sabato 30 marzo 2019

Tra Fiesole e Barbiana...

Traccia di intervento per l'incontro tra Fiesole e Barbiana con Arcidiocesi di Torino (Pastorale del Lavoro e Associazioni),  

Centro Studi Cisl, 30 marzo 2019.

Don Milani e il mondo del lavoro

Tra Fiesole e Barbiana...


Perché questo libro

L’idea non del libro, ma di approfondire il messaggio di Don Milani rispetto al sindacato e alla Cisl, nasce nel giugno 2017 dai due momenti che io ricordo nel testo:  

- la preghiera di Papa Francesco sulla tomba prima di Don Primo Mazzolari e poi su quella di Don Milani
- l’incontro con Papa Francesco, la settimana successiva, in occasione del congresso della Cisl.

Scrissi un articoletto su internet sul doppio pellegrinaggio e ricevetti un sms. L’sms raccontava dei primi anni ottanta, quando: “a Barbiana, quasi non saliva più nessuno”. E’ una condizione, quella di quel periodo e di quegli anni che accomuna non solo don Milani e don Mazzolari, ma anche. da vivo, Giuseppe Dossetti e la sua scelta di spostarsi tra “le querce di Montesole” allora dimenticate e piene di rovi..

Di lì è nata la necessità di risalire a Barbiana e l’incontro con la testimonianza e il libro di Michele Gesualdi, “L’esilio di Barbiana”, e, anche a causa della malattia di Michele, con la figlia Sandra.

Tutto il 2018 è stato dedicato a questo a rilanciare e rafforzare il filo teso tra: “Fiesole e Barbiana”, con due mostre presso il Centro Studi: “Barbiana, il silenzio che diventa voce” e: “Gianni e Pierino. La scuola di Lettera a una professoressa”, una serie innumerevole di visite guidate e di confronti, tante salite a Barbiana e uno spettacolo sferzante e spiazzante con cui abbiamo terminato il percorso del corso contrattualisti 2018: “Cammelli a Barbiana”.

Si tratta di un filo che non si è mai spezzato, negli anni dagli anni novanta, infatti tantissimi gruppi sindacali hanno percorso il tragitto di circa un’ora che separa la collina di Fiesole da quella di Barbiana.

Non ci serve un Don Milani, così come non ci serve un Carniti in pillole.

In questo percorso fatto di incontri, testimonianze, interrogativi, Non abbiamo costruito un’icona o, peggio, come stigmatizza bene Don Ciotti nella postfazione al libro di Michele Gesualdi un: “Don Milani in pillole”. L’altro rischio è quello di mitizzare una figura, come quella di Don Milani, senza cogliere il profondo nesso, prima a Calenzano, poi a Barbiana, con il suo “popolo”. Due contesti diversissimi, uno industriale, come quello a cavallo tra Prato e Firenze, uno agricolo, montano, direi, disperso, come quello di Barbiana. Dobbiamo quindi approcciare una figura che si “staglia” come quella di Don Milani e calarla nei contesti sociali (senza dimenticare la sua provenienza familiare e, in particolare, il rapporto con la madre). Una lettera del 1964 al famigerato cardinale Florit chiede un segno di riconoscimento che scalfisca il silenzio e l’indifferenza: “Mi è improvvisamene saltato all’occhio che la santità non è semplice come credevo. Lasciarsi calpestare può essere santo, ma nel calpestare me, voi calpestata anche i miei poveri, li allontanate dalla Chiesa e da Dio… Se lei non mi onora oggi con qualsiasi atto solenne, tutto il mio apostolato apparirà come un fatto privato.”

Don Milani è una grandissima personalità, ha tratti peculiari, alcuni estremamente ruvidi, ma non può essere compreso senza inserire nella fotografie i suoi ragazzi. Mi si consenta: Non mi si può comprendere Don Milani, senza comprendere Agostino, Maresco, Paolo, Michele, Francuccio, Carla, etc.

Alcune immagini indelebili

La prima immagine è abbastanza famosa. L’abbiamo fumettata per renderla ancora più avvolgente, in un kairòs, un tempo opportuno. E’ Don Milani che avanza con i suoi ragazzi. Uno è tenuto per mano, non a caso è il più piccolo. E’ uno dei contributi nel libro di Emidio Pichelan: il quarto stato di Barbiana. I poveri che avanzano insieme. Emidio ha collegato questa fotografia alle spiagge turistiche di Bodrum. Al piccolo Aylan, tre anni appena.

La differenza tra le due fotografie. E’ che Aylan sulla spiaggia, oltre che esanime è solo.

Siamo noi ad averlo lasciato solo. Se sulla fronte di Don Lorenzo con la fotografia scelta del libro possiamo tracciare senza esitazione I care che cosa possiamo scrivere sulle spiagge di Bodrum, di Lampedusa, di Kos?

Nel cammino di Don Lorenzo e dei ragazzi di Barbiana, nella stretta di mano, scrive Pichelan, a partire dalla scuola, dal lavoro, possiamo davvero scorgere una nuova alleanza?

