sabato 13 aprile 2019

Le chiavi del cancello: il 1956, la Cisl e noi (Pistoia, 9 aprile 2019)

E’ con una certa emozione che intervengo qui, a Pistoia, per parlare di una piccola scommessa condivisa.
Quando, ormai tre anni fa, ebbi tra le mie mani la bozza del testo di Vasco Ferretti sulla sua esperienza al Centro Studi di Firenze nel 1956, capii subito che poteva essere uno strumento importante e originale.
Il 1956. Il mitico anno degli anni mitici del mitico Centro Studi della Cisl di Firenze.
Il racconto di Ferretti è singolare. Ben scritto, perché Ferretti è un ottimo e piacevole scrittore, ha la penna del pittore e del giornalista, non scrive in sindacalese.
Ma non è la storia di una gloriosa carriera sindacale.  E’ la storia di un gruppo di giovani, entusiasti e responsabili che si trovano ad un crocevia importante della storia, visti con l’occhio di uno di loro.

Siamo nel momento fondamentale in cui la Cisl, il sindacato nuovo, nato sei anni prima, sta costruendo la sua classe dirigente, sta, non senza fatica, innovando dal basso il sindacalismo nel nostro paese, con una formula del tutto nuova.
Il 1956. Il mitico anno degli anni mitici del mitico Centro Studi della Cisl di Firenze.
Il racconto di Ferretti è singolare. Ben scritto, perché Ferretti è un ottimo e piacevole scrittore, ha la penna del pittore e del giornalista, non scrive in sindacalese.
Ma non è la storia di una gloriosa carriera sindacale.  E’ la storia di un gruppo di giovani, entusiasti e responsabili che si trovano ad un crocevia importante della storia, visti con l’occhio di uno di loro.
Siamo nel momento fondamentale in cui la Cisl, il sindacato nuovo, nato sei anni prima, sta costruendo la sua classe dirigente, sta, non senza fatica, innovando dal basso il sindacalismo nel nostro paese, con una formula del tutto nuova.


Aveva affermato Giulio Pastore al primo congresso della confederazione a cavallo tra l’aprile e il maggio del 1950: «Non abbiamo niente dietro di noi. Non partiti, non movimenti ideologici; non abbiamo neanche una tradizione perché non esiste in Italia la tradizione nella formula da noi enunciata»
 
Erano frasi forti e vere.
La Cisl nasceva nel presente, in quel 1950. Si nutriva di una cultura pluralista, certamente non cancellava l’ispirazione cristiana che l’aveva contraddistinta durante il periodo della Cgil unitaria e della Libera Cgil, ma la fondeva con altre, per costruire un modello di sindacato nuovo.
Un’unione di categorie, di sindacati liberi, innanzitutto.
La Cisl nasceva innescando un nuovo pensiero sociale ed economico, una nuova cultura.
Ma, accanto a questo, ci si doveva rimboccare le maniche sui territori, su circa cento province, la corrente cristiana, all’indomani della scissione del 1948, si era ritrovata maggioritaria soltanto in tre.
Costruire la Cisl nei posti di lavoro, aprire la sedi periferiche, non era certo semplice, specialmente in zone come la mia, l’Emilia o in quella che ci accoglie oggi, la Toscana.
Non si poteva costruire una nuova classe dirigente, prendendo qualche professorino dall’Università, ma si dovevano fondere il lavoro e il sapere.
Questo ha rappresentato e rappresenta il Centro Studi, attivo dal 1951, dal 1953, in quella singolare frazione, San Domenico, che è esattamente a metà tra Firenze e Fiesole.
Dai territori provenivano i sindacalisti. Ce lo racconta un bellissimo documentario realizzato con i corsisti della fine degli anni cinquanta, si chiama, senza prosopopea: “La via giusta”.
Raccontare la costruzione della Cisl e insieme ad essa l’importanza del Centro Studi è opera che facciamo da decenni.
Ma nel testo di Ferretti c’era qualcosa di più, lo sguardo di un “sindacalista minore”, lo dico con grande rispetto, che accompagna i suoi colleghi, Eraldo Crea, Mario Colombo, Pierre Carniti, Franco Marini, nella costruzione decennale dell’azione sindacale, sociale, rivendicativa della Cisl nazionale.
C’è il racconto di un sapiente intreccio tra autorevolezza e pluralismo accademico e una scuola per adulti, certo austera, certo mitica, ma che si strutturava anche nel lavoro per gruppi, nelle visite di studio, nell’intreccio tra sapere teorico ed applicazione pratica, nel rapporto tra studenti e assistenti.
Pensiamo semplicemente ai temi della valutazione delle mansioni o del calcolo del cottimo e della produttività.
Non formule, ma pane quotidiano dei sindacalisti. Di voi sindacalisti anche oggi anche se alcune parole nella modernizzazione sono cambiate o scomparse.
D'altronde anche i libri di storia sindacale sono infarciti di date. Molti di voi avranno sentito parlare del famoso consiglio generale di Ladispoli del 1953, quello che lanciò le sezioni aziendali sindacali e la contrattazione articolata.
Pochi conoscono un’altra data. Il 1958. Ci vollero infatti cinque anni per riuscire a firmare il primo contratto aziendale completo di secondo livello.
Cinque anni di impegno, formazione e azione, per passare da un’intuizione teorica e politica ad una realizzazione pratica e sindacale importantissima.
Non è un caso che proprio nel 1956 iniziassero al Centro Studi oltre ai corsi lunghi dirigenti anche i corsi specifici per contrattualisti. Quello stesso corso che inauguriamo proprio oggi a Fiesole nel primo pomeriggio e che da ormai tre anni immeritatamente coordino.
Le categorie nella Cisl sostanzialmente nascono nel 1960, non nel 1950. Ci vollero dieci anni e più per trasformare l’intuizione del federarsi dei liberi sindacati dei lavoratori in una realizzazione pratica che sviluppo moltissimo la sindacalizzazione negli anni sessanta, avvicinando il sindacato ai luoghi di lavoro e ai lavoratori con il processo di verticalizzazione.
Così come ce ne vollero quasi venti per intrecciare l’autonomia e l’aconfessionalità della Cisl delle origini con l’incompatibilità tra cariche sindacali e cariche politiche di cui festeggiamo i cinquant’anni proprio quest’anno, con l’anniversario di quell’importantissimo (e combattuto…) congresso del 1969 in cui la relazione del segretario generale Bruno Storti si intitolava significativamente: “Potere contro potere”.
Il bel racconto di Ferretti intreccia anche la dimensione territoriale locale, quella pistoiese e della Valdinievole, con una figura su tutte, quella di Vittorio Magni. Tutto ciò ci è utile per riavvicinare a noi quel tempo mitico, quel luogo mitico, quel corso mitico.
A tracciare linee e intersezioni nella storia come nella geografia, dei volti, dei ricordi, dei protagonisti, alcuni dei quali sono qui presenti.


