martedì 30 settembre 2025

SAURO ROSSI (CISL): TRA HONECKER (DDR) E DON MILANI

Avendo ricevuto una diffida formale dall'avvocatessa del segretario confederale Cisl Sauro Rossi (che sembra agire anche per la segreteria confederale Cisl, pur affermando, confusamente, il contrario) mi è d'obbligo precisare quanto segue:

- ho, fino a due mesi e mezzo fa, sempre stimato, enormemente Sauro Rossi, umanamente e sindacalmente;
- abbiamo interagito in molte forme, ad esempio nelle scuole di formazione sindacale per giovani attivisti delegati e militanti della Cisl Marche, o nella presentazione, al teatro delle Muse di Ancona, davanti a trecento persone, della seconda edizione del mio libro su Don Milani e il mondo del lavoro (si veda locandina nella foto);
- ho persino avuto Sauro Rossi come uno dei due (due) mentori per la pubblicazione della terza edizione del mio libro sulle 150 ore per il diritto allo studio (è, infatti, ringraziato nell'introduzione).
Ho sempre creduto, insomma, in Sauro Rossi direi l'ho quasi sempre anche ammirato.
Ma, appunto, fino a qualche mese fa.
Alcuni mesi or sono, ad esempio, ho letto, con stupore, la circolare a tutte le strutture Cisl in cui annunciava la probabile uscita, ad ogni livello, della Cisl dall'Associazione Antimafia Libera, definita sostanzialmente: "aprioristicamente antigovernativa" (il riferimento era, ovviamente, al Governo presieduto da Giorgia Meloni).
Sauro allegava alla circolare come elemento di conferma un documento di Libera che ho immediatamente letto al radar e ai raggi infrarossi, avendo dato conseguente peso alle sue parole.
Il non trovale una parola, ma nemmeno una virgola, uno spazio, che ne so, un disegno, una figura, aprioristicamente antigovernativi nel documento dell'associazione fondata e presieduta da Don Luigi Ciotti ha cominciato a scalfire le mie certezze.
Le interazioni tra me e Sauro sono già materia per probiviri, avvocati e magistrati.
Non le affronto per brevità. Vedremo chi avrà ragione.
Quello che mi viene contestato nello specifico dall'avvocatessa romana, invece, è il paragone, indiretto, che ho fatto tra Sauro Rossi ed Erick Honecker, il leader indiscusso della Germania Est (Ddr) dal 1976 al 1989.
C'è anche una leggera, leggerissima somiglianza fisica tra i due.
Ho sbagliato, lo ammetto, a paragonare Sauro Rossi a una figura come Honecker, il cui profilo politico è molto più rilevante di quello di Rossi pur se, almeno per me, altrettanto controverso.
Honecker, peraltro, fu imprigionato dal regime nazista in gioventù per le sue idee ed è morto nel suo letto a Santiago del Cile, nel 1994, senza alcuna condanna (questo ultimo aspetto: la mancanza di condanna non lo auspico, allo stato dei fatti, visti i nostri contenziosi).
Insomma faccio ammenda per aver sopravvalutato l''attuale segretario confederale Cisl Sauro Rossi e ritiro senza indugio il mio paragone con Erick Honecker ed, in generale, con il regime tedesco orientale.




Un sistema, pur spietato e antidemocratico, che aveva una certa notoria efficienza interna che non riconosco, sinceramente, nelle azioni intentate nei miei confronti da Sauro stesso, e , più in generale, dalla Cisl confederale.
Salonicco, 1 ottobre 2025.
Francesco Lauria

domenica 28 settembre 2025

IL CASO EIGENDORF: LA DDR E LA STASI, PISTOIA E FIRENZE, LICIO GELLI E GIORGIO LA PIRA, LA CISL E Il CENTRO STUDI DI FIESOLE

In quasi tredici anni esatti di lavoro presso il Centro Studi Formazione Cisl di Firenze (ottobre 2012 - fine settembre 2025) ho compiuto in tutto, con il percorso di quasi ogni giorno, centinaia di migliaia di chilometri tra Pistoia e il capoluogo toscano, fino a San Domenico, la frazione, al confine tra Firenze e Fiesole, in cui sorge, dal 1953 (sempre ottobre curiosamente) la scuola sindacale della Cisl, nata provvisoriamente due anni prima nel centro della città del sindacato santo Giorgio La Pira, precisamente in Via Modena.

