giovedì 31 gennaio 2019

"QUEL FILO TESO..." a Modena. Presentazione il 4 febbraio.

Lunedì 4 febbraio a Modena la prima presentazione del testo: "Quel filo teso tra Fiesole e Barbiana. Don Milani e il mondo del lavoro".

mercoledì 30 gennaio 2019

IL SINDACATO ALLA SCUOLA DI DON MILANI (Avvenire, 30 gennaio 2018)


Una bellissima recensione di Roberto Righetto, riportata anche in prima pagina, su Avvenire di oggi del libro collettivo da me curato per Edizioni Lavoro: "Quel filo teso tra Fiesole e Barbiana. Don Milani e il mondo del lavoro".

A ormai un anno dalle celebrazioni per il cinquantenario del Priore, un libro mette in luce come Barbiana sia stata laboratorio per le lotte sindacali degli anni Sessanta e Settanta Vi giuro che vi dirò sempre la verità anche quando non fa onore alla mia ditta Chiesa»: sono le prime parole che don Lorenzo Milani dice agli operai e contadini che partecipano alla scuola popolare da lui creata a San Donato di Calenzano, dove era stato inviato come cappellano nell'ottobre del 1947. Nella parrocchia, che allora contava 1300 anime, aveva trovato un popolo lacerato, di scarsissimo livello culturale, in un clima di feroce spaccatura fra cattolici e comunisti. Lui pensa che il prete deve stare sempre dalla parte dei più deboli e si pone l'obiettivo di lottare contro la povertà, che oltre che di carattere economico consiste nella mancanza di sapere. Di qui la sua iniziativa rivolta a credenti e non credenti, che ha incredibile successo nonostante le critiche di parte del mondo cattolico tradizionale. Lo racconta uno dei suoi primi allievi di Barbiana, Michele Gesualdi, che purtroppo ci ha lasciato un anno fa, in quello che è stato (assieme a L'uomo del futuro di Eraldo Affinati, per Mondadori) il miglior contributo uscito nel 2017 per l'anniversario della morte del Priore, pubblicato dalle edizioni San Paolo col titolo Don Lorenzo Milani. L'esilio di Barbiana. Non è un caso che non pochi allievi di don Milani abbiano seguito la via dell'impegno sindacale come conseguenza diretta dell'insegnamento ricevuto. Diversi di loro, fra cui lo stesso Michele Gesualdi, Agostino Burberi e Paolo Landi, provenivano proprio da Barbiana, altri (come Maresco Ballini, Roberto Romei, Pieraldo Isolani) da Calenzano. Tutti comunque accomunati da due istanze: il desiderio di trasmettere il senso dell'importanza della cultura agli operai e di portare i valori dell'uguaglianza nel mondo del lavoro e delle imprese. Se per questi ragazzi la scuola di vita e di formazione era stata soprattutto Barbiana, il centro studi della Cisl di Fiesole divenne la loro università. Lì impararono le dinamiche dell'economia e dell'imprenditoria per divenire capaci di difendere i diritti dei lavoratori. Proprio a Barbiana molti sindacalisti si recavano per conoscere l'esperimento del Priore e, durante un incontro in cui alcuni di essi si lamentavano per l'esistenza delle gabbie salariali e per le differenze di stipendio fra uomini e donne nelle fabbriche, don Lorenzo sbottò volendoli spronare: «Cos'è che aspettate per eliminarle? Cosa vi pagano a fare i lavoratori?». Il denso rapporto fra la lezione di Milani e ilmondo del sindacato è esplorato in un volume uscito a fine 2018 dalle edizioni Lavoro e giustamente intitolato Quel filo teso tra Fiesole e Barbiana (pagine 218, euro 16). Volume curato da Francesco Lauria e contenente vari interventi, fra cui quello della segretaria generale della Cisl Annamaria Furlan, venuto alla luce alla fine delle celebrazioniper la morte di don Milani. Un anniversario che durante il 2017 e nell'anno passato ha visto la pubblicazione di numerosi libri e la realizzazione di convegni e mostre, il tutto culminato con la visita di papa Francesco a Barbiana i128 giugno 2017. Quel giorno Bergoglio fra l'altro disse: «Ridare ai poveri la parola, perché senza la parola non c'è dignità e quindi neanche libertà e giustizia: questo insegna don Milani». l'intuizione della forza della parola, che don Lorenzo scriveva sempre con la "P" maiuscola e in corsivo, fu un concetto riIl