Passerei poi ad un'altra immagine che ho inserito nel libro: la piscina di Barbiana. Una piscina costruita dai ragazzi (Don Lorenzo, stava già male) con qualche incertezza sulle pendenze, volta a liberarsi collettivamente dalla paura.

Una piccola piscina, per chi non aveva mai visto il mare, aveva paura dell’acqua.

Sta qui, nella liberazione collettiva della paura, l’immagine di come è bello il mare, l’oceano a Barbiana.

L’altra immagine che ci voglio proporre è quella dell’Astrolabio.

Abbiamo scelto l’Astrolabio del sociale come simbolo del Premio Pierre Carniti. E’ il simbolo dell’intreccio tra studio e lavoro. Dell’imparare facendo e, grazie a questo, del trovare una direzione, la propria direzione e affermazione.

In questo c’’è poi il grande messaggio di Lettera a una professoressa. Del rapporto tra i “Gianni” e i “Pierini”: “Se si perde loro (i ragazzi più difficili) la scuola non è più scuola. E’ un ospedale che cura i sani e respinge i malati”.

Non dimentichiamo, nel cominciare a riflettere sul rapporto tra l’esperienza di Don Milani e della sua scuola, con il sindacato, il ruolo di Lettera a una professoressa nell’ideazione e implementazione di una scuola diversa per adulti: la grande esperienza delle 150 ore per il diritto allo studio.

Altri spunti:

Don Milani e il sindacato. Praticare l’amore, con la politica, il sindacato, la scuola. Immagine di Don Milani in lambretta che incontra Luigi Macario al Centro Studi. L’esperienza del sindacato dei tessili. Michele Gesualdi incontra il sindacato in Germania. Barbiana unica e imitabile. La lettera ai giudici, l’obbedienza non è più una virtù. Il documento dei lavoratori del nuovo Pignone a sostegno dei sacerdoti fiorentini che si erano pronunciati per l’obiezione di coscienza.

Il laboratorio fiorentino: Turoldo, Balducci, La Pira, Benedetto de Cesaris. Un pensiero che coinvolge la Cisl?

Fermento preconciliare: “E’ tempo di costruire: tempo eccezionale della storia della Chiesa. Finisce un’epoca e una nuova sorge” (Giorgio La Pira).

Il ruolo di un’opera come “Esperienze Pastorali”: perché divenne un libro proibito?

Nord e Sud del Mondo: la testimonianza di Francuccio Gesualdi: risolvere i problemi contingenti e gettare le basi per un cambiamento di sistema. I limiti del pianeta, le disuguaglianze. Pensiamo al 1975 a Francuccio in Bangladesh che si accorge di essere nato e vissuto… “dalla parte sbagliata del mondo”.

Lettera ai giudici: “La scuola deve essere per quanto può un profeta, scrutare i “segni dei tempi”, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in confuso.”

L’obbedienza non è più una virtù.
Ponte di Lucianino. Lo sciopero come “arma non violenta”, lo sciopero di solidarietà come strumento per esigere il rispetto dei diritti costituzionali a partire dai più fragili (come il bambino che attraversava i boschi per giungere alla scuola di Barbiana).
Tornando all'oggi: oensiamo alle manifestazioni in tutta Europa dei giovani per il clima. Alle nostre contraddizioni di cittadini, lavoratori, consumatori.

Ai confini della città del lavoro. Quali sfide per il sindacato e le associazioni laicali?

Papa Francesco: il suo monito nel porci come sindacato tra profezia e innovazione.

Stare ai confini della città del lavoro e aprire, rappresentare gli ultimi, coloro che sono ai margini, nel mondo dei frammenti. Si vedano gli interventi di Maresco Ballini e Michele Gesualdi al congresso Cisl del 1969 (Potere contro Potere, tema della sussidiarietà e della “fine” della politica).

Oggi?

Costruire un diverso modello di sviluppo.

Come? Stare dentro il sistema e al tempo stesso spingerlo verso soluzioni alternative.

Noi dobbiamo renderci conto che un mondo diverso è possibile e necessario.

Infine…

Costituzione e Resistenza. Altri punti di riferimento nella scuola di Barbiana.

Stiamo perdendo gli ultimi testimoni.  Stiamo scivolando sui valori fondamentali.  Per questo non dobbiamo mai fermarci, educare, educare ancora.

Un'ultima traccia di lavoro da riscoprire: Pippo Morelli, la formazione trasformativa: reinventare nel tempo di oggi le 150 ore per il diritto allo studio (pensiamo al tema dei migranti e delle nuove tecnologie, ma anche all’analfabetismo di ritorno).

 (Francesco Lauria)

martedì 26 marzo 2019

Don Lorenzo Milani, la scuola di Barbiana, il mondo del Lavoro (Ettore Bucci)

Dal sito web di Ettore Bucci, autore di questo scritto...

Don Lorenzo Milani, la scuola di Barbiana, il mondo del Lavoro.