Questo percorso ha collegato una persona come me che più di pianura non si può (sono originario di Parma) con zone più alitimetricamente elevate, intrecciando la ricca terra fiesolana con le primissime colline pistoiesi, dove ho abitato fino ad un anno fa a Gello, nell'area ex Permaflex, in passato regno indiscusso, mi si scusi la quasi omonimia di luogo e persona..., di Licio Gelli, leader e "portavoce" della terribile loggia massonica P2 e dei suoi amici.
Amici, ahimè, che, pur in loro tarda età, una decina di anni fa, ho anche dovuto conoscere direttamente e approfonditamente. Ma di questo parlerò, magari, in una prossima puntata...
Per alcuni anni sono stato pendolare in treno, ma l'utilizzare, ogni giorno, sei mezzi pubblici (quattro autobus e due treni) è divenuto sempre più stressante, tanto che ho dovuto ripiegare (non ho mai navigato nell'oro) prima su una Fiat Panda bianca a metano e, ora che le lobby dell'energia hanno distrutto quel tipo di carburante, su una Dacia Sandero azzurra usata, a Gpl.

Insomma, per farla relativamente breve, in uno dei miei tanti viaggi tra Pistoia e Firenze, costellati di code e incidenti, ascoltando pazientemente la radio e più precisamente i podcast di Radio1 Rai, mi sono imbattuto, con grande interesse, nella agghiacciante ed esemplificativa storia del calciatore tedesco orientale Lutz Eigendorf, vittima del servizi segreti della Germania Est, la famigerata Stasi.
Il caso che collega un calciatore della Germania Est alla Stasi e a una morte "sospetta" è, infatti, proprio quello di Eigendorf, centrocampista che passò dalla Dinamo Berlino alla Bundesliga occidentale, scatenando la rabbia della Stasi, la spietata agenzia di sicurezza della DDR.
Eigendorf morì nel 1983 in un incidente d'auto a Braunschweig, ma la sua morte fu etichettata come "tradimento" o "scomoda" da alcuni, con sospetti che la Stasi fosse coinvolta, anche se le autorità occidentali, che cominciavano a dialogare con l'Est, la classificarono, ufficialmente, come un incidente.
Eigendorf giocò per la Dinamo Berlino e fu considerato un giocatore davvero talentuoso.
Nel 1979, egli disertò la Germania Est e si trasferì in Bundesliga, la massima lega di calcio della Germania Ovest, firmando per il Kaiserslautern.

Dopo la sua fuga, la Stasi, l'agenzia di intelligence della Germania Est, considerò Eigendorf un traditore e, secondo alcune documentate ricostruzioni, si sarebbe impegnata per rendergli la vita in Occidente molto più che difficile.
Fu avviata una vera e propria campagna di denigrazione: la Stasi avrebbe tentato di minare il suo processo di integrazione e la sua carriera, tra le altre cose tentando di distruggere la sua famiglia (la moglie fu corteggiata dalla spie più belle e affascinanti, tanto che una la sposò, dopo un paio di anni dalla fuga del marito, sostituendosi anche, come figura paterna, rispetto alla figlia, piccolissima, del calciatore, rimasta, con la mamma, in Germania Est.
Nel 1983, Lutz Eigendorf morì, come già accennato, in un incidente d'auto a Braunschweig, in Germania Ovest.
Moltissimi, come la Rivista Contrasti e il direttore dell'Hohenschonhausen Memorial di Berlino, Hubertus Knabe, hanno fortemente ipotizzato un coinvolgimento della Stasi nell'incidente, suggerendo che possa essere stato un assassinio. Tuttavia, ripeto, la morte del calciatore, che poco prima di morire aveva anche rilasciato un'intervista "bomba" alla televisione tedesca occidentale, è stata ufficialmente e più comodamente classificata come un incidente.

