domenica 5 ottobre 2025

LA FORMAZIONE SINDACALE CISL COME TENTATIVO E PRATICA DI LIBERTA’ - MARCO LAI E LA: “BANALITA’ DEL MALE”

Sintetizza l'algoritmo Ai di Google (peraltro davvero esemplare e utile nel riassumere il sempre più complesso "caso Lauria-Cisl") che: "La banalità del male" della filosofa ebrea Hannah Arendt analizza il processo al gerarca nazista Adolf Eichmann e sostiene che il suo male non derivava da una profonda malvagità demoniaca, ma da un'incapacità di pensare, una pigrizia mentale e un'adesione acritica al sistema, che lo rendevano un "burocrate" efficiente nell'eseguire ordini spesso criminali.

Il concetto di fondo della Arendt evidenzia come il male estremo possa manifestarsi attraverso azioni ordinarie e come la mancanza di pensiero critico e responsabilità individuale possa condurre ad atrocità.

Ho riflettuto a lungo se, peraltro proprio nel giorno in cui si apre la due giorni di formazione formatori sulla partecipazione al Centro Studi di Firenze, fosse corretto accostare Adolf Eichmann, un criminale assoluto, all’attuale situazione della formazione sindacale nella Cisl e, in particolare, al Centro Studi, realizzando un parallelo, ovviamente indiretto, con una figura, certamente molto diversa come Marco Lai, l’attuale direttore del Centro Studi Nazionale Cisl di Firenze.

Non fosse altro perché io non ho mai condiviso nulla con gerarchi nazisti e pensatori neofascisti mentre con Marco Lai, che neonazista (ma forse anche pensatore) non è, oltre ad averci collaborato per quindici anni, ho anche co-curato un libro sulla figura del giuslavorista assassinato dalle Brigate Rosse Marco Biagi e l’incontro-intreccio con il sindacato riformatore.


Devo anche ammettere che quando ho confrontato questa impostazione con comuni amici (miei e di Lai) formatori e formatrici il consenso non è stato unanime e ho registrato, al contrario, parecchie perplessità.

Proprio per questo motivo cercherò di essere molto preciso (fornendo ampia bibliografia di appoggio) e pacato nei toni (spesso da Marco Lai vengo definito, anche pubblicamente, un “kamikaze”).

Sono state pubblicate, ormai altre una decina di anni fa, due mie conversazioni con Bruno Manghi e, più recentemente, un contributo scritto del sociologo torinese in un libro da me curato insieme alla splendida (inteso in senso generale…) formatrice e storica milanese Adriana Coppola (“Dobbiamo creare tutto dal nuovo”) che affrontano il tema dell’analisi delle radici, delle caratteristiche concrete e della visione relative alla formazione sindacale nell’evoluzione progressivamente complessiva della Cisl.

Del 2012-2013 è, poi, la prima opera che mi ha visto impegnato al Centro Studi, sotto la direzione di Mario Scotti, firmatario, peraltro, di un bellissimo (e sinteticamente efficace) appello a Daniela Fumarola a mio favore che, ad oggi, non ho valorizzato come meritava e che, ovviamente, a quanto mi risulta non ha avuto alcuna risposta (chi volesse, lo può leggere qui: https://fiesolebarbiana.blogspot.com/2025/10/carissima-daniela.html ).

Si tratta della ricostruzione della biografia di tutti i direttori del Centro Studi di Firenze in occasione dei sessant’anni di insediamento del Centro in Via della Piazzola, sulle colline che, da Firenze, portano a Fiesole, nella frazione di San Domenico.


Ecco i link per recuperare tutti e quattro di documenti:

Intervista a Bruno Manghi per la rivista Sindacalismo:

https://www.centrostudi.cisl.it/wp-content/uploads/2014/07/20140424163144.pdf

Intervista a Bruno Manghi per Quaderni di Rassegna Sindacale (non dovrei dirlo io, ma forse il più bello e completo contributo esistente sulla formazione sindacale nella Cisl…arricchito dal confronto con la formazione sindacale nella Cgil e utilizzato, come testo portante, in almeno due tesi di laurea magistrale):

https://www.centrostudi.cisl.it/wp-content/uploads/2014/07/QRS%202%202014%20p_243-276.pdf