sindacato alla scuola di don Milani marcato nel 1983 anche dal cardinale Martini in un intervento all'Università Cattolica. Così come la coscienza che per insegnare a parlare ai suoi ragazzi e ai suoi poveri era indispensabile l'apporto della scuola, una scuola concepita come «modo d'essere e ininterrotto pensare». Lo spiega bene il sociologo Bruno Manghi nel suo scritto, che ricostruisce come la scuola di Barbiana abbia avuto un'influenza precisa sulle lotte sindacali. A partire dalla pubblicazione della Lettera a una professoressa, scritta collettivamente dal Priore e dai suoi ragazzi nel 1967 e pubblicata nel maggio di quell'anno, esattamente un mese prima della morte di don Milani. «Fortissimoannota Manghi fu l'impatto nel sindacato». Tanto che Manghi lega le proposte contenute in quel testo alla successiva realizzazione delle 150 ore per il diritto allo studio. L'idea originaria si deve a Bruno Trentin, il quale però pensava ai diritti legati alla formazione professionale già in vigore in Francia. Ma col passar del tempo prevalse la formula di «una grande forma di educazione collettiva» attraverso il recupero della scuola dell'obbligo. Un'opera cioè di coscientizzazione delle masse che non avevano avuto la possibilità di frequentare la scuola, la stessa che don Milani aveva voluto realizzare a Calenzano attraverso la scuola popolare. «Nel 1975 spiega ancora Manghi si raggiunse l'operatività: i sindacati si impegnarono a fondo in questo ritorno a scuola di centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici per almeno un decennio». La parola divenne strumento di conoscenza e dignità, di formazione delle coscienze abbattendo la povertà culturale e spirituale. A sua volta Francuccio Gesualdi, fratello minore di Michele e fondatore del Centro nuovo modello di sviluppo, nel suo contributo rammenta: «A Barbiana priore ci spronava a pensare e diventava furioso di fronte a chi non sapeva argomentare le proprie scelte». In Esperienze pastorali, libro uscito nel 1958 e sanzionato dal Sant'Uffizio, don Milani ribadiva la sua convinzione che l'inferiorità linguistica, che faceva sì che molti dei contadini e degli operai del tempo non fossero in grado di comprendere la maggior parte degli articoli di un giornale, fosse alla base dell'esclusione culturale e sociale. Ma oggi, sottolinea Gesualdi, nuove forme di analfabetismo si diffondono per la difficoltà enorme di ciascuno a districarsi nella complessità delle informazioni che ci arrivano via Internet, cui si aggiunge spesso la censura mediatica. Come rileva Francesco Scrima, direttore del Centro studi Cisl di Firenze, fino ai primi anni Sessanta il 65% dei ragazzi dagli 11 ai 14 anni limitava il suo percorso di studi alla scuola primaria e nel censimento del 1961 risultavano analfabeti quasi 4 milioni di italiani. Senza oleografie e nemmeno con la volontà di appropriarsi di don Milani rivendicando un rapporto privilegiato, il volume avvia un percorso e una ricerca, quella delle relazioni fra Barbiana e il sindacato, che sino a ora sono state poco indagate, ed è ricco di aneddoti significativi. Come quello su Giulio Pastore, fondatore della Cisl e a quel tempo impegnato in politica, che acquistò decine e decine di copie della Lettera a una professoressa per regalarle a collaboratori e amici. «Cercasi un fine si legge proprio nella Lettera -. Bisogna che sia onesto. Grande. Che non presupponga nel ragazzo null'altro che essere uomo. Il fine giusto è dedicarsi al prossimo. E in questo secolo come vuole amare se non con la politica o col sindacato o con la scuola?». Fra i suoi allievi furono molti i sindacalisti. Sosteneva spesso l'urgenza di schierarsi coi lavoratori come atto d'amore essenziale per il cristiano Alla professoressa destinataria della famosa "Lettera" scrive: «In questo secolo come vuole amare se non con la politica, col sindacato o con la scuola?» Don Milani con un gruppo di bambini a Barbiana: il primo a destra è Michele Gesualdi (Roberto Righetto)

martedì 29 gennaio 2019

Quel filo teso su la Nazione del 26 gennaio.