Ma perché Eigendorf è conosciuto come "il traditore"?
Egli è soprannominato "il traditore" a causa della sua fuga dalla DDR e del suo successo in Germania Ovest, che avrebbe portato la Stasi a vederlo come un nemico dello stato e, dopo averlo perseguitato, molto probabilmente ad ucciderlo.
Anche se davvero si fosse trattato di un incidente, lo stato di prostrazione di Eigendorf, che negli ultimissimi anni si era anche purtroppo dedito all'alcool, è stato, senza alcun minimo dubbio, concausa della sua tragica e prematura morte.

Mi si chiederà cosa c’entra Eigendorf con te, cosa il sindaco santo Giorgio La Pira, con Licio Gelli, come si connettono le traiettorie di Pistoia, Firenze (e Parma) e quale è il legame tra la DDR (ovviamente indiretto) e la Cisl e il suo Centro Studi?
So già che è facile intuirlo.
Diversi commentatori, in tutta Europa, ma ieri recentemente anche in un articolo che, perfettamente, ricostruisce la mia complicata vicenda (almeno in parte, tanti dettagli raccapriccianti devono ancora emergere...) hanno accostato le contestazioni disciplinari della Cisl, frutto di intercettazioni di scambi privati, registrazioni nascoste, delazioni, tradimenti, trappole e chi più ne ha più ne metta, al film pluripremiato che, magistralmente, racconta il clima di intimidazione, delazione e assoluto controllo vigente della Germania Orientale: “Le vite degli altri”.
All’inizio ho rifiutato il paragone (molti altri ne sono stati fatti in questi ultimi giorni, ad esempio, con il Cile di Pinochet o con la famigerata Ceka, la polizia politica segreta, antenata del Kgb sovietico), ora, sinceramente, sono nel dubbio.
Ma un dubbio, sorprendente, si scoprirà leggendo più avanti.
Le abiure che ho ricevuto in questo ultimi mese da persone che per anni e anni mi hanno stimato e lodato pubblicamente sono impressionanti (ci sono nel web, ad esempio, decine di anche imbarazzanti articoli elogiativi di Giuliano Cazzola nei miei confronti e nei confronti dei miei libri).
Una persona che mi ha sempre stimato enormemente, un leader sindacale che tuttora ritengo non banale (non più ovviamente dal punto di vista umano) come Onofrio Rota, segretario generale del sindacato agricolo e agroalimentare della Cisl, la Fai, che mi ha cercato costantemente durante il mio conflitto con la sua ex collega di categoria Daniela Fumarola, mi ha fatto pervenire una lettera di diffida, solo perché, avrei riferito di alcune sue critiche alla segretaria generale e alla confederazione.
Avete letto bene: critiche.

È vero che Daniela Fumarola è stata riconfermata con il 100 per cento dei voti all’ultimo congresso e che l’unica delegata che avrebbe potuto non votarla, Chiara Severino, stimata giurista del lavoro e segretaria nazionale della Cisl Funzione Pubblica, è stata in tutta fretta, licenziata in tronco dai suoi ex colleghi di segreteria, ma, suvvia, almeno una velata critica, magari attraverso le famose barzellette e freddure sul leader Honecker, nella Germania Orientale era ammessa.

Nella Cisl no, è perfino una mia battuta espressa privatamente sull’assistente capo di Gigi Sbarra (anche ora che è al Governo Meloni?) e di Daniela Fumarola, sul fatto che un giorno fosse “afono” è finita nelle mie contestazioni disciplinari, trasmessa dal grigio funzionario (che anche fisicamente assomiglia ad un burocrate tedesco orientale), il marchigiano, segretario confederale Sauro Rossi.
Anche Rossi, peraltro, come è noto è stato (ei fu) un mio ex grande estimatore (come è testimoniato anche dalla mia introduzione dell’ultima edizione del mio libro, pubblicato da Edizioni Lavoro, sulle 150 ore per il diritto allo studio nel giugno 2023).

È quindi dimostrato e dimostrabile, ampiamente, che il paragone fra la Cisl e la Ddr (che almeno su alcuni ambiti, anche di ricerca scientifica e nello sport, al netto delle terrificanti vicende di doping, era all’avanguardia) pone in difetto la Cisl e non i costruttori del Muro di Berlino.

