Ho sempre saputo, in cuor mio, ma l'ho anche detto fin da fine settembre ai quattro venti, che Onofrio Rota, come si dice degli allenatori di calcio che vengono esonerati anzitempo, non avrebbe mai mangiato il panettone.
Ciò che avevo previsto e comunicato è, oggi, avvenuto.
A settembre ero in cammino verso Santiago de Compostela, non da solo, quando ricevetti la sua, per me, davvero infame lettera, in quanto segretario generale della Fai Cisl, in cui mi minacciava di varie azioni perchè, non si sa dove e come avrei detto che: "aveva formulato delle critiche alla segreteria generale Cisl".
In realtà io Rota proprio non lo pensavo nemmeno col binocolo, ero concentrato sulle ultime tappe del cammino, sugli occhi di mio figlio, sulla fatica di amare e camminare insieme.
Proprio non lo vedevo, nemmeno come una formica piccola piccola.
Rota da mesi mi formulava, ovviamente riservatamente, critiche durissime alla segreteria generale Cisl sia da un punto di vista sindacale che umano, etico.
Nessun reato, per carità, ma vicende da far accapponare la pelle, avvenute soprattutto nella sua e altrui regione d'origine: la Puglia.
Sembrava davvero colpito dalla mia vicenda (che era già incredibile allora, figuriamoci dopo...) mi chiamava spesso lui, ed era un dei pochissimi a farlo, mi offriva vie di uscita, futuri posti di lavoro in enti bilaterali come Enpaia (Centro Studi della Fondazione o una cosa delle genere).
Il passaggio della sua lettera, invero davvero superfluo, in cui mi intimava di non informarlo più della mia vicenda personale, mi è parso forse la cosa più vigliacca che ho incontrato in vita mia e lo è ancora, nonostante in questi mesi abbia visto e vissuto di tutto.
Quando decisi di "vuotare il sacco" prima direttamente con Daniela Fumarola (e con Rota in copia, io sono una persona trasparente) e poi sia in audizione disciplinare in Via Po che di fronte, più recentemente, ai probiviri, in Via Lancisi, sapevo che avrei colpito duro.
Durissimo.
Ormai solo fare il mio nome in Via Tevere, a Roma, la sede della Fai Cisl era certezza di essere convocati a rapporto.
Avevo dato troppi riscontri circostanziati per non essere creduto, in confederazione, al 101%.
Ovviamente in silenzio.
Perchè questa Cosa che è diventata la Cisl colpisce prevalentemente in silenzio, a volte persino sorridendo, facendoti credere di essere al sicuro.
Sapevo che Rota non poteva durare, che si sarebbe dimesso da segretario generale della Fai Cisl, magari non solo per la mia vicenda, poichè le contese con Daniela Fumarola erano antiche, radicate, plurime, multiformi.
Non voglio nemmeno sopravvalutarmi.
Pensavo che sarei stato felice di fronte alle dimissioni di Onofrio Rota (che quando ho compiuto la mia recente audizione presso il collegio dei probiviri il 26 novembre scorso veniva dai miei interlocutori già trattato implicitamente come un: "sindacalista estinto", almeno così mi è apparso, da subito).
Non lo sono felice del tutto, in realtà.
Mi spiego meglio.
Ha scritto un mio caro amico in una dedica ad un suo bellissimo libro:
"Solo chi ha conosciuto la vulnerabilità e la delicatezza della vita può comprendere l'urgenza di rigenerare il vivente..."
Mentre leggevo, casualmente, delle dimissioni di Onofrio Rota da segretario generale della Fai Cisl, stavo, in realtà, leccandomi le ferite, umane e sindacali, da plurimi tradimenti, abiure, utilizzi personali della mia buona fede e della mia sete di giustizia, silenzi, omertà, opportunismi.
Ero così stanco di provare dolore e freddo, così vulnerabile, che ero andato a letto poco dopo le otto di sera.
Ma poi mi sono svegliato in un buco nero, un pozzo che mi sommerge, ma che non mi sovrasta.
Una canzone dei Nomadi, "La vita che seduce", recita più o meno così: "Se il mondo appare un'illusione e tutto ruota (Rota?) su se stesso, si accende nel buio nel buio un'ancora di luce."
Se la vita, come il successo, il potere fugge via, il tempo non è altro che una dimensione.
Di fronte alla desolazione, non bisogna cedere. Bisogna cercare un'ancora di luce.
Ho imparato in queste ultime ore, su una vicenda che mi ha scaldato il cuore, che non tutto è bianco o nero, che occorre tacere prima di parlare, che si può fare del male, a più persone, senza nemmeno lontanamente volerlo.
Per questo non riesco ad essere felice delle dimissioni (agognate da me nel recente passato, lo ammetto) di Onofrio Rota.
Tutto sommato, nonostante la pavidità e doppiezza che ha dimostrato con me, non è stato, credo, un cattivo segretario generale, almeno, è la parte che conosco meglio, nei rapporti esterni della sua federazione di categoria.
Ha saputo interloquire con tanti mondi, sperimentare linguaggi diversi, a partire da quello del cinema.
Mi è stato chiesto da una casa editrice, nemmeno piccola, di scrivere un romanzo su quello che, in questi mesi, ma anche in venti anni di impegno e passione, mi è accaduto in Cisl.
Chissà che, curate le ferite più brucianti, io non ci riesca.
Ho maturato faticosamente dentro di me che l'incontro con l'altro, anche quello che ti tradisce che abiura di te, è sempre un dono.
Se la Rota gira nel sindacato, come mi è stato detto in tempi non sospetti da una giovane dirigente in carriera, tra l'altro cercandomi di dare un po' di speranza, non con cattiveria, io rimango, sotto un certo aspetto, fermo.
Continuo a pensare che il sindacalista debba occuparsi di lavoratori e lavoratrici, non solo di altri sindacalisti per farli fuori.
Che il sindacalista i lavoratori e le lavoratrici debba innalzarli facendosi piccolo insieme a loro, costruendo, insieme ai lavoratori e alle lavoratrici, percorsi di liberazione, emancipazione, consapevolezza, tutela, contrattazione e anche sogno.
Già, come diceva Pierre Carniti, a modo suo, io lo dico a modo mio, non si può disgiungere una parola concreta come sindacato da una parola altrettanto concreta come: sogno.
Certo è un sogno che si compie da svegli.
Ma in cui l'altro può essere magari anche una ferita da curare, mai non è mai un nemico da abbattere.
Nemmeno, pensa te, Onofrio Rota da Treviso/Taranto, soprattutto ora che il potere, tanto sospirato, lo ha perso in uno schioccare di dita.
E mai lo recupererà.
Se la notte si fa buia, Onofrio, occorre imparare a scaldarsi di Luce e di Speranza.
https://www.youtube.com/watch?v=m_3EnSRdJbU
Francesco Lauria


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