Una breve recensione del libro: "Tra Fiesole e Barbiana. Don Milani e il mondo del lavoro" su La Nazione di sabato 26 gennaio.

lunedì 21 gennaio 2019

Quel filo teso tra Fiesole e Barbiana. Giovedì nelle librerie.

Quel filo teso tra Fiesole e Barbiana. In libreria un testo sul rapporto tra Don Milani e il mondo del lavoro.

Giovedì 24 gennaio esce in libreria: "Quel filo teso tra Fiesole e Barbiana. Don Milani e il mondo del lavoro".

Un libro a più voci, dedicato a Michele Gesualdi, curato da Francesco Lauria, edito da Edizioni Lavoro in collaborazione con la Fondazione Don Milani
E’ nota la frase del priore di Barbiana secondo cui il sindacato, insieme all’insegnamento e all’impegno politico e civile, fosse una delle strade principali che egli insegnava ai ragazzi per praticare l’amore e dare una finalità alla vita.


A un anno dalla scomparsa di Gesualdi, allievo ed ex sindacalista, il volume in uscita affronta proprio il rapporto tra Don Milani e il mondo del lavoro e della sua rappresentanza.
Oltre a Gesualdi, molti allievi del priore di Barbiana, come testimonia il volume, hanno seguito l'invito del sacerdote, generazioni di sindacaliste e sindacaliste hanno tratto e tuttora traggono ispirazione dalle parole e dai gesti del sacerdote fiorentino.
Il testo, in oltre duecento pagine, raccoglie, oltre alla prefazione della segretaria generale della Cisl Annamaria Furlan e alla postfazione del direttore de l’Espresso Marco Damilano,  testi di due capisaldi tra gli allievi di Don Milani: entrambi purtroppo scomparsi nel 2018: il già citato Michele Gesualdi e Maresco Ballini. Ad essi si affiancano  le testimonianze inedite di alcuni allievi di Don Milani divenuti sindacalisti: Agostino Burberi, Francuccio Gesualdi, Paolo Landi.

Il volume a più voci, oltre ai contributi degli ex allievi sindacalisti, raccoglie le riflessioni dei responsabili e degli assistenti del Centro Studi Cisl di Fiesole (Francesco Lauria, Luigi Lama, Francesco Scrima, Giuseppe Gallo), di Sandra Gesualdi e Lauro Seriacopi della Fondazione Don Milani, di due noti sociologi e formatori del sindacato come Bruno Manghi ed Emidio Pichelan.
Completano il testo due interviste alla nipote di Don Lorenzo, Flavia Milani Comparetti  e a Piero Meucci, figlio di Giampaolo, esponente quel poliedrico e complesso “laboratorio fiorentino”, in cui, oltre a Don Milani, è possibile annoverare, tra gli altri, Giorgio La Pira, Ernesto Balducci, David Maria Turoldo.

Gran parte delle testimonianze del libro racconta, da punti di vista diversi, il “filo intrecciato” tra la montagna sul versante Nord di Monte Giovi dove sorgono le case sparse nel bosco di Barbiana e la scuola per sindacalisti Cisl che si trova non distante, sulla colline che, da Firenze, portano a Fiesole.
Non si tratta, però, di una lettura di parte del messaggio di Don Lorenzo Milani che è ascoltato in tutto il mondo e “resistente” fino ad oggi proprio per la sua universalità, non confinabile nelle mura di un unico sindacato.