Ma passiamo alla dimensione cittadina.
E' noto, infatti, che nel piano di rinascita nazionale redatto da Gelli si puntasse a rompere l’unità sindacale, così viva e radicata negli anni Settanta ed alimentata dal basso dall’azione dei Consigli di Fabbrica. E' meno noto che Giorgio La Pira, fosse di casa al Centro Studi Cisl di Fiesole, come testimoniano le fotografie che lo ritraggono, insieme al fondatore della Cisl Giulio Pastore, nel porre la prima pietra del padiglione del Centro Studi dedicato a Bruno Buozzi (la figura, importantissima, del sindacalismo riformista socialista, primo firmatario di un contratto nazionale di categoria nel 1919, come ricordato dal Presidente Sergio Mattarella, cui io ho dedicato, in raccordo con Giorgio Benvenuto, numerosi studi e infiniti momenti formativi).
Parliamo dello stesso Buozzi che il prode assistente Potenza, ha provato, in passato, poi pentendosene, ad eliminare dalla memoria sindacale della Cisl, identificabile solo con il cattolico Achille Grandi.

È, forse, ancora meno noto che, tra il 1972 e il 1975, utilizzando una figura che, fino a qualche anno prima non era del tutto contraria all’unità sindacale, Vito Scalia, siciliano, mentore di Sergio D’Antoni, i servizi segreti americani, la Cia, abbiamo provato a promuovere una scissione a destra della Cisl, ormai avviata verso la leadership di sinistra di Lugi Macario (democristiano!) e Pierre Carniti.
Molto noto, in tutta Europa, da decenni è, invece, il ruolo decisivo del sindacato e del governo americani nell’acquisto da una nobildonna inglese, della Villa Medicea dove sorge il Centro Studi di Fiesole, in Via della Piazzola, proprio al confine tra i comuni di Fiesole e Firenze.

Una scelta, quella di dare vita al Centro Studi di Fiesole, che io ho sempre definito lungimirante e che ha dato anima ad un luogo che ha accolto sindacalisti da tutto il mondo, specialmente da paesi privi di libertà e democrazia (economica e politica).
Penso al Cile di Pinochet, al Brasile con l’esperienza della Cut di Ignacio Lula da Silva (attuale Presidente della Repubblica), ma anche all’Argentina martoriata di Videla e dei decaparecidos, alla Polonia comunista, alla Spagna della dittatura fascista di Franco (studiò a Firenze Baron Crespo, futuro Presidente socialista del Parlamento Europeo), al Portogallo di Salazar, alla Birmania dei generali, all’accoglienza al leader sindacale (non ci furono solo gli studenti a Pechino) della protesta di Tien an Men, Han Donfang.
Donfang, peraltro, l'ho portato io le ultime volte a Fiesole, facendolo arrivare da Taiwan e Parigi, in sinergia con la società civile e il sindacato di tutta Italia, facendogli consegnare, peraltro, a Pistoia, il premio internazionale dedicato proprio a Giorgio La Pira.

Il Centro Studi (vi ho dedicato tre edizioni dello stesso libro: "Quel filo teso tra Fiesole e Barbiana. Don Milani e il mondo del lavoro") è stato anche il luogo prediletto per gli allievi di Don Lorenzo Milani, priore di Barbiana, diventati sindacalisti.
Penso, ad esempio, a Francuccio e Michele Gesualdi, a Paolo Landi, ad Agostino Burberi. Ma anche e soprattutto a Maresco Ballini (cui ho dedicato alcuni scritti) che conobbe il Centro Studi e la Cisl attraverso il primo direttore, il dossettiano Benedetto de Cesaris, invitato più volte da Don Milani a tenere degli incontri a Calenzano, nella piana pratese-fiorentina, prima del suo esilio a Barbiana.
Il sindacato, la Cisl in particolare (soprattutto quando non si occupa solo di "menar botte ai rossi") erano luoghi deputati per Don Lorenzo, per praticare l'amore e dare un senso alla vita...

Ma veniamo alle note più dolenti.
Un collegamento diretto tra me e Eigendorf (speriamo non ce ne siano troppi altri, sinceramente…) è poi quello racchiuso nella categoria del tradimento/traditore.