Riferimenti al libro: “Dobbiamo creare tutto dal nuovo. Il divenire della Cisl, fondamenti, incontri, esperienze” (mi raccomando l’edizione accresciuta del 2022, non quella del 2021!):

https://www.edizionilavoro.it/catalogo/saggistica/studi-di-storia/dobbiamo-creare-tutto-dal-nuovo

“60 anni in Via della Piazzola. Un percorso nella storia del Centro Studi di Firenze attraverso la biografia dei suoi direttori”:

https://www.centrostudi.cisl.it/formazione/quaderni-del-centro-studi/quaderno-n-21/

Concentrandomi, per brevità ed efficacia, solo sulla conversazione con Manghi pubblicata in Quaderni di Rassegna Sindacale (che causò non pochi problemi al coordinatore di redazione, il prof. Adolfo Braga, perché nel confronto tra Cisl e Cgil, sulla formazione sindacale, quella cislina ne usciva incomparabilmente più ricca e profonda…) provo a tirare alcune somme.

Sottolineava Manghi nella nostra conversazione:

“La formazione è uno dei temi, forse il tema in assoluto, che è più caratterizzato in Cisl da una forte continuità. La storia della Cisl ha avuto certamente evoluzioni anche molto marcate, ma sulla formazione c’è una continuità straordinaria. È un tratto che si fonda sull’importanza che la formazione riveste per l’agire non solo del sindacalista a tempo pieno, ma anche dell’attivista sindacale e del delegato aziendale”.

Curiosamente, poi, Bruno proseguiva citando il famigeratissimo (almeno in tempi recenti 😊) libro di Bruno Baglioni sulla storia e la cultura sindacale della Cisl:

“Come ben ha ricordato Guido Baglioni (2011) in un suo recente libro – come passa ahimè veloce il tempo NdR - dobbiamo distinguere diversi livelli di formazione in Cisl, ma non possiamo dimenticare i famosi corsi di tre giorni (o meglio di tre sere) che, a tappeto, venivano svolti fin dagli inizi per comunicare e raccontare i fondamenti basilari della concezione sindacale cislina. Certo, era una formazione di base, sui principi più che sulle tecniche della contrattazione, in parte standardizzata, ma che aveva un’importanza centrale in un’Italia degli anni cinquanta in cui il «sindacato libero» muoveva i primi passi.”

Ancora:

“L’innovazione di Pastore e Romani non era scontata, né assimilabile senza difficoltà in quel contesto temporale, pertanto la formazione, a ogni livello, assumeva un valore associativo e politico di assoluta preminenza.”

“Subito dopo la formazione di base dei quadri fu conseguente l’idea della costituzione del centro studi di Firenze. Occorreva un luogo per la formazione di secondo livello, della dirigenza sindacale e dei contrattualisti. Firenze nacque e si radicò con questo preciso compito”.

Proseguendo Manghi comincia ad addentrarsi sui temi della libertà e della partecipazione attraverso la formazione sindacale:

“Pertanto la Cisl praticò una duplice strategia per la formazione: da un lato la formazione per la dirigenza, con il ruolo di Mario Romani e di Vincenzo Saba, dall’altro la formazione diffusa, che permetteva a tutti di essere protagonisti, di imparare e di confrontarsi. Era una strategia duplice, ma con un’ispirazione comune e con aspetti molto interessanti sul fronte partecipativo. Se oggi è scontata una formazione molto «circolare» e attraverso il lavoro di gruppo, allora non lo era assolutamente. Quest’ispirazione va al di là della pura metodologia formativa, incrociandosi con il tema della partecipazione e della libera discussione, della democrazia deliberativa nell’associazione, per dirla in termini cislini.”

Il sociologo cislino torinese approfondisce poi il ruolo dei formatori e delle formatrici sindacali all’interno della Cisl:

“La Cisl, per svolgere la formazione, ha da sempre sviluppato un nucleo di professionisti delle attività formative interno all’organizzazione. Questi formatori hanno avuto un’importanza fondamentale, ma non va dimenticato che non ci si fermò mai a un’autosufficienza autoreferenziale e si aprirono i corsi anche a tecnici esterni che operavano nelle aziende, come nel mondo della cultura o all’interno delle università. Il tema è centrale: la formazione si progetta «in casa», ma si deve aprire all’esterno”.