La relazione tra don Lorenzo Milani e il mondo del lavoro è stata oggetto di una discussione sabato 16 marzo presso il circolo ARCI Rinascita, grazie all’impegno del gruppo Rosa Bianca di Pisa, che con Franca Panza abbiamo l’onore e l’onere di co-presiedere. All’ordine del giorno del dialogo, il libro “Quel filo teso tra Fiesole e Barbiana”. Ho rielaborato gli appunti presi per un’introduzione per riadattarli ad una piccola recensione online. Buona lettura.

Il testo di riferimento è una raccolta di saggi pubblicata dalle Edizioni Lavoro nel 2018. Nasce nel contesto di quei soggetti di studio ed analisi ascrivibili ad una certa tradizione sindacale: quella della Fondazione Tarantelli, quella del Centro Studi e Ricerche della CISL. Gli autori dei 17 saggi, introdotti dal curatore Francesco Lauria, abbraccia un arco di esperienze che si innervano nella storia sindacale con testimoni come Agostino Burberi e Paolo Landi, quadri nazionali CISL come Maresco Ballini e Bruno Manghi, Emidio Pichelan e Francesco Scrima. C’è il contributo di Giuseppe Gallo presidente della fondazione Tarantelli. La riflessione del compianto Michele Gesualdi, segretario della CISL fiorentina e presidente della provincia tra 1995 e 2004, tra i fondatori della Fondazione Don Milani. C’è la giornalista Sandra Gesualdi, Luigi Lama, Lauro Seriacopi della fondazione Don Milani. Una pluralità di racconti che si relazionano ad un contesto molto simile e ad una formazione politico-sindacale molto precisa.
Molto interessante è la presenza conclusiva di un’appendice documentaria con quattro testi significativi che individuano alcuni passaggi della vita di don Milani: la lettera del priore a Paolo Landi col documento dei lavoratori della Nuovo Pignone; un testo sulle assunzioni di don Milani stesso; la lettera della CISL a Giovanni Paolo II con la richiesta di decadenza del provvedimento di condanna della Congregazione per la Dottrina della Fede rispetto alla pubblicazione di Esperienze Pastorali (decadenza assunta solo nel 2013 con motu proprio di Papa Francesco); uno stralcio dalla presentazione che Michele Gesualdi aveva preparato per la prima presentazione del libro Don Milani, l’esilio di Barbiana, nel 2016 a Firenze, seguito da “lasciatelo camminare”, una lettera di accompagnamento di Gesualdi per un volume inviato allo stesso Bergoglio.
Quale la riflessione del pontefice venuto “dalla fine del mondo” rispetto al priore di Barbiana?
“Quando la decisione del Vescovo lo condusse da Calenzano a qui, tra i ragazzi di Barbiana, capì subito che se il Signore aveva permesso quel distacco era per dargli dei nuovi figli da far crescere e da amare. Ridare ai poveri la parola, perché senza la parola non c’è dignità e quindi neanche libertà e giustizia: questo insegna don Milani. Ed è la parola che potrà aprire la strada alla piena cittadinanza nella società, mediante il lavoro, e alla piena appartenenza alla Chiesa, con una fede consapevole. Questo vale a suo modo anche per i nostri tempi, in cui solo possedere la parola può permettere di discernere tra i tanti e spesso confusi messaggi che ci piovono addosso, e di dare espressione alle istanze profonde del proprio cuore, come pure alle attese di giustizia di tanti fratelli e sorelle che aspettano giustizia. Di quella piena umanizzazione che rivendichiamo per ogni persona su questa terra, accanto al pane, alla casa, al lavoro, alla famiglia, fa parte anche il possesso della parola come strumento di libertà e di fraternità”.
Sono parole di Papa Francesco tratte dal discorso a Barbiana del 20 giugno 2017.
Quale la temperie storica di riferimento?
Si parla di un tempo lungo, che parte con l’arrivo del giovane sacerdote di 31 anni nel 1954 presso un “luogo di approdo”, la comunità degli abitanti del Monte Giovi e che potremmo racchiudere sino al momento dell’archiviazione del suo procedimento presso la Curia romana: 2013.
Il senso della sua azione? Farsi povero tra i poveri, in una convinzione integrale che tiene assieme diversi aspetti:
  • il ruolo missionario della funzione propria sacerdotale, che porta don Milani a tratti di abnegazione etica non indifferenti;
  • il ruolo emancipatore della conoscenza, prodotto dei propri studi, favoriti da una famiglia di provenienza particolarmente facoltosa;
  • una “opzione preferenziale” per classi sociali emarginate e sofferenti che quasi anticipa Medellin – forse in questo il fascino esercitato su Bergoglio.
C’è un contesto specifico: la Chiesa fiorentina post-bellica, guidata dal cardinal Elia Dalla Costa (titolare della diocesi dal 1931 al 1961, Giusto tra le nazioni) – tanto diverso dal pisano cardinal Pietro Maffi.. – e che, garantendo un elemento di non compromissione con il fascismo, produsse una filiazione spirituale estremamente interessante sul versante intellettuale e pastorale. Tra i suoi discepoli meritano una speciale menzione i sacerdoti Silvano PiovanelliLorenzo MilaniDanilo CubattoliErnesto BalducciRaffaele Bensi, Bruno Borghi, Renzo Rossi, Enzo Mazzi che hanno avuto un ruolo importante nella storia della Chiesa fiorentina del XX secolo, attraverso una missione di frontiera rivolta verso le classi più povere e disagiate delle periferie e verso i detenuti. Era la Firenze di Giorgio La Pira sindaco (1951-1957, 1961-1965), dell’incontro con le culture del movimento operaio organizzato e di quelle Testimonianze che anticipavano lo spirito conciliare. Era la Firenze dello scontro e del conflitto tra vecchio e nuovo, come dimostrava l’invio dalla Santa Sede del cardinal Florit, che condannava – in altro contesto e vicenda – l’esperienza dell’Isolotto.