In un colloquio che, credo, rimarrà l’ultimo con il direttore attuale del Centro Studi di Firenze, Marco Lai, lo stesso, dichiarando (improvvisamente) di non stimarmi più, mi ha dato sostanzialmente del traditore, di colui che: “sputa nel piatto in cui ha mangiato”.
Al di là che io la Cisl e il Centro Studi li ho serviti (peraltro portando milioni di euro attraverso la formazione, la progettazione e la ricerca europee, come ampiamente noto) non sfruttati, il Lai aggiungeva anche una chicca degna, davvero della peggior DDR: il suo sostegno alla, ormai celebre in tutto il mondo, sanzione disciplinare del calciobalilla.
La ricostruisco perché la cosa sta impressionando, davvero, in ogni dove ed è stata, più volte, ripresa anche dalla stampa nazionale: mi si imputa, davvero incredibilmente, una foto su facebook, in cui esplicitavo la mia felicità per la riapertura, dopo venti anni, di una piccola, piccolissima sala giochi presso il Centro Studi.
Avrei rovinato la sorpresa di una inaugurazione formale che, peraltro, non c’è mai stata, essendo il calcetto notoriamente, già pienamente in uso.
Il Lai, con uno sguardo che, sinceramente, non dimenticherò mai aggiungeva, a testa bassa: “Sì, caro mio, tu hai leso la nostra privacy”.
La privacy del calcetto, sono quasi certo, nella Ddr non esisteva, ma è anche vero che ai tempi della Germania Est, la legislazione in tema, specialmente in un paese dell’ex blocco sovietico, era, certamente, poco sviluppata.


La categoria del traditore – figura che si deve curare – è stata tra l’altro tratteggiata, indipendentemente l’uno dall’altro, dal sempre solito Sauro Rossi (“Lauria ha sostanzialmente in odio la Cisl, non è vero che vuole bene al nostro sindacato”) e dal prode Giuliano Cazzola che, dopo aver criticato, da destra, il Governo Netanyahu, mi ha scritto che ritirava l’appoggio, inopinatamente dato, alla mia figura e mi consigliava, in forma scritta ed inequivocabile di: “farmi curare”.

Quello della sanità mentale, è noto, è un tema, non da ora, ampiamente utilizzato dai regimi autoritari e totalitari di tutto il mondo e, io, peraltro, non nego di essere in un periodo oltre che particolarmente duro rispetto alla salute (sono in, purtroppo lunga per errori medici, attesa di risultati istologici, come la Cisl e il direttore del Centro Studi Lai sanno perfettamente).
Salute non solo fisica, ma anche, come non potrebbe essere altrimenti, psicologica.
Potrei raccontare anche della fantomatica “scomparsa” della mia iscrizione alla Cisl Firenze Prato, proprio nel giorno della visita di Daniela Fumarola presso il locali della Cisl regionale di Via Dei, o della cancellazione della presentazione del mio libro su Don Milani prevista per il 26 settembre presso i locali della Provincia di Massa Carrara, ma su questo punti, davvero strabilianti, su cui stanno facendo luce i probiviri confederali, scriverò una puntata a parte, dedicata al segretario generale della Cisl Firenze Prato: Fabio Franchi e al segretario regionale della Cisl Toscana Alessandro Beccastrini.

Per concludere: esiste quindi un nesso, almeno ideale, tra la vicenda della Ddr e della Stasi e la Cisl e il Centro Studi Cisl di Firenze di oggi?
Io credo, sinceramente, inequivocabilmente di sì.
L’ho sperimentato sulla mia pelle, sul mio corpo.
Lo credono le centinaia, forse migliaia di persone che mi stanno manifestando solidarietà da ogni parte del mondo, sostenendo, in questo modo, il sindacalismo libero e democratico.
Altro che tradimento!
Aggiungo: lo credono i tantissimi dirigenti e militanti della Cisl che mi raccontano nei dettagli, da ogni parte del Paese, le loro storie di angherie ed epurazioni subite, le ripetute e pervasive lettere anonime ricevute, le pressioni indicibili, esplicitata anche, proprio come nella Germania Est, a livello familiare.