Si sviluppa poi il nodo centrale della riflessione manghiana sulla formazione sindacale Cisl:

“Se pensiamo alla Cisl delle origini, l’impostazione – che definirei «severa» – della formazione, che aveva nel centro studi di Firenze il proprio modello principale, prevedeva, in tempi di non elevata scolarizzazione dei quadri sindacali, anche dei dirigenti, l’accostamento a libri e documenti, l’ascolto delle lezioni, l’insegnamento della tecnica nel prendere appunti, colloquio di esame e svolgimento di tesine in forme simili a quelle di un itinerario accademico.

Si trattava di un’azione volta a trasformare persone che venivano direttamente dal mondo del lavoro, per le quali era importante essere introdotte in un percorso di studio «classico».

Ma lo ribadisco: la formazione in Cisl, fin dai primi anni, non fu solo questo. La metodologia della discussione per gruppi si diffuse sin dai primi campi scuola, con una forte influenza delle esperienze illuminate del mondo cattolico francese che si erano diffuse in Italia già dagli anni cinquanta, a partire dall’Azione cattolica, passando, soprattutto in Piemonte, per le esperienze della Gioventù operaia cristiana (…)  

Passando agli anni settanta, nella Cisl i formatori sperimentarono metodologie più complesse: il formatore diviene non solo colui che «possiede» la metodologia, ma che la condivide e organizza l’apprendimento.

Negli anni novanta e duemila vengono poi implementate altre metodologie di apprendimento, la cui origini sono collocabili soprattutto in America Latina, in particolare di apprendimento cooperativo1. Il filo conduttore, a eccezione della formazione «classica», non è puramente metodologico, ma politico-sindacale. Tutti hanno la parola e non soltanto uno: la formazione è cellula di un organismo realmente democratico. Mi riferisco ad esempio, durante gli anni sessanta, ai cosiddetti club, molto diffusi oltralpe. Penso al club Jean Moulene o al circolo Tocqueville: l’obiettivo era rifondare la democrazia con i metodi partecipativi e il confronto. Non va sottovalutato il rapporto tra apprendimento tradizionale e cooperativo nella Cisl: era importante, per i sindacalisti, anche imparare a redigere un rapporto, dar conto di una lettura, sviluppare approfondite analisi sul campo. È questa doppia dimensione a far risaltare un dato interessante: il valore di una grande libertà nella manifestazione delle opinioni che però si sviluppava sulla base di un progetto organico. (…)

Un altro tema da non sottovalutare è il ruolo della formazione sindacale nei rapporti internazionali.

Sottolinea Manghi:

“È un tema trasversale a Cgil, Cisl e Uil. In particolare per la Cisl, ogni volta che l’organizzazione si muove, dalla Polonia al Cile, dal Brasile alla Spagna, al Mozambico, più recentemente alla Birmania, la prima proposta portata avanti è proprio quella di cooperare nella formazione sindacale. Significativa, nei primi anni ottanta, è stata l’esperienza della scuola sindacale di Belo Horizonte, per la quale, in un Brasile che usciva lentamente da una dura dittatura militare e dove la Fiat si installava massicciamente, si mobilitarono migliaia di metalmeccanici italiani. Non si possono dimenticare figure di «sindacalisti dei due mondi» come Enrico Giusti e Alberto Tridente, o la fondazione dell’Iscos, l’organizzazione non governativa della Cisl. Una storia molto bella è legata alle esperienze in Colombia, Costarica e in tutta l’America Centrale portate avanti con la sezione della Cisl internazionale che organizzava i sindacati dell’America Latina e dei Caraibi. Altre esperienze significative furono quelle legate al filone del «teatro dell’oppresso» o anche l’inserimento nei corsi più lunghi di inusuali esperienze di meditazione”.

Un altro tema da affrontare è quello del rapporto tra intellettuali e sindacato, e tra formazione e ricerca.

Continua Bruno:

“È un’esperienza molto antica. Penso alle riviste: in casa Cisl, ad esempio, è impressionante la ricchezza dei periodici sindacali fino alla metà degli anni novanta. Si trattava di periodici molto aperti all’apporto di intellettuali, accademici e no. Citerei, fra gli altri, Dibattito Sindacale, Prospettiva Sindacale, Progetto, Contrattazione. Pensiamo poi alle analisi e ai dibattiti sul fenomeno industriale o alle discussioni sulla programmazione economica. Rispetto al rapporto tra formazione e ricerca citerei almeno l’apporto, fin dagli anni cinquanta, presso il centro studi di Firenze, di intellettuali anche eterodossi rispetto alla Cisl come Gino Giugni, Federico Mancini, Franco Archibugi. Una relazione con il mondo intellettuale molto libera. Eravamo così «sicuri» della nostra casa che non ci chiudevamo in essa: centinaia di studiosi hanno incontrato, o anche solo sfiorato, il sindacato nel corso dei decenni.” (…)

A metà degli anni duemila Manghi ha fatto ritorno a Firenze, come direttore, esercitando quindi responsabilità in epoche molto diverse nei centri studi Cisl. Che fili rossi trarre, quale riflessione sul rapporto fra sindacato e futuro, e tra sindacato e formazione?