Leggere le pagine di questo libro è utile per confrontarsi non solo con le esigenti parole di Don Milani, ma per raccordarle con quelle di Papa Francesco che ha invitato con forza il movimento dei lavoratori, nel ventunesimo secolo, a riattualizzare due grandi orizzonti, superando storture e pigrizie: quelli della “profezia e dell’innovazione”.
Quella vissuta fin dagli anni cinquanta da Don Milani e dai suoi allievi è, infatti, una storia preziosa che va conosciuta e tramandata, una storia di riscatto e di impegno, denuncia e testimonianza, mobilitazione e costruzione paziente, nelle fabbriche di Calenzano come nell’”esilio generativo” del contesto agricolo e montano di Barbiana.

Ma quali sono le sfide oggi per una rappresentanza del lavoro che deve ridefinirsi e affrontare con coraggio le sfide del presente?
Se la leva del potere rimane, ieri come oggi, “influire con la parola e con l’esempio”, su cosa ripartire e, sotto certi aspetti, rifondare la rappresentanza del lavoro?

Come scrive Marco Damilano nella postfazione, il metodo milaniano, a partire dal valore attribuito al sapere condiviso per ribaltare le disuguaglianze, è tuttora pienamente attuale. Occorre una nuova generazione di sindacaliste e sindacalisti che si muovano nella nostra storia, parlino il linguaggio del nostro tempo e cerchino di far sentire, collettivamente, la loro voce, in particolare al sempre più vasto popolo dei “quinto stato”, quello dei non rappresentati.
Solo così, parafrasando le parole di Michele Gesualdi contenute nel libro, sarà possibile a “far camminare” il messaggio e la figura di Don Milani, senza ergerlo su improbabili e sterili altari, ma continuando a dare valore alla coerenza che mette a confronto stringente fatti e valori.

Quel filo teso tra Fiesole e Barbiana parla anche di questo: dell’innalzamento dei più deboli, attraverso il sapere e il l'impegno, anche e soprattutto di coloro che, come afferma Papa Bergoglio, vivono “fuori dalla città del lavoro”: i precari, gli sfruttati, gli espulsi. Persone che, oggi, come ai temi della scuola di Barbiana e di Lettera a una professoressa, hanno bisogno di più sindacato, di più associazione, di più rappresentanza, di più inclusione. Non del deserto frantumato e illusorio della disintermediazione e dell'individualismo.

Quel filo teso tra Fiesole e Barbiana Don Milani e il mondo del lavoro. Francesco Lauria (a cura di), Edizioni Lavoro, 2019. Pagg. 230, Euro 16.

Materiali, informazioni, presentazioni su:
http://www.edizionilavoro.it/catalogo/saggistica/quel-filo-teso-tra-fiesole-e-barbianahttp://www.edizionilavoro.it/catalogo/saggistica/quel-filo-teso-tra-fiesole-e-barbiana

sabato 19 gennaio 2019

Michele Gesualdi un anno dopo: il respiro di Barbiana non muore.


Ieri è stato il primo anniversario della scomparsa di Michele Gesualdi. E' a lui che ho dedicato il libro corale: "Quel filo teso tra Fiesole e Barbiana. Don Milani e il mondo del lavoro".

C'è una ragione: è stato grazie alla testimonianza di Sandra, sua figlia, e alla lettura del testo di Michele: "L'esilio di Barbiana" che sono risalito sulla salita del Monte Giovi.

Non sono tra quelli che l'ha conosciuto, se non fugacemente, ma ne ho seguito le tracce, senza farne, come con Don Milani, un santino o un'icona.

Ricordo quel giorno prima di ferragosto del 2017, di cui ancora fatico a spiegare pienamente le emozioni quando era costretto, a fianco della celebre canonica dove Don Milani studiava e lavorava con i suoi “ragazzi”, a svolgere la "cura del respiro" contro la SLA, malattia degenerativa sempre più aggressiva e inesorabile, che lo consumava ogni giorno.

Da allora, da quando ho terminato il suo libro, non l'ho mai davvero chiuso.

Era come percepire, allo stesso tempo, un debito e una riconoscenza nei suoi confronti, per aver tenuto accesa una luce, a volte flebile, difficile e, a tratti, scomoda, ma importantissima, soprattutto quando: “a Barbiana non saliva quasi nessuno”.