Sto archiviando tutto, siamo davvero in tantissimi/e.
Tutto questo non per odio della Cisl, ma per amore di una “splendida anomalia” del sindacalismo italiano, ormai tristemente, oserei dire, tragicamente, sbiadita.
Forse esizialmente, definitivamente, scomparsa.
Nelle foto: Lutz Eigendorf, calciatore ed esule politico e Marco Lai, laureato in scienze politiche e direttore del Centro Studi Cisl di Firenze

martedì 2 settembre 2025

Le Acli, la Cisl, il Centro Studi di Firenze, Playboy e Montemagno tra Serena, Irene e… Achille Grandi!


Ma facil si palesa il buon cammino

Che riman un sogno

E nel vorace tempo è vana attesa

Clemente Rebora, Frammenti Lirici

 


No, non è possibile!

Emilio Gabaglio, già Presidente nazionale delle Acli (quello della famosa “ipotesi” e non erroneamente “scelta” socialista, come bollata dai più) e già segretario generale della Confederazione Europea di Sindacati, era persona di grande eleganza e pazienza. Si arrabbiava davvero di rado.

Ma quando un corsista, al Centro Studi Cisl di Fiesole, intorno al 2013, ammise, davanti a lui e a me, di non saper nulla di nulla di chi fosse Achille Grandi, ci accorgemmo, entrambi, che occorreva correre ai ripari.

Al più presto.

Certo, tutti i suoi frequentatori, o quasi, sanno che la villa medicea, che compone il corpo centrale e storico del Centro Studi Cisl per sindacalisti di Firenze, si chiama, per l’appunto, Villa Grandi.

Ma tutti o quasi, purtroppo ignorano il perché.

I sindacalisti e le sindacaliste (non solo i giovani!) non conoscono, infatti, la bella biografia del tipografo comasco, leader storico della confederazione di ispirazione cristiana Cil (Confederazione Italiana Lavoratori) che Giovanni Bianchi, già Presidente nazionale delle Acli, compianto maestro e amico, definiva: “un cristiano nella storia”.

Stiamo parlando di Achille Grandi, fondatore proprio delle Acli e grande ispiratore di una Cisl che non potrà mai veder nascere a causa della morte avvenuta nel 1946, antecedentemente anche al primo e unico congresso nazionale della Cgil unitaria, svoltosi, ironia della storia, sempre a Firenze.

Fu così che, dopo l’incontro con il malcapitato corsista, pesantemente redarguito, io ed Emilio Gabaglio decidemmo, spalleggiati dalla direzione di allora del Centro Studi di Firenze, di correre ai ripari.

Facemmo, infatti, realizzare dei pannelli in vetro (un po’ piccoli per la verità) in cui erano riportate, in italiano e in inglese, le biografie delle figure cui sono dedicati i padiglioni del Centro Studi di Firenze: Achille Grandi (per l’appunto!), Bruno Buozzi (alfiere del sindacalismo socialista riformista e del valore del sindacato di categoria, primo firmatario di un Ccnl in Italia oltre che del famoso patto tra sindacato unitario e Confindustria c.d. “Buozzi – Mazzini”  del 3 settembre 1943 in cui fu reintrodotta, in Italia, la democrazia economica, prima ancora della democrazia politica, grazie alla ricostituzione delle Commissioni Interne nei luoghi di lavoro), Giuseppe Fanin (emigrato veneto, martire, nella provincia bolognese, del sindacato libero, la LCgil), ed Eraldo Crea (indimenticabile leader sindacale, fautore dell’incontro tra sindacato, formazione e cultura, fondatore e responsabile, per decenni, della rivista il Progetto).

In realtà ci sono poi altre due intitolazioni: a Maria Irace, operatrice sindacale Cisl, grande animatrice della formazione europea a cavallo degli anni Novanta e Duemila e Damiano, storico portiere notturno del Centro Studi, uno di quelli che il sociologo cislino Bruno Manghi ha definito: “i santi minori” del sindacato.

Mi sono poi inventato il famoso giro di un’ora nella storia dei padiglioni del Centro Studi, piccolo tour in cammino, nella memoria e nella storia di queste biografie che, dal 2013, in italiano e in inglese, ho ripetuto decine e decine di volte, raggiungendo, ho calcolato, circa un migliaio di corsisti e corsiste.