C’è la dimensione persistente di un umanesimo planetario che avvicina moltissimo il tratto pastorale a quello pedagogico e a quello della concezione della società. Un tratto che riscontriamo in molte organizzazioni, esperienze, personalità che, specie nell’Europa del secondo dopoguerra (o, in alcuni casi, anche prima del conflitto, come nella Francia dei “non conformisti degli anni Trenta”), si interrogano su quale possa essere la dimensione della solidarietà, del vivere la socialità, della presenza attiva al fianco e all’interno del proletariato proprio nel contesto in cui cala la Cortina di Ferro. Siamo in pieno Secolo Breve, con la piena condizione polimorfa delle sue vicende: capaci di divaricare le esistenze dei singoli nel nome dell’ideologia e, allo stesso tempo, spazio di fermentazione di incontri piccoli e grandi.
Il saggio di Bruno Manghi si sofferma su un parallelismo interessante, ossia quello tra la formazione assicurata da don Lorenzo Milani e la concezione della pedagogia sociale di Paulo Freire, in particolare sulla critica dell’educazione di tipo ideologico, “per promuovere un’educazione come coscientizzazione e passaggio da uno studio di subalternità a uno di autentica autonomia”. Freire, peraltro, fu alfiere di una rielaborazione interessante del ruolo della scuola obbligatoria e statale di cui il prodotto più interessante, all’inizio degli anni Settanta, sarebbe stato il Deschooling Society di Ivan Illich, che risentiva dello stesso tratto di critica per il centralismo statalistico come eredità sia liberale che social-comunista. Il nesso instaurato con don Milani sta nella frase del Priore per cui “su 27 ragazzi ci sono 27 maestri”: è l’assunzione di un magistero circolare ma che non dismette – aggiungerei – la centralità del pedagogo, che in tal caso è presbitero, anziano, modello educativo a sua volta.
Insinuo un elemento di dubbio, di perplessità: forse questa critica poteva trovare uno spazio di agibilità proprio grazie al secolo delle ideologie e delle barriere? Forse erano proprio le frontiere e la dimensione (mai del tutto) monolitica delle organizzazioni di riferimento ad offrire lo spunto per immaginare una spinta altra, una diversa relazione ed una diversa pedagogia?.
Altro elemento di sospetto: forse la critica che il “metodo don Milani” racchiudeva in sé circa l’organizzazione della società e dell’economia e circa il senso emancipatorio della detenzione degli strumenti di conoscenza era legata ad un’antropologia tendenzialmente positiva, poiché poggiava sulla fiducia di un miglioramento concreto e possibile delle condizioni di vita. Un miglioramento potenziale che, di certo, si scontrava con le situazioni socio-economiche molto difficili delle persone legate alla sua guida pastorale di Barbiana, con i conflitti con le strutture di potere dominante – basti pensare alla sua eredità circa la concezione di obbedienza.
Perché tali sospetti, forse ingenerosi e “cinici”, facili da spendere per un’opera pastorale che ha contribuito davvero a liberare le persone dalle proprie catene molto più di mille riflessioni ideologiche? Perché nei decenni della frammentazione e della società fluidificata, viene persino difficile non provare perfino nostalgia per l’assenza di reti collettive a fronte della delegittimazione dei corpi intermedi e della disintegrazione – più o meno raccontata come ragionevole, a mio avviso irragionevole – di ipotesi classiste.
Due concetti chiave sono persistenti nella pedagogia di don Lorenzo Milani, nei termini in cui è raccontata dalla raccolta di saggi: il ruolo centrale per i valori costituzionali, l’assoluto bisogno di far riferimento al concetto chiave della cura contro il me-ne-frego di ben altra origine.
Da questa duplice eredità, oltre che dalle scelte di vita di una parte dei suoi allievi, ha senso ascrivere alla storia sociale e politica del complesso mondo della CISL la funzione di vettore interessato delle prospettive suggerite da don Lorenzo Milani. Come numerosi saggi ed un’ampia letteratura storiografica hanno individuato, quello spazio vive la specialità, al netto di una rottura spinta nel 1944 da settori legati a doppio filo con l’ispirazione cattolica, di un sindacalismo non confessionale, plurale poiché antitetico al monolitismo social-comunista, disponibile a tassi di sperimentazione anche più elevati rispetto ad altri per un periodo che dura almeno sino alla metà degli anni Settanta, circostanza che renderà la CISL uno spazio agibile perfino per settori delle sinistre extra-parlamentari di matrice socialista ed anti-autoritaria. In tale esperienza, un elemento non è indifferente: c’è la tensione morale con cui è concepita la dimensione emancipatrice del lavoro e dell’economia, un elemento messo a frutto nelle radici multiformi del cristianesimo sociale a partire da metà Ottocento – con elementi di rottura e continuità che scavallano perfino la dimensione di “evento” del Concilio Vaticano II.
Quali prospettive di ricerca e di analisi circa la vicenda storica di don Lorenzo Milani tiene assieme il testo?
  • L’opera si propone come non memoriale, proprio nel nome del metodo di composizione dei saggi.
  • Va rimarcato il concetto chiave del lavoro come strumento di riscatto personale e collettivo, con una non indifferenza verso la dimensione di classe.
  • Esiste una inevitabile centralità per l’emancipazione da una condizione di vita grama tramite la funzione liberatrice dell’educazione.
  • Vi è la centralità del ruolo della persona umana, incomprimibile nelle sue dignità. Si tratta dell’essenza di una cultura personalista traslata attraverso numerose esperienze e organizzazioni, in particolare di matrice cattolica.
  • Si sottolinea il portato specifico, circa l’opera e circa l’eredità di don Milani, di una “etica del viandante” contrapposta ad una comoda “memoria dei sedentari”, fissata nella monumentalizzazione semplice.