Il testo di Vasco è prezioso proprio perché ci aiuta a praticare la memoria e l’etica dei viandanti, non quella dei sedentari.

I sedentari costruiscono medaglie, santuari e musei.
I viandanti, ripercorrono i valori, ripercorrono gli esempi concreti che hanno fatto camminare quei valori, e li riportano e reinventano nel qui e ora, nel tempo di ora, senza nascondere le fatiche, le salite, le difficoltà.
Da meno di un mese ancora part time abbiamo, dopo cinque lunghi anni, riaperto la biblioteca del Centro Studi. Non serve per soffiare via la polvere dai ricordi nostalgici, ma proprio nell’ottica che vi ho appena descritto.
Per praticare il cammino dei viandanti occorre conoscere la nostra storia anche attraverso la preziosissima memoria di chi quei momenti fondativi e “mitici” li ha vissuti in prima persona. Di chi, come Ferretti e certamente Franco Marini ce li sa raccontare, senza perdere nulla dell’eccezionalità, ma fondendola con la quotidianità di una costruzione progettuale, formidabile, forse, ma non estemporanea.

Il quaderno è la storia di un giovane che, per un decennio, si è impegnato nel sindacato a livello nazionale e pistoiese e poi, ha scelto anche di fare altro, senza recidere il legame affettivo con la propria esperienza, senza, nelle pagine, cancellare la delusione e il rammarico, ma trasformandolo in altre passioni e in altre competenze.
Il Centro Studi è quindi per Ferretti come per tantissimi sindacalisti un frammento di vita importante, spesso, ma non non sempre ricorrente, un luogo che non si dimentica e che si porta dentro anche se le strade si fanno diverse e non si diventa segretari generali come Franco.
Per questo abbiamo lavorato alla fine del 2018 ad un quaderno che raccogliesse non solo la testimonianza di Ferretti, ma anche le riflessioni sulla costruzione, sulla nascita della Cisl attraverso i suoi assi portanti: l’associazione, la contrattazione, l’etica, il pluralismo e la laicità, l’internazionalismo e l’europeismo, il valore fondativo e identitario della formazione sindacale.
Un testo quindi che non parla solo della storia dei segretari generali, ma parte dalla scelta di diventare sindacalista, sindacalista della Cisl.
Parla di noi e soprattutto di voi. Di un mestiere e una missione, come ci ha insegnato Bruno Manghi, che ci aiuta a connettere ideali e interessi, desideri e bisogni delle persone.
Un mestiere che non sempre è facile da raccontare se c’è ancora oggi, e dobbiamo interrogarci sui nostri limiti ed errori, chi identifica il sindacato come un ufficio periferico dello stato, come qualcosa di vecchio e scarsamente utile.
All’epoca la formazione della Cisl non la si costruì solo con il Centro studi.
Ma con migliaia di incontri in ogni angolo del paese: le famose “tre sere” o “cinque sere”: dei dopocena in cui si spiegava con parole semplici ai lavoratori che cosa era quel sindacato nuovo, a partire dalla base, dalle basi. Dalla lettura della busta paga o della rivendicazione dei diritti fondamentali.
E la si costruì anche salendo in montagna, con i campiscuola.