“Data la mia età, la cosa che resta impressa maggiormente sono le persone, cioè i volti, le storie, gli incontri, anche qualche scontro. È un impatto umano bellissimo, che racchiude anche la dimensione della convivialità. Io ho in testa questo affresco.

Possiamo aggiungere che la formazione resiste, come richiesta, al di là delle congiunture, perché fa parte di un processo umano per cui tantissime persone desiderano entrare nei meccanismi dell’apprendimento. Questo aspetto, nel sindacato, nella Cisl, è molto forte. La gente ama, in un ambiente amico, mettersi alla prova, imparare qualcosa, se tutto ciò ovviamente non avviene in maniera opprimente”.

Quali riflessioni, quindi, sul futuro? Conclude Manghi:

“La formazione ha successo soprattutto perché, in particolare nel sindacato, non è strettamente un obbligo, ma un investimento volontario.

La formazione, da adulti, è anche «fatica», si può dire che costituisca un tesoro umano e professionale inesauribile. Un aspetto più problematico è quanto la formazione sia realmente collegata alle politiche organizzative. Ovviamente io ho vissuto il momento della formazione nella prima fase, in cui la Cisl si afferma, poi la grande espansione del sindacalismo.

Oggi il momento è diverso, più difficile.

La formazione rischia di creare nelle persone attese che non si verificano: è la grande questione della gestione dell’apparato sindacale. Mentre la formazione di chi in azienda vuole restarci, perché ad esempio è una Rsu stimata, ha meno problemi, la formazione di chi sta per diventare sindacalista a tempo pieno (o è già a tempo pieno) è molto delicata, se non è accompagnata da una politica di gestione e sviluppo del personale sindacale adatta.” (…)

Per concludere sinteticamente (avverbio inversamente proporzionale a Francesco Lauria…), al di là delle questioni contingenti e lo scontro, durissimo, direi esistenziale e valoriale, tra me e Marco Lai di questi ultimi mesi, il tema di fondo, in coerenza proprio con gli insegnamenti di Manghi, è questo:

LA FORMAZIONE SINDACALE NELLA CISL E’ UN TENTATIVO DI VITA E VISIONE DI UNO SPAZIO AUTENTICO DI LIBERTA’ E NON LA TRASMISSIONE, PIU’ FREQUENTE IN ALTRE ORGANIZZAZIONI SINDACALI CONFEDERALI, ARIDA ED IRREGIMENTATA DI UNA: “DOTTRINETTA”.

Se si smarriscono la democrazia interna, la trasparenza, il dibattito pubblico, una conseguente politica, individuale e organizzativa, dei quadri (Pippo Morelli docet…) la funzione della formazione sindacale viene, inesorabilmente, drammaticamente meno.

Si fanno strada, invece, direbbe invece la Arendt, “la mancanza di pensiero critico collettivo e di responsabilità individuale”.

E, magari addirittura senza accorgesene, si lasciano compere, con la banalità del male, vere e proprie atrocità verso la storia, la cultura, le idee forza, la passione competente della storia della Cisl e della formazione sindacale.

Massacrando, peraltro, quella “persona umana” che si vorrebbe salvaguardare, accompagnare, “curare”, elevare attraverso la sua “coscientizzazione”, avrebbe detto Paulo Freire.

Pensateci, care formatrici e cari formatori cislini, mentre, in questi giorni, vi incontrate, scambiate esperienze, competenza e sorrisi, e ricevete, in comode pillole e in sessioni per lo più frontali, la “dottrinetta”, magari attraverso comode dispense (una l’ho, inopinatamente anche scritta io con Emmanuele Massagli…).

La libertà non si racchiude, carissimi e carissime, in una mano sola, ma abbraccia il mondo intero.

Francesco Lauria 

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