venerdì 22 marzo 2019

Don Milani e la Cisl, il filo teso e sempre attuale tra Fiesole e Barbiana

L’attualità degli insegnamenti al centro dell’incontro organizzato da BiblioLavoro e Fnp Cisl Lombardia

Milano, 22.3.2019

Il sindacato, con l’insegnamento e l’impegno politico, era una delle strade che don Lorenzo Milani indicava ai suoi ragazzi per praticare l’amore e dare finalità alla vita. Molti allievi del priore di Barbiana hanno seguito questo invito, generazioni di sindacaliste e sindacalisti hanno tratto e traggono ispirazione dalle parole e dai gesti del sacerdote fiorentino. Eppure il rapporto, intensissimo, tra don Milani, la sua scuola e il mondo del lavoro non è tra i più studiati e conosciuti.
Curato da Francesco Lauria, formatore per la Cisl nazionale e il centro studi Cisl di Firenze, il libro “Quel filo teso tra Fiesole e Barbiana” attraverso molteplici scritti e testimonianze ricostruisce il filo conduttore del rapporto tra la Cisl e don Milani, i cui insegnamenti sono di grande attualità anche oggi. Se n’è discusso questo pomeriggio nel corso dell’incontro organizzato da BiblioLavoro e Fnp Cisl Lombardia presso la sede di via Vida.
Coordinati dal presidente di BiblioLavoro, Ferdinando Piccinini, oltre a Lauria sono intervenuti Paolo Landi, alunno di Don Milani, ex sindacalista Cisl e fondatore di Adiconsum, e don Walter Magnoni, responsabile della Pastorale sociale e del lavoro dell’Arcidiocesi di Milano.
“Non vogliamo che quest incontro sia un’esercizio di memoria – ha detto Piccinini introducendo i lavori – ma riportarne pensiero e impegno, rilanciare il messaggio e declinarlo nell’attualitá”.
Paolo Landi, che ha raccontato la sua testimonianza di allievo di don Milani nel libro “La Repubblica di Barbiana”, ha sottolineato la forza del messaggio del rigore nel spronare i ragazzi a “difendere sempre le loro idee, mai avvallando ragionamenti demagogici”. “Quando è morto, 50 anni fa, don Milani era esiliato dalla Chiesa sul Monte Giovi, emarginato dal mondo della scuola ufficiale, e, dallo Stato, condannato poi per apologia di reato – ha sottolineato Landi -. Oggi la realtà è completamente diversa, Barbiana è indicata dalla Chiesa e dallo Stato come un modello di scuola dove si insegnava a ragionare con la propria testa”. “Don Milani sosteneva che non c’è nulla di più ingiusto che fare misure eguali fra diseguali e i suoi insegnamenti hanno fatto gran parte della riflessione sindacale di quegli anni: Barbiana ha influito parecchio sull’egualitarismo”. “Insegnamenti dei quali è importante non si disperda la memoria, soprattutto oggi che la tendenza è quella di appiattire sulla quotidianità – ha sottolineato Francesco Lauria -. La “Lettera a una professoressa” ha avuto grande influenza per la conquista delle 150 ore per il diritto allo studio, oggi l’insegnamento di don Milani ci sprona ad ampliare le frontiere della sindacalizzazione, per contrastare situazioni di emarginazione e sfruttamento”.