Vorrei chiudere con l’ultima parte del quaderno.
Sono riportati tre documenti, due lettere di Pierre Carniti e il ricordo del nostro segretario generale scomparso meno di un anno fa svolto da Annamaria Furlan durante l’ultima conferenza nazionale dei servizi in rete.
Carniti scrisse una bella lettera a Ferretti nel 2016 commentando la prima versione del suo quaderno.
Parlava di quell’anno formidabile e lo inseriva nel contesto storico, politico, sociale, economico, sindacale fiorentino e nazionale.
Ricordava certamente il boom economico, ma anche le ferite del mondo rurale che diventava periferia nel tessuto produttivo del paese. Pierre si soffermava soprattutto su una politica e un sindacato “in uscita” e che si batterono, a partire da Firenze, per rendere cittadini sovrani, gli ultimi, i poveri, gli operai.
Penso ovviamente al filo intrecciato tra Fiesole e Barbiana, all’esperienza del nostro Centro Studi e al rapporto con la profezia di Don Milani e dei suoi allievi a Calenzano come sui monti del Mugello.
Penso al ricordo di Giorgio La Pira che traccia Carniti nella lettera a Ferretti rispetto all’edilizia popolare e alla difesa dagli sfratti, o alla salvaguardia caparbia dei posti di lavoro in un’azienda come la Pignone certo oggi non più italiana, ma ancora molto importante e solida.
Insomma il quaderno nasce per questo. Per la generazione di Vasco e Franco, ma anche per quella di Daniele e la mia o per quella di Edoardo che fa il sindacalista in categoria da una settimana e si lamenta per aver compiuto ben ventisette anni.
Dobbiamo credere nel sindacato anche nel suo tessere e ritessere percorsi unitari, nel ritrovarsi dopo rotture durissime; Franco potrà raccontarci qualcosa.
Ma dobbiamo credere nella Cisl, in quella esperienza peculiare e nuova, davvero nuova che nel 1950 era tutta da costruire, da inventare.


Oggi il mondo del lavoro e della rappresentanza ci presenta sfide così nuove e impegnative, ma anche così appassionanti e coinvolgenti che, in parte, è come se ci trovassimo in un frangente paragonabile a quel 1950 per i padri fondatori della Cisl.
Abbiamo le radici e il solco di tanti maestri, testimoni, protagonisti. Delle prime come delle penultime e ultime file.
Ma abbiamo quella che Papa Francesco richiama essere la sfida più vera del sindacato: quella di continuare a rappresentare l’intreccio, esigente ed efficace, tra profezia e innovazione. Di stare dentro, ma anche ai margini della città del lavoro. Di fondere professionalità e gratuità, competenza e militanza.
Abbiamo bisogno di un sindacato giovane e di giovani. Non per rottamare, ma per reinventare.
Giovani come erano i ragazzi del 1956, non solo i corsisti, ma anche gli assistenti e i docenti. Solo uno su ventisei aveva compiuto trent’anni, leggete le date e i nomi sul quaderno che presentiamo oggi.
Dobbiamo scavalcare il cancello…
Come lo scavalcavano la sera al Centro Studi, Pierre, Vasco e Franco, quando ancora non era concessa loro la chiave. E dobbiamo ottenere, come negoziò Pierre Carniti con Vincenzo Saba, giovanissimo neo direttore del Centro Studi, le chiavi e la responsabilità della nostra casa.
Per viverla e animarla, con responsabilità e entusiasmo, voglia di apprendere e di sperimentare.
Voglia di essere, come significa la parola che ci unisce e ci identifica: “giustizia insieme”: il sindacato, la Cisl.
Come insegnava Don Lorenzo Milani ai suoi allievi spesso poi diventati sindacalisti: “essere credibili è il nostro primo dovere”. Conoscere la nostra storia ci sprona a vivere pienamente il nostro presente e, quasi settant’anni dalla nascita della Cisl, a progettare con consapevole speranza il nostro futuro.

Francesco Lauria, Pistoia, 9 aprile 2019 (convegno: "1956-2019, La costruzione del sindacato nuovo, un impegno che continua")