domenica 28 settembre 2025

IL CASO EIGENDORF: LA DDR E LA STASI, PISTOIA E FIRENZE, LICIO GELLI E GIORGIO LA PIRA, LA CISL E Il CENTRO STUDI DI FIESOLE

In quasi tredici anni esatti di lavoro presso il Centro Studi Formazione Cisl di Firenze (ottobre 2012 - fine settembre 2025) ho compiuto in tutto, con il percorso di quasi ogni giorno, centinaia di migliaia di chilometri tra Pistoia e il capoluogo toscano, fino a San Domenico, la frazione, al confine tra Firenze e Fiesole, in cui sorge, dal 1953 (sempre ottobre curiosamente) la scuola sindacale della Cisl, nata provvisoriamente due anni prima nel centro della città del sindacato santo Giorgio La Pira, precisamente in Via Modena.

Questo percorso ha collegato una persona come me che più di pianura non si può (sono originario di Parma) con zone più alitimetricamente elevate, intrecciando la ricca terra fiesolana con le primissime colline pistoiesi, dove ho abitato fino ad un anno fa a Gello, nell'area ex Permaflex, in passato regno indiscusso, mi si scusi la quasi omonimia di luogo e persona..., di Licio Gelli, leader e "portavoce" della terribile loggia massonica P2 e dei suoi amici.
Amici, ahimè, che, pur in loro tarda età, una decina di anni fa, ho anche dovuto conoscere direttamente e approfonditamente. Ma di questo parlerò, magari, in una prossima puntata...
Per alcuni anni sono stato pendolare in treno, ma l'utilizzare, ogni giorno, sei mezzi pubblici (quattro autobus e due treni) è divenuto sempre più stressante, tanto che ho dovuto ripiegare (non ho mai navigato nell'oro) prima su una Fiat Panda bianca a metano e, ora che le lobby dell'energia hanno distrutto quel tipo di carburante, su una Dacia Sandero azzurra usata, a Gpl.

Insomma, per farla relativamente breve, in uno dei miei tanti viaggi tra Pistoia e Firenze, costellati di code e incidenti, ascoltando pazientemente la radio e più precisamente i podcast di Radio1 Rai, mi sono imbattuto, con grande interesse, nella agghiacciante ed esemplificativa storia del calciatore tedesco orientale Lutz Eigendorf, vittima del servizi segreti della Germania Est, la famigerata Stasi.
Il caso che collega un calciatore della Germania Est alla Stasi e a una morte "sospetta" è, infatti, proprio quello di Eigendorf, centrocampista che passò dalla Dinamo Berlino alla Bundesliga occidentale, scatenando la rabbia della Stasi, la spietata agenzia di sicurezza della DDR.
Eigendorf morì nel 1983 in un incidente d'auto a Braunschweig, ma la sua morte fu etichettata come "tradimento" o "scomoda" da alcuni, con sospetti che la Stasi fosse coinvolta, anche se le autorità occidentali, che cominciavano a dialogare con l'Est, la classificarono, ufficialmente, come un incidente.
Eigendorf giocò per la Dinamo Berlino e fu considerato un giocatore davvero talentuoso.
Nel 1979, egli disertò la Germania Est e si trasferì in Bundesliga, la massima lega di calcio della Germania Ovest, firmando per il Kaiserslautern.

Dopo la sua fuga, la Stasi, l'agenzia di intelligence della Germania Est, considerò Eigendorf un traditore e, secondo alcune documentate ricostruzioni, si sarebbe impegnata per rendergli la vita in Occidente molto più che difficile.
Fu avviata una vera e propria campagna di denigrazione: la Stasi avrebbe tentato di minare il suo processo di integrazione e la sua carriera, tra le altre cose tentando di distruggere la sua famiglia (la moglie fu corteggiata dalla spie più belle e affascinanti, tanto che una la sposò, dopo un paio di anni dalla fuga del marito, sostituendosi anche, come figura paterna, rispetto alla figlia, piccolissima, del calciatore, rimasta, con la mamma, in Germania Est.
Nel 1983, Lutz Eigendorf morì, come già accennato, in un incidente d'auto a Braunschweig, in Germania Ovest.
Moltissimi, come la Rivista Contrasti e il direttore dell'Hohenschonhausen Memorial di Berlino, Hubertus Knabe, hanno fortemente ipotizzato un coinvolgimento della Stasi nell'incidente, suggerendo che possa essere stato un assassinio. Tuttavia, ripeto, la morte del calciatore, che poco prima di morire aveva anche rilasciato un'intervista "bomba" alla televisione tedesca occidentale, è stata ufficialmente e più comodamente classificata come un incidente.