Don Walter Magnoni è intervenuto esortando a ripartire dagli ultimi, cogliendo la lezione del priore di Barbiana che “è possibile costruire esperienze significative anche in territori periferici. Se hai idea e voglia di realizzarla puoi cambiare dal basso e da luoghi apparentemente marginali”. “Ripartiamo dagli ultimi – ha esortato il responsabile della pastorale del lavoro -. Tutti siamo responsabili di tutti, dei milioni di profughi ignorati o emarginato dell’Europa, degli anziani soli, dei vulnerabili, delle persone che sperimentano la solitudine della relazioni, disperati. La sfida è immaginare oggi luoghi sociali, promuovere una cultura che dia speranza”.
A conclusione dell’incontro è intervenuto anche il segretario generale della Cisl Lombardia, Ugo Duci. “Abbiamo ascoltato parole pesanti, che persone impegnate nel sociale come noi non possono non considerare per il peso che hanno, partendo dall’incredibile esperienza di don Milani – ha sottolineato -. Vorrei aggiungere due parole: quando ricordiamo le grandi storie alle spalle in questo Paese dobbiamo saper provare nostalgia, ma guai a noi se diventa rimpianto di quel tempo, di quelle storie. No, per noi deve essere uno stimolo, un impegno rinnovato: riattualizziamo gli insegnamenti e ritariamoli al cammino che abbiamo davanti”.

Iniziativa a Milano.

Don Milani e il mondo del lavoro
Bibliolavoro e Fnp Cisl Lombardia organizzano a Milano la presentazione del libro
“Quel filo teso tra Fiesole e Barbiana. Don Milani e il mondo del lavoro”


Venerdì 22 marzo, alle 14.30, presso la sede Cisl Lombardia di via Vida 10 a Milano sarà presentato un libro dedicato alla figura di don Milani, in particolare nel suo rapporto
con il mondo del lavoro, intitolato :Quel filo Teso tra Fiesole e Barbiana”

Intervengono:
– Francesco Lauria, Curatore del libro e formatore del Centro studi Cisl di Fiesole
– Paolo Landi, alunno di Don Milani, ex sindacalista Cisl e fondatore di Adiconsum
– Don Walter Magnoni, Responsabile Pastorale sociale Arcidiocesi di Milano
Coordina: Ferdinando Piccinini, Presidente BiblioLavoro.

Il libro
Il sindacato, con l’insegnamento e l’impegno politico, era una delle strade che don Milani indicava ai suoi ragazzi per praticare l’amore e dare finalità alla vita. Molti allievi del priore di Barbiana hanno seguito questo invito, generazioni di sindacaliste e sindacalisti hanno tratto e traggono ispirazione dalle parole e dai gesti del sacerdote fiorentino. Eppure il rapporto, intensissimo, tra don Milani, la sua scuola e il mondo del lavoro non è tra i più studiati e conosciuti. Questo testo, a più voci, pensato in ricordo di Michele Gesualdi, racconta di un filo intrecciato tra la collina sul versante nord del Monte Giovi e la scuola di formazione per sindacalisti Cisl che sorge non molto distante, sulle colline che, da Firenze, portano a Fiesole. Una storia di riscatto, impegno, denuncia e testimonianza che, a partire dai primi sei allievi accolti da don Milani nell’«esilio» di Barbiana, ha incontrato – dal Sessantotto fino a oggi – la dimensione collettiva e plurale della rappresentanza del mondo del lavoro. Giungendo fino a latitudini lontane e a sentieri fecondi e inaspettati.

Scritti di: Annamaria Furlan, Giuseppe Gallo, Francesco Lauria, Sandra Gesualdi, Bruno Manghi, Francesco Scrima, Luigi Lama, Piero Meucci, Flavia Milani Comparetti, Agostino Burberi, Francuccio Gesualdi, Paolo Landi, Lauro Seriacopi, Emidio Pichelan, Marco Damilano, Maresco Ballini, Michele Gesualdi, don Lorenzo Milani.

Francesco Lauria (Parma, 1979) si occupa di formazione, progettazione e ricerca sulle relazioni industriali e il mercato del lavoro per la Cisl nazionale e il Centro studi Cisl di Firenze.

PUBBLICATO VENERDÌ 22 MARZO 2019

mercoledì 20 marzo 2019

Milano, 22 marzo, ore 14.30. Presentazione "Quel filo teso tra Fiesole e Barbiana".


QUEL FILO TESO TRA FIESOLE E BARBIANA
DON MILANI E IL MONDO DEL LAVORO

Un incontro per riflettere e condividere non solo il ricordo di una storia esemplare, ma riflessioni sul presente e il futuro del lavoro e dell'impegno sociale. 

Venerdì 22 marzo, 
Via Vida 20, Milano, Sede Cisl Lombardia, ore 14.30.

