domenica 17 agosto 2025

"Si faccia avanti chi sa crescere il grano". Storia, attualità e futuro delle 150 ore, tra riformismo e rivoluzione.

                                                                                               “Forse si muore oggi – senza morire.

Si spegne il fuoco al centro.

Sanguinano le bandiere. Generale è la resa.

Ciò che nasce ora crescerà in prigionia.

Reggete ancora porte invisibili dell’alleanza

bastioni di sereno. Puntellate il bene

che si sfalda in briciole e cartoni.

Il popolo è disperso. In seno ad ognuno cresce

il debole recinto della paura – la bestia spaventosa.

A chi chiedere aiuto? E’ desolato deserto il panorama.

Si faccia avanti chi sa fare il pane.

Si faccia avanti chi sa crescere il grano.

Cominciamo da qui”

                                                                                                                                        Maria Gualtieri

Mai avrei pensato, due anni fa, quando decisi di aprire con la citazione tratta da un suo testo, la terza edizione, riveduta ed ampliata, della mia monografia dedicata alle 150 ore per il diritto allo studio, che, in questa torrida estate 2025, avrei ricevuto mail minacciose scritte con il Lei, da Claudio Arlati, formatore cislino, Presidente di Sindnova, esponente di Ial regionali e nazionale, docente dell'Università di Padova, possibile futuro direttore del Centro Studi di Firenze (anche se lui, con, a mio parere scarsa credibilità smentisce) e chi più ne ha più ne metta.

Si sa, però, che non sempre alla bravura tecnica e culturale, si accompagnano coraggio e schiene dritte, ed io, nella primavera-estate 2025, di mancanza di coraggio e di schiene torte, ne ho sperimentate molte. Troppe.

Tornando a noi, vorrei concludere il ciclo di scritti di riflessione sulla Cisl trattando proprio delle questioni connesse al testo le 150 ore per il diritto allo studio, pubblicato nel 2011, 2012, 2023 da Edizioni Lavoro.

E' un testo che è stato segnalato e raccomandato dalla Rai (trasmissione Passato e Presente, Paolo Mieli e professoressa Simonetta Soldani) e presentato, a suo tempo, presso la defunta Tv Cisl Labor Tv da me, Bruno Manghi, Franco Bentivogli ed Ester Crea

Il sottotitolo del libro è: "Analisi, memorie, echi, di una straordinaria esperienza sindacale".

Le 150 ore per il diritto allo studio sono incluse nella grande e variegata storia dell'educazione e dell'emancipazione degli adulti attraverso il sapere, indagate nel profondo, con ricerche d'archivio e realizzazione di numerose interviste ai protagonisti.

È corretto, in questo complesso 2025, chiederci ancora che senso abbia oggi continuare a ricordare le 150 ore, in un tempo inedito di pandemie, guerre, lavoro da remoto, pervasività dell’intelligenza artificiale e degli algoritmi, pillole formative digitali spesso fruite individualmente. Un tempo in cui, se non tutte, molte delle bandiere che hanno contraddistinto il Novecento, anche sindacale, sembrano ammainate.

Che cosa ancora ci racconta questa singolare, visionaria, plurale esperienza di risparmio contrattuale dove, in una fase espansiva, si è data una direzione nuova ad una quota di salario, e si è sperimentato un coraggioso e non scontato «investimento contrattuale» e di cittadinanza, oltre che su se stessi?

Come ricordavo già in occasione della prima edizione del libro, il fatto che la memoria di questa rilevante esperienza si sia in parte perduta è legato alla ragione       che essa fu una pratica costruttiva e non conflittuale: si ricordano, infatti, più facilmente gli aspetti drammatici di divisione e di contrapposizione, rispetto alle dinamiche collaborative. In questo oblio non sono coinvolte solo le 150 ore, ci sono anche altre importanti vicende: si pensi, ad esempio, a tutto il lavoro comune tra il sindacato unitario, i delegati e le cliniche del lavoro in tema di nocività e salute e sicurezza, oggi sostanzialmente dimenticato.

Scriveva dieci anni fa Pierre Carniti, ricordando Pippo Morelli, uno dei protagonisti delle 150 ore, in occasione della sua scomparsa: “il 19 aprile 1973 veniva firmato il contratto nazionale dei metalmeccanici che consentiva la fruizione di un massimo di 150 ore di permessi retribuiti, con il fine di favorire la crescita culturale dei lavoratori, una loro migliore partecipazione alla vita sociale e, per chi ne fosse sprovvisto, il conseguimento del titolo di studio di scuola media inferiore. Una grande influenza su quella battaglia ha avuto il testo di don Milani e dei ragazzi di Barbiana: “tu conosci trecento parole, il tuo padrone tremila. Anche per questo lui è il tuo padrone”.

L’ex segretario generale della Cisl, nel 2013, a quarant’anni dalla conquista contrattuale delle 150 ore, aggiungeva con tono amaro:

“Purtroppo quello delle 150 ore, insieme all’intero apporto sindacale nell’educazione e formazione degli adulti, è uno dei temi rimossi dalla memoria e dall’impegno sindacale. Perciò ricostruire orizzonti ideali, modalità, percorso declino di quella decisiva esperienza collettiva che, dai metalmeccanici si estese a tutto il mondo del lavoro, pubblico e privato, e che ha coinvolto negli anni oltre un milione e mezzo di lavoratori, incidendo fortemente sulle loro conoscenze, sulle loro vite, sul movimento sindacale e sull’istituzione scolastica, non è un semplice esercizio di nostalgia".