Ma perché Eigendorf è conosciuto come "il traditore"?
Egli è soprannominato "il traditore" a causa della sua fuga dalla DDR e del suo successo in Germania Ovest, che avrebbe portato la Stasi a vederlo come un nemico dello stato e, dopo averlo perseguitato, molto probabilmente ad ucciderlo.
Anche se davvero si fosse trattato di un incidente, lo stato di prostrazione di Eigendorf, che negli ultimissimi anni si era anche purtroppo dedito all'alcool, è stato, senza alcun minimo dubbio, concausa della sua tragica e prematura morte.

Mi si chiederà cosa c’entra Eigendorf con te, cosa il sindaco santo Giorgio La Pira, con Licio Gelli, come si connettono le traiettorie di Pistoia, Firenze (e Parma) e quale è il legame tra la DDR (ovviamente indiretto) e la Cisl e il suo Centro Studi?
So già che è facile intuirlo.
Diversi commentatori, in tutta Europa, ma ieri recentemente anche in un articolo che, perfettamente, ricostruisce la mia complicata vicenda (almeno in parte, tanti dettagli raccapriccianti devono ancora emergere...) hanno accostato le contestazioni disciplinari della Cisl, frutto di intercettazioni di scambi privati, registrazioni nascoste, delazioni, tradimenti, trappole e chi più ne ha più ne metta, al film pluripremiato che, magistralmente, racconta il clima di intimidazione, delazione e assoluto controllo vigente della Germania Orientale: “Le vite degli altri”.
All’inizio ho rifiutato il paragone (molti altri ne sono stati fatti in questi ultimi giorni, ad esempio, con il Cile di Pinochet o con la famigerata Ceka, la polizia politica segreta, antenata del Kgb sovietico), ora, sinceramente, sono nel dubbio.
Ma un dubbio, sorprendente, si scoprirà leggendo più avanti.
Le abiure che ho ricevuto in questo ultimi mese da persone che per anni e anni mi hanno stimato e lodato pubblicamente sono impressionanti (ci sono nel web, ad esempio, decine di anche imbarazzanti articoli elogiativi di Giuliano Cazzola nei miei confronti e nei confronti dei miei libri).
Una persona che mi ha sempre stimato enormemente, un leader sindacale che tuttora ritengo non banale (non più ovviamente dal punto di vista umano) come Onofrio Rota, segretario generale del sindacato agricolo e agroalimentare della Cisl, la Fai, che mi ha cercato costantemente durante il mio conflitto con la sua ex collega di categoria Daniela Fumarola, mi ha fatto pervenire una lettera di diffida, solo perché, avrei riferito di alcune sue critiche alla segretaria generale e alla confederazione.
Avete letto bene: critiche.

È vero che Daniela Fumarola è stata riconfermata con il 100 per cento dei voti all’ultimo congresso e che l’unica delegata che avrebbe potuto non votarla, Chiara Severino, stimata giurista del lavoro e segretaria nazionale della Cisl Funzione Pubblica, è stata in tutta fretta, licenziata in tronco dai suoi ex colleghi di segreteria, ma, suvvia, almeno una velata critica, magari attraverso le famose barzellette e freddure sul leader Honecker, nella Germania Orientale era ammessa.

Nella Cisl no, è perfino una mia battuta espressa privatamente sull’assistente capo di Gigi Sbarra (anche ora che è al Governo Meloni?) e di Daniela Fumarola, sul fatto che un giorno fosse “afono” è finita nelle mie contestazioni disciplinari, trasmessa dal grigio funzionario (che anche fisicamente assomiglia ad un burocrate tedesco orientale), il marchigiano, segretario confederale Sauro Rossi.
Anche Rossi, peraltro, come è noto è stato (ei fu) un mio ex grande estimatore (come è testimoniato anche dalla mia introduzione dell’ultima edizione del mio libro, pubblicato da Edizioni Lavoro, sulle 150 ore per il diritto allo studio nel giugno 2023).

È quindi dimostrato e dimostrabile, ampiamente, che il paragone fra la Cisl e la Ddr (che almeno su alcuni ambiti, anche di ricerca scientifica e nello sport, al netto delle terrificanti vicende di doping, era all’avanguardia) pone in difetto la Cisl e non i costruttori del Muro di Berlino.