Pisa alla scuola di don Lorenzo Milani (Toscana Oggi)


martedì 19 marzo 2019

QUEL FILO TESO TRA FIESOLE E BARBIANA NEL SEGNO DI DON MILANI

A PISA LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI FRANCESCO LAURIA (CENTRO STUDI CISL)


Si intitola «Quel filo teso tra Fiesole e Barbiana. Don Milani e il mondo del lavoro» il libro scritto da Francesco Lauria (Centro studi Cisl,  Firenze) presentato sabato al circolo La Rinascita a Pisa in via del Borghetto dall'autore e da Francuccio Gesualdi (Centro Nuovo Modello di Sviluppo, Vecchiano). All’incontro - organizzato dall'associazione La Rosa Bianca - ha portato il suo contributo anche la segretaria territoriale della Cisl di Pisa Giorgia Bumma.
Il sindacato, con l’insegnamento e l’impegno politico, era una delle strade che don Milani indicava ai suoi ragazzi per praticare l’amore e dare finalità alla vita. Molti allievi del priore di Barbiana hanno seguito questo invito, generazioni di sindacaliste e sindacalisti hanno tratto e traggono ispirazione dalle parole e dai gesti del sacerdote fiorentino. Eppure il rapporto, intensissimo, tra don Milani, la sua scuola e il mondo del lavoro non è tra i più studiati e conosciuti. Questo testo, a più voci, pensato in ricordo di Michele Gesualdi – già sindacalista e amministratore (fu presidente della provincia di Firenze e abbandonò la politica solo dopo l’insorgere della Sla), racconta di un filo intrecciato tra la collina sul versante nord del Monte Giovi e la scuola di formazione per sindacalisti Cisl che sorge non molto distante, sulle colline che, da Firenze, portano a Fiesole.
L’idea di questo libro – ha ricostruito Francesco Laurìa – nasce nel giugno del 2017, in seguito a due episodi, peraltro citati nel testo: la preghiera di papa Francesco sulla tomba di don Primo Mazzolari e di don Milani e il successivo incontro con papa Francesco in occasione del congresso nazionale della Cisl. «Il giorno della visita di papa Francesco a Bozzolo e a Barbiana – ha ricordato Francesco Lauria – io scrissi un articoletto e ricevetti un sms. L’sms raccontava dei primi anni ottanta, quando: “a Barbiana, quasi non saliva più nessuno” e ricordava come l’autenticità di Barbiana stava e sta nella dimensione dell’esilio e del silenzio (“che diventa voce”), non nel rischio della celebrazione di un nuovo santuario.  È una condizione, quella di quel periodo e di quegli anni, che accomuna non solo don Milani e don Mazzolari, ma anche, da vivo, Giuseppe Dossetti con la sua scelta di spostarsi tra “le querce di Montesole”, il cui scomodo ricordo era, allora, parzialmente dimenticato e pieno di rovi». Di lì – ha proseguito Francesco Lauria – è nata la necessità di risalire, in silenzio e in ricerca attraverso la testimonianza e il libro di Michele Gesualdi, «L’esilio di Barbiana».
Nello scorso anno, il Centro studi della Cisl ha rilanciato e rafforzato il filo teso tra «Fiesole e Barbiana», con due mostre: «Barbiana, il silenzio che diventa voce» e «Gianni e Pierino. La scuola di Lettera a una professoressa». E poi una serie innumerevole di visite guidate e di confronti, diverse salite a Barbiana e «uno spettacolo sferzante e spiazzante con cui abbiamo terminato il corso contrattualisti 2018: “Cammelli a Barbiana”».


lunedì 18 marzo 2019

sabato 16 marzo 2019

SEATTLE, GENOVA, LA MANIFESTAZIONE GLOBALE PER IL CLIMA, DON MILANI, IL LAVORO E IL SINDACATO. Ore 17.30, a Pisa.

Oggi, sarò a Pisa a presentare il libro collettivo che ho avuto l'onore di curare: "Quel filo teso tra Fiesole e Barbiana. Don Milani e il mondo del lavoro".
E' la sesta presentazione del libro, la prima in un circolo Arci (pur se organizzata da un'associazione di ispirazione cristiana, come la Rosa Bianca), la prima con Francesco Gesualdi.
Leggendo i giornali di oggi ho letto due notizie che mi hanno colpito: la condanna della Corte dei Conti ai risarcimenti nei confronti degli ufficiali di polizia coinvolti nella "macelleria" della scuola Diaz a Genova 2001 e le bellissime cronache della manifestazione mondiale degli studenti contro l'inazione della politica e della società rispetto ai cambiamenti climatici.