Un esempio terribile della mancanza di memoria e di cultura mi è stato fornito alcuni mesi fa dal segretario generale di un'importante federazione di categoria della Cisl che, alla domanda di un'operatore su cosa fossero state le 150 ore, rispose: "Quella è roba della Cgil..."

In realtà la grande esperienza delle 150 ore fu il culmine di un grande sforzo unitario, di un'ibridazione culturale di massa che vide protagonisti assoluti Pierre Carniti, Bruno Trentin e Giorgio Benvenuto.

Non solo un'esperienza metalmeccanica, non si può dimenticare il grande contributo dei nascenti sindacati confederali degli insegnanti, in primis, ovviamente, della scuola media.

Certo le 150 ore non furono un'esperienza estemporanea: hanno un prima e un dopo.

Nella Cisl una interessante e precorritrice esperienza fu quella dell'Iscla, istituto promosso a seguito del congresso confederale del 1965, su iniziativa di Mario Romani e di cui ho scritto in plurime occasioni, anche recentemente, nel volume collettaneo, curato da Aldo Carera per Edizioni Lavoro, "Lessico sindacale. La lezione e l'attualità di Mario Romani".

I recenti strali (da lui guasconamente definiti "consigli") di un ex della Cisl come Giampiero Bianchi sul mio presunto considerare la storia della Cisl come iniziata con Carniti (una follia di chi Bianchi ha il copyright, ma che è stata ridicolmente recentemente ripresa dai suoi "amici" del blog di gossip sindacale "Il9marzo") mi hanno fatto ricordare una sua recensione della prima edizione del 2011 del volume sulle 150 ore.

La recensione fu pubblicata in un periodico della Fai nazionale, non ricordo quale.

Anche lì Bianchi, pur riconoscendo, bontà sua, qualche merito al libro, mi dava del pericoloso bolscevico e, sostanzialmente, liquidava anni e anni di ricerca (il volume nasce, infatti, dall'evoluzione paziente della mia tesi di dottorato).

I cosidetti "romaniani" della Fai che fu (e, per quel che riguarda Bianchi, transfuga anche se ora in pensione, della Uila che è...) dimenticavano, da più realisti del re, che il loro mentore aveva, da prorettore dell'Università Cattolica, nel 1973-1974, collaborato pienamente alla diffusione delle 150 ore nell'ateneo, proponendo anche un cartellino apposito per i corsisti.

Quello, però che più importa e capire bene cosa furono (e anche come declinarono) le 150 ore per cogliere spunti di attualità e di generazione di futuro.

Tornare a guardare alle 150 ore in un’ottica di formazione continua, mantenendone inalterato lo spirito e le idee forza alla base, richiede, infatti, di avere sempre a disposizione una dote di tempo per il diritto allo studio al fine di affrontare al meglio lo sviluppo del proprio percorso lavorativo e di cittadinanza.

Un’ipotesi che permane nell’alveo della dimensione contrattuale, ma che può prevedere sistemi di sostegno legislativo, anche dal punto di vista fiscale, prefigurerebbe un incremento progressivo della dotazione delle 150 ore con la possibilità di un aumento di pari passo con l’anzianità aziendale (sul modello del trattamento di fine rapporto e senza escludere un apporto, oltre che delle         aziende, anche dei lavoratori, a partire dai residui di ferie e permessi non utilizzati).

Va valutata una fruizione individuale che non escluda una dimensione collettiva di contesto nell’ambito di diversi obiettivi di fondo: dall’investimento sulle competenze non necessariamente professionalizzanti, a percorsi di formazione interna e reskilling, fino a strumenti che intreccino l’outplacement nell’ambito delle ristrutturazioni aziendali e in affiancamento agli assegni di ricollocazione.

Il discorso sarebbe lungo. 

Vorrei concludere con una considerazione semplice e, in questo caso, sintetica, giusto per non irritare gli "amici" del blog di gossip "Il9marzo" che non hanno tempo di leggere e comprendere testi complessi e magari un po' articolati/argomentati.

Furono le 150 ore un'esperienza rivoluzionaria o riformista?

La mia risposta, dopo quindici anni e più di ricerca, è: entrambe le cose.

Per dirla con Vittorio Foa, furono la capacità di vedere oltre, oltre anche la forza imponente del sindacato di quegli anni.

Di suscitare domande, non solo di fornire risposte.

Di uscirne "insieme" , avrebbe detto don Lorenzo Milani, non da soli.

Le 150 ore nacquero, certo, da una grande spinta rivoluzionaria, ma anche da esigenze concrete, come la necessità delle madri (e di qualche padre...) di aiutare i propri figli nei compiti a casa.

Nacquero dall'aspirazione di saper vedere, voler vedere l'aurora.

Ogni giorno.

Sognando forse l'alba della rivoluzione in qualche caso (roba comunque anche da Cisl, non solo da Cgil!)

Ma soprattutto, come affermava Pierre Carniti (ora sì, lo cito, tiè!) di: "tentare l'impossibile, per fare il possibile".

Questo per me è il sindacato (tutto).

Questo per me è, e sarà, sempre e per sempre la Cisl.


Francesco Lauria


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