla di noi
e soprattutto di voi. Di un mestiere e una missione, come ci ha insegnato Bruno
Manghi, che ci aiuta a connettere ideali e interessi, desideri e bisogni delle
persone.
Un mestiere
che non sempre è facile da raccontare se c’è ancora oggi, e dobbiamo interrogarci
sui nostri limiti ed errori, chi identifica il sindacato come un ufficio
periferico dello stato, come qualcosa di vecchio e scarsamente utile.
All’epoca la
formazione della Cisl non la si costruì solo con il Centro studi.
Ma con
migliaia di incontri in ogni angolo del paese: le famose “tre sere” o “cinque
sere”: dei dopocena in cui si spiegava con parole semplici ai lavoratori che
cosa era quel sindacato nuovo, a partire dalla base, dalle basi. Dalla lettura
della busta paga o della rivendicazione dei diritti fondamentali.
E la si
costruì anche salendo in montagna, con i campiscuola.
Sono
riportati tre documenti, due lettere di Pierre Carniti e il ricordo del nostro
segretario generale scomparso meno di un anno fa svolto da Annamaria Furlan
durante l’ultima conferenza nazionale dei servizi in rete.
Carniti
scrisse una bella lettera a Ferretti nel 2016 commentando la prima versione del
suo quaderno.
Parlava di
quell’anno formidabile e lo inseriva nel contesto storico, politico, sociale,
economico, sindacale fiorentino e nazionale.
Ricordava
certamente il boom economico, ma anche le ferite del mondo rurale che diventava
periferia nel tessuto produttivo del paese. Pierre si soffermava soprattutto su
una politica e un sindacato “in uscita” e che si batterono, a partire da
Firenze, per rendere cittadini sovrani, gli ultimi, i poveri, gli operai.
Penso
ovviamente al filo intrecciato tra Fiesole e Barbiana, all’esperienza del
nostro Centro Studi e al rapporto con la profezia di Don Milani e dei suoi
allievi a Calenzano come sui monti del Mugello.
Penso al
ricordo di Giorgio La Pira che traccia Carniti nella lettera a Ferretti
rispetto all’edilizia popolare e alla difesa dagli sfratti, o alla salvaguardia
caparbia dei posti di lavoro in un’azienda come la Pignone certo oggi non più
italiana, ma ancora molto importante e solida.
Insomma il
quaderno nasce per questo. Per la generazione di Vasco e Franco, ma anche per
quella di Daniele e la mia o per quella di Edoardo che fa il sindacalista in
categoria da una settimana e si lamenta per aver compiuto ben ventisette anni.
Dobbiamo
credere nel sindacato anche nel suo tessere e ritessere percorsi unitari, nel
ritrovarsi dopo rotture durissime; Franco potrà raccontarci qualcosa.
Ma dobbiamo
credere nella Cisl, in quella esperienza peculiare e nuova, davvero nuova che
nel 1950 era tutta da costruire, da inventare.
Oggi il mondo del lavoro e della rappresentanza ci presenta sfide così nuove e impegnative, ma anche così appassionanti e coinvolgenti che, in parte, è come se ci trovassimo in un frangente paragonabile a quel 1950 per i padri fondatori della Cisl.
Abbiamo le
radici e il solco di tanti maestri, testimoni, protagonisti. Delle prime come
delle penultime e ultime file.
Ma abbiamo
quella che Papa Francesco richiama essere la sfida più vera del sindacato:
quella di continuare a rappresentare l’intreccio, esigente ed efficace, tra
profezia e innovazione. Di stare dentro, ma anche ai margini della città del
lavoro. Di fondere professionalità e gratuità, competenza e militanza.
Abbiamo
bisogno di un sindacato giovane e di giovani. Non per rottamare, ma per
reinventare.
Giovani come
erano i ragazzi del 1956, non solo i corsisti, ma anche gli assistenti e i
docenti. Solo uno su ventisei aveva compiuto trent’anni, leggete le date e i
nomi sul quaderno che presentiamo oggi.
Dobbiamo
scavalcare il cancello…
Come lo
scavalcavano la sera al Centro Studi, Pierre, Vasco e Franco, quando ancora non
era concessa loro la chiave. E dobbiamo ottenere, come negoziò Pierre Carniti con
Vincenzo Saba, giovanissimo neo direttore del Centro Studi, le chiavi e la
responsabilità della nostra casa.
Per viverla
e animarla, con responsabilità e entusiasmo, voglia di apprendere e di
sperimentare.
Voglia di
essere, come significa la parola che ci unisce e ci identifica: “giustizia
insieme”: il sindacato, la Cisl.
Come
insegnava Don Lorenzo Milani ai suoi allievi spesso poi diventati sindacalisti:
“essere credibili è il nostro primo dovere”. Conoscere la nostra storia ci
sprona a vivere pienamente il nostro presente e, quasi settant’anni dalla
nascita della Cisl, a progettare con consapevole speranza il nostro futuro.
Francesco Lauria, Pistoia, 9 aprile
2019 (convegno: "1956-2019, La costruzione del sindacato nuovo, un impegno che continua")