venerdì 26 giugno 2020

Don Milani, Francesco e quel filo tra Fiesole e Barbiana

                                                            Foto:  archivio Fondazione Don Milani
Il 20 giugno 2017 Papa Francesco si recava a Barbiana a pregare sulla tomba di Don Lorenzo Milani. Un  gesto simbolico importantissimo dopo l'esilio cui la Chiesa aveva costretto, sulle alture del Mugello, il sacerdote fiorentino. Il 27 giugno 2017, il giorno dopo l'anniversario della scomparsa del priore di Barbiana, sempre il pontefice interveniva di fronte ai delegati in occasione dell'apertura del congresso nazionale della Cisl. L'intervento indicava le strade della profezia e dell'innovazione per un sindacato che sapesse includere le persone anche ai margini della "città del lavoro".
Sono questi due spunti dai quali sono partiti una riflessione e un percorso che hanno portato alla pubblicazione di: Quel filo teso tra Fiesole e Barbiana. Don Milani e il mondo del lavoro", pubblicazione a più voci, curata da Francesco Lauria, che ha ricostruito sessanta anni di incontri, esperienze, ispirazioni che hanno legato Don Milani e la scuola di Barbiana, il sindacato, il mondo del lavoro. Proprio il sindacato con l'insegnamento, l'apostolato e l'impegno politico era una delle strade che don Milani indicava ai suoi ragazzi e ragazze per praticare l'amore e dare finalità alla vita. Il testo ricostruisce l'impegno degli allievi di don Milani nel sindacato, nella Cisl in particolare, e approfondisce e attualizza anche i tempi del sapere critico, delle disuguaglianze, della nonviolenza, dell'obiezione di coscienza. Un testo prezioso, arricchito dalla prefazione di Annamaria Furlan e dalla postfazione di Marco Damilano.
Per maggiori info e acquisto su https://bit.ly/2Z46PVG

martedì 2 giugno 2020

2 giugno: L'obbedienza non è più una virtù. "No al lavoro per la guerra": la sfida del "cosa produrre"

"Io voglio costruire aerei per la vita, non per la morte". (Elio Pagani)
Esattamente un anno fa usciva, per Edizioni Lavoro la nuova edizione di: "Quel filo teso tra Fiesole e Barbiana. Don Milani e il mondo del lavoro." Una buona parte dei nuovi testi inseriti nel libro hanno riguardato il commento, sempre dal punto di vista del lavoro, di un testo di Don Lorenzo Milani che oggi 2 giugno , giorno dell'anniversario della Repubblica, ci appare quantomai opportuno ricordare: "L'obbedienza non è più una virtù". Nella nuova edizione del volume collettivo abbiamo inserito una lettera bellissima ai giovani di Elio Pagani, perito aereonautico, obiettore alla costruzione di armi, esperto di riconversione dal militare al civile, già delegato e attivista della Fim-Cisl. Un testimone, lavoratore e sindacalista, che ha pagato, a cavallo di anni ottanta e novanta del Novecento, il suo gesto con il licenziamento, ma che continua ancora oggi il proprio impegno sull'obiezione di coscienza, intesa in senso ampio, in particolare con l'associazione Pax Christi. In questi tempi sospesi ha ripreso vigore una riflessione importantissima per il nostro futuro, sintetizzabile in: "No al lavoro per la guerra". Il 26 maggio scorso, ad esempio, si è tenuto un momento di approfondimento sulla questione della commessa dei caccia bombardieri F35 a seguito della presa di posizione espressa dalla Commissione pastorale sociale del Piemonte e Valle d’Aosta: «Sì al lavoro per la pace, no a quello per la guerra e la produzione degli F35».                     L’iniziativa è stata promossa congiuntamente da Movimento dei Focolari Italia, Pax Christi Italia, Comunità Papa Giovanni XXIII assieme a Città Nuova, Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo e Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo.  Si è trattato, peraltro, della terza tappa di un prezioso itinerario (“La conversione ecologica comincia dal ripudio del lavoro per la guerra e la produzione di armi”).
Elio Pagani
Voglio arricchire questa riflessione, riprendendo un testo di Pippo Morelli, sindacalista e formatore, tra gli ideatori della grande stagione delle 150 ore per il diritto allo studio, parole risalenti a oltre quarant'anni fa. Affermava Morelli: “il crearsi di nuovi interessi e di nuovi bisogni, molti indotti dal consumismo, ma molti nati dalle trasformazioni sociali, sollecitati da gruppi emergenti o da esigenze diverse, comporta spesso un ritorno al privato, con tutte le conseguenze di diminuzione della partecipazione, di calo di consenso alle istituzioni, di partecipazione passiva alle stesse iniziative sindacali. Sarebbe un errore condannare moralisticamente tali fenomeni, valutandoli come una fuga rispetto ai precedenti impegni politici; e non basta parlare genericamente di nuove “qualità della vita”, ma occorre ricercare un nuovo equilibrio tra la sfera del lavoro, quella del privato e quella della partecipazione sociale. In altri termini il classico interesse sindacale al come lavorare (peraltro non ancora risolto se si considerano le condizioni di lavoro nelle fabbriche, il ritorno al gerarchismo, l’inquinamento ambientale, ecc.) si deve spostare al cosa e per chi lavorare.(…)"
Pippo Morelli
Questa riflessione, importantissima, di Morelli può essere attualizzata concentrandoci proprio sul tema dell’intreccio tra il “come produrre” e il “cosa produrre”: una questione centrale in quest’ultimo decennio e che lo sarà ancora di più in quello che è iniziato, solo da qualche mese, così complessamente. Un tema ricordato da chi, nella pandemia, ha giustamente riflettuto, senza alcuna ingenuità, sui tagli alla spesa sanitaria nel nostro paese e, contemporaneamente, sull’esplosione (con sempre meno controlli etici, nonostante la legislazione in vigore) della spesa militare. Don Lorenzo Milani ricordava ai suoi ragazzi, e aveva scritto nella Lettera ai giudici, che i sindacati, in tutto il mondo, erano le uniche organizzazioni ad applicare su larga scala, in particolare attraverso lo sciopero, le tecniche non violente. Quello che è stato dimenticato, forse, fu il supporto (certo non unanime) che i suoi gesti i ricevettero sui luoghi di lavoro. Il sostegno all'obiezione di coscienza fu forte, come testimonia la bellissima lettera di sostegno a Don Milani e Don Borghi da parte dei lavoratori del Nuovo Pignone di Firenze (e di molte altre aziende fiorentine e non solo) e che è stata ripubblicata in Quel filo testo tra Fiesole e Barbiana. La riflessione concreta sull'intreccio tra come produrre e cosa produrre è un passo ulteriore, ancora più scomodo per il mondo del lavoro, ma è, oggi, anche uno dei fondamenti delle scelte decisive per il futuro dell'umanità. Fare memoria rappresenta, quindi, uno strumento di generatività. Quello dell'obiezione a questo modello di sviluppo (a partire dalle spese militari senza controllo) e della riconversione, delle "transizione giusta" a partire dai modelli produttivi, verso un futuro desiderabile ed equo è un grande nodo del nostro tempo, certamente scomodo e difficile, in tempi di crisi economica causata, in tutto il mondo, dall'emergenza Covid 19. E', allo stesso tempo, un tema di impegno appassionante e opportuno che ci consegna, tra gli altri, Papa Francesco. Una sfida rispetto alla quale non possiamo, nemmeno volendo, volgere la testa dall'altra parte.
(Francesco Lauria)