Certo non da solo. E non posso non ricordare Maresco Ballini, il "ragazzo" che, nel 1954, sotto la pioggia, da Calenzano aveva accompagnato don Milani proprio a Barbiana, in un esilio che tanto sarà generativo.

Maresco è scomparso la notte di Natale di un 2018 che ci affida, nel dolore del distacco, una consegna impegnativa.

Proseguire una testimonianza che non muore.

Un esempio: scendendo dalle colline di Barbiana, all’altezza di Borgo San Lorenzo, nel Mugello, si incontra anche un’altro lascito, attualissimo di Michele Gesualdi nel solco di don Lorenzo Milani.

Si tratta di Villaggio La Brocchi: una sorta di "Barbiana dell'immigrazione", dove da oltre vent’anni vengono accolte famiglie di rifugiati in una logica di integrazione, emancipazione, scambio reciproco con il territorio, figlia proprio dell’esperienza e del metodo donmilaniano.

Una "Barbiana dell'immigrazione" ancora vivissima, segno di accoglienza, contraddizione e speranza e che tanto deve all'impegno di Michele Gesualdi che, più di venti anni fa, da Presidente della Provincia di Firenze, ne fu uno dei principali "costruttori".

E' un esempio di un'eredità che dobbiamo preservare e custodire, ma anche rilanciare e reinventare.

Il 2017, anniversario della pubblicazione, postuma, di “Lettera a una professoressa”, e occasione della visita in preghiera di Papa Francesco a Barbiana, è stato, certamente, l'anno della riscoperta forte, quasi di massa, del messaggio di don Lorenzo Milani, considerando anche che gli scritti contenuti in “Esperienze pastorali”, sono stati classificati come non ortodossi dal Vaticano fino al 2013.

Il 2018, l'anno della scomparsa di Michele e Maresco, due caposaldi anche del legame, importantissimo tra Fiesole e Barbiana, tra l'insegnamento di don Lorenzo e il suo inveramento nel sindacato. Uno dei modi, indicati da Don Milani, per praticare l'amore e dare senso alla vita.

Non dobbiamo stancarci mai di trasmettere frammenti di verità, anche quando siano scomode o controcorrente, anche quando ci sferzano e ci costringono, veramente, a rimetterci in discussione.

Lo ha dimostrato a novembre 2017, giunto allo stremo, Michele Gesualdi quando ha deciso di rendere pubblico il suo appello al Papa e alla politica per una legge dignitosa e giusta sul “fine vita” e sul “testamento biologico”.

Lo ha dimostrato Maresco Ballini con la sua vita lunga e preziosa, mai sopra le righe, ma senza mai rinunciare a mettersi in gioco, totalmente, nel sindacato, come nella politica, al servizio della comunità.

Un'ultima riflessione.

La sera della morte di Michele Gesualdi un amico comune mi ha inviato le parole che non riuscivo a trovare: "Ho sempre sperato che l'esperienza di Michele e dei ragazzi di Barbiana fosse immortale e lo è in effetti, al di là della vita terrena di Ognuno di loro".

E' un'immagine bellissima, per nulla nostalgica, quella di pensare a dei bambini/ragazzi che vivono la loro vita, generano altra vita, ma, allo stesso tempo, fermano il tempo e ci donano la loro scommessa di emancipazione e fraternità, senza essere prigionieri dello scorrere dei giorni, dello spazio, dei confini, delle distanze, dei linguaggi.

Barbiana non deve diventare un santuario, un'attrazione turistica come sembra suggerire un'aspirante sindaco di una pseudosinistra di Vicchio.

Continueremo, invece, a camminare a piedi, sulla nuda terra e nella nuda vita, in salita, continueremo a seguire il cartello Barbiana e ad amare il volto e il respiro di Don Lorenzo Milani, di Michele Gesualdi, di Maresco Ballini, nel loro riflesso verso altri respiri ed altri volti, verso il futuro.

C'è una luce che non si spegne e un silenzio che, se apriamo al cuore, continua a parlarci.

Di certo non per rassicurarci. Ma per rialzarci, per farci risorgere dalla nuda terra nell'azzurro delle nuvole, incastonate nei monti. 

Francesco Lauria