Finalmente Achille Grandi non sarebbe più stato confuso, da sindacalisti più attempati, con Serena Grandi e da quelli un po’ più giovani, con la fiorentina Irene Grandi!

A proposito di Serena Grandi.

Il 1985 è ricordato per i risultati del referendum sulla scala mobile, vittoriosi per la Cisl e catastrofici per il Pci e la componente comunista della Cgil e per l’addio di Pierre Carniti alla confederazione di Via Po, con la famosa e commossa frase (citata poi milioni e milioni di volte in Cisl anche solo per fare bella figura…): “Ho terminato la mia corsa. Ho conservato la fede in quello straordinario fatto di solidarietà umana che è il sindacato, che è la Cisl”.

Ma il 1985 (prima delle dimissioni) è anche l’anno di un piccolo “scandalo” in Via Po.

Carniti, almeno prima di cimentarsi nel Parlamento Europeo, non era particolarmente ferrato nella lingua inglese e, forse, nemmeno nelle riviste maschili per adulti.

D’altronde il nome Pierre, scelto dal padre, come scherno all’autarchia anagrafica fascista, è alla “francese”.

Fu così che, nei primi mesi del 1985, un giornalista di Playboy svolse un’intervista telefonica proprio con Pierre Carniti, allora leader indiscusso (o quasi) e ancora segretario generale della Cisl.

L’uscita dell’intervista (tutta su temi economico-sindacali) di Carniti fu inclusa proprio nel numero che prevedeva una splendida Serena Grandi in copertina.

Carniti, mi dicono, perché non ebbi mai il coraggio di affrontare con lui direttamente la cosa, provò in tutti i modi a smentire di aver rilasciato l’intervista, in sostanziale buona fede, perché non aveva proprio capito (non sempre anche i migliori sindacalisti ascoltano…) che si trattasse di Playboy.

Ma il giornalista aveva registrato tutto…

Fu così che si virò sull’acquisto di tutte le copie nelle (allora tante) edicole della zona Corso d’Italia, Via Po, Via Lucullo, per evitare comprensibili imbarazzi!

Ancora si discute si dove, poi, siano finite le copie…

Tornando a noi e ad Achille Grandi, non a Serena…

Colui che Giovanni Bianchi non definiva solo un “cristiano nella storia”, ma anche un “militante operaio”.

Si può leggere tutto online, in quella miniera che sono gli ebook gratuiti della casa editrice Eremo e metropoli, in particolare in tre libri di Giovanni: “Gli aclisti”, “Storia e attualità delle Acli”, “Il volo del calabrone. Riflessioni sulle Acli”.

Pensavo a tutto questo ieri sera, chiacchierando, di ritorno dalla natia Parma, con Marcello Bracali, già Presidente provinciale delle Acli di Pistoia e anima dello storico circolo di Montemagno, tra Pistoia (appunto) e la fu città del mobile di Quarrata.

Un circolo dal sapore e dagli infissi antichi, ma tutt’ora vivacissimo, si tratti di proporre eventi culturali e politici, di ospitare il ballo liscio e i tornei di briscola, di animare il turismo sociale, etc.

Un presidio prezioso di sussidiarietà (circolare, direbbe Stefano Zamagni), cittadinanza e democrazia che resiste nel deserto di oggi.

Sono proprio contento, ieri sera, di essermi iscritto al circolo Acli di Montemagno.

Non mi ero, incredibilmente, infatti, pur frequentandole non saltuariamente alle Acli.

Ho pensato ad Achille Grandi, Livio Labor, Emilio Gabaglio, Giovanni Bianchi.

Anche, lo dico senza piaggeria, ad Emiliano Manfredonia, attuale Presidente nazionale, e alla bellissima intuizione e messa in opera della carovana della pace e del lavoro, promossa dalle Acli nazionali, e partita significativamente, proprio ieri, da Palermo.

Ho pensato, lo ammetto, anche a Serena Grandi, d’altronde io ero fanciullo negli anni ottanta, non mi occupavo ancora (per fortuna…) di scala mobile.

Ma questa, converrebbero dietro ai loro sigari con un sorriso sornione sia Pierre Carniti che Emilio Gabaglio, è, davvero, un’altra storia!

Francesco Lauria