Rispondeva Gesualdi nel 2009 ad un'intervista sui fatti del 2001.
"Che cosa rese possibile nel 2001 una mobilitazione così vasta e così trasversale a diverse aree politiche e culturali?"
“Il fatto che eravamo pieni di fiducia. Avevamo alle spalle l’esperienza di Seattle, che fu inaspettata un po’ per tutti. A Seattle si era dimostrato che anche con pochi mezzi si poteva inceppare la macchina del potere. In aggiunta in quel periodo avevamo messo in moto un processo di aggregazione: noi come Lilliput, altri su piani diversi. La confluenza di questi due aspetti - il successo di Seatte, l’aggregazione di forze di base - ci diede grande slancio e rese possibile la mobilitazione di Genova. Eravamo anche freschi d’impegno sulle grandi tematiche internazionali, che avevano cominciato a creare scalpore. I nostri temi erano una grande novità”.
"Che cosa ha caratterizzato la mobilitazione di Genova?"
“Direi l’approfondimento. Il G8 in Italia fu l’occasione per chiarire le nostre idee e capire qual era lo sbocco delle nostre azioni: creare una grande forza popolare in grado di sostenere la nostra richiesta di cambiare l’economia mondiale, i rapporti fra Nord e Sud del mondo, la distribuzione dei poteri”.


"Quali furono i limiti di quell’esperienza?"
“Il fatto di avere sottovalutato la reazione che poteva venire dalla forze di polizia e anche i piani del governo Berlusconi sulle nostre manifestazioni. Insomma abbiamo sottovalutato la reazione del potere nelle sue varie espressioni. Un altro limite è stato nell’incapacità di creare legami più stabili e profondi con i grandi movimenti di massa, a cominciare dal sindacato. Ma questa è una responsabilità che condividiamo al 50% con i sindacati stessi: anche loro sono stati sordi ai nostri richiami”.
Concludeva così l'allievo di Don Loreno Milani rispetto alla domanda se un grande movimento potesse rimettersi in moto...
“Sì, penso che possa ripartire, anche se non ci è dato di capire né il come né il quando. Credo che ognuno di noi debba sforzarsi di farlo ripartire. La modificazione degli stili di vita individuali non è assolutamente sufficiente, occorre cambiare i modelli sociali. Perciò è necessario che facciamo partire un processo che rivaluti la progettazione, il pensiero, la strategia, quindi la politica con la p maiuscola. E dobbiamo farlo senza le tentazioni verticistiche dei grandi partiti. Serve un processo che parta dal basso, che sia decentrato, che faccia maturare le scelte nei piccoli gruppi. Ci vuole però una regia, qualcuno che promuova questo percorso. Se riuscissimo a definire una cornice di riferimento, ciascuno potrebbe mantenere la propria autonomia, ma tutti ci troveremmo uniti in un progetto più ampio. Dobbiamo lavorare affinché si ricreino occasioni di aggregazione: è l'elemento che più ci manca”.
Anche di questo parleremo oggi: partendo da una storia e dalla memoria che intreccia Fiesole e Barbiana, Barbiana e Fiesole: una piccola scuola di montagna che ha contribuito a cambiare il mondo dal basso e l'esperienza di massa del sindacato italiano con la sua rilevanza e i suoi limiti. Come nel 1965, nel 1967, nel 1969 ("Potere contro potere"). Ma anche come nel 1999 e nel 2001, come ieri. A partire dall'autonomia dai poteri, anche se molti di noi non hanno più vent'anni ma quaranta e dall'alleanza con una generazione, quella scesa in piazza in tutto il mondo per la difesa del pianeta, che forse poco o nulla sa delle storie precedenti, ma con cui occorre inventare nuovi ponti e nuova Speranza.
Dalle 17.30 a Pisa, al circolo Rinascita.

lunedì 11 marzo 2019

DON MILANI E IL MONDO DEL LAVORO. Pisa, 16 marzo ore 17.30

DON MILANI E IL MONDO DEL LAVORO. Un racconto che ci riguarda.

Sabato 16 marzo alle ore 17:30 saremo al
Circolo Rinascita Pisa in via del Borghetto 37/39 per la presentazione del libro "Quel filo teso tra Fiesole e Barbiana". Dopo il dibattito ci sarà un apericena di autofinanziamento. Non mancate! Saranno presenti per discutere con noi: Francesco Lauria del Centro studi nazionale CISL curatore del libro e Francesco Gesualdi del Centro Nuovo Modello di Sviluppo, tra gli autori. A cura della Rosa Bianca.



lunedì 4 marzo 2019

8 marzo 2019: "Le bambine di Barbiana..." organizzato da Fit Cisl Toscana

In occasione della festa dell'8 marzo, una riflessione non usuale sulla scuola di Barbiana. 

E' raro infatti che siano voci femminili a raccontare la scuola e l'esperienza al fianco di Don Lorenzo Milani, a Calenzano, come sulle pendici del Monte Giovi. 
La Fit Cisl Toscana ha avuto questa bella intuizione, l'iniziativa si svolgerà il prossimo 8 marzo dalle 9.30 alle 13.00 nella sede della Cisl Regionale a Firenze, in Via Benedetto Dei e sarà anche l'occasione di presentare il libro: "Quel filo teso tra Fiesole e Barbiana. Don Milani e il mondo del lavoro".