Ma passiamo alla dimensione cittadina.
E' noto, infatti, che nel piano di rinascita nazionale redatto da Gelli si puntasse a rompere l’unità sindacale, così viva e radicata negli anni Settanta ed alimentata dal basso dall’azione dei Consigli di Fabbrica. E' meno noto che Giorgio La Pira, fosse di casa al Centro Studi Cisl di Fiesole, come testimoniano le fotografie che lo ritraggono, insieme al fondatore della Cisl Giulio Pastore, nel porre la prima pietra del padiglione del Centro Studi dedicato a Bruno Buozzi (la figura, importantissima, del sindacalismo riformista socialista, primo firmatario di un contratto nazionale di categoria nel 1919, come ricordato dal Presidente Sergio Mattarella, cui io ho dedicato, in raccordo con Giorgio Benvenuto, numerosi studi e infiniti momenti formativi).
Parliamo dello stesso Buozzi che il prode assistente Potenza, ha provato, in passato, poi pentendosene, ad eliminare dalla memoria sindacale della Cisl, identificabile solo con il cattolico Achille Grandi.

È, forse, ancora meno noto che, tra il 1972 e il 1975, utilizzando una figura che, fino a qualche anno prima non era del tutto contraria all’unità sindacale, Vito Scalia, siciliano, mentore di Sergio D’Antoni, i servizi segreti americani, la Cia, abbiamo provato a promuovere una scissione a destra della Cisl, ormai avviata verso la leadership di sinistra di Lugi Macario (democristiano!) e Pierre Carniti.
Molto noto, in tutta Europa, da decenni è, invece, il ruolo decisivo del sindacato e del governo americani nell’acquisto da una nobildonna inglese, della Villa Medicea dove sorge il Centro Studi di Fiesole, in Via della Piazzola, proprio al confine tra i comuni di Fiesole e Firenze.

Una scelta, quella di dare vita al Centro Studi di Fiesole, che io ho sempre definito lungimirante e che ha dato anima ad un luogo che ha accolto sindacalisti da tutto il mondo, specialmente da paesi privi di libertà e democrazia (economica e politica).
Penso al Cile di Pinochet, al Brasile con l’esperienza della Cut di Ignacio Lula da Silva (attuale Presidente della Repubblica), ma anche all’Argentina martoriata di Videla e dei decaparecidos, alla Polonia comunista, alla Spagna della dittatura fascista di Franco (studiò a Firenze Baron Crespo, futuro Presidente socialista del Parlamento Europeo), al Portogallo di Salazar, alla Birmania dei generali, all’accoglienza al leader sindacale (non ci furono solo gli studenti a Pechino) della protesta di Tien an Men, Han Donfang.
Donfang, peraltro, l'ho portato io le ultime volte a Fiesole, facendolo arrivare da Taiwan e Parigi, in sinergia con la società civile e il sindacato di tutta Italia, facendogli consegnare, peraltro, a Pistoia, il premio internazionale dedicato proprio a Giorgio La Pira.

Il Centro Studi (vi ho dedicato tre edizioni dello stesso libro: "Quel filo teso tra Fiesole e Barbiana. Don Milani e il mondo del lavoro") è stato anche il luogo prediletto per gli allievi di Don Lorenzo Milani, priore di Barbiana, diventati sindacalisti.
Penso, ad esempio, a Francuccio e Michele Gesualdi, a Paolo Landi, ad Agostino Burberi. Ma anche e soprattutto a Maresco Ballini (cui ho dedicato alcuni scritti) che conobbe il Centro Studi e la Cisl attraverso il primo direttore, il dossettiano Benedetto de Cesaris, invitato più volte da Don Milani a tenere degli incontri a Calenzano, nella piana pratese-fiorentina, prima del suo esilio a Barbiana.
Il sindacato, la Cisl in particolare (soprattutto quando non si occupa solo di "menar botte ai rossi") erano luoghi deputati per Don Lorenzo, per praticare l'amore e dare un senso alla vita...

Ma veniamo alle note più dolenti.
Un collegamento diretto tra me e Eigendorf (speriamo non ce ne siano troppi altri, sinceramente…) è poi quello racchiuso nella categoria del tradimento/traditore.

In un colloquio che, credo, rimarrà l’ultimo con il direttore attuale del Centro Studi di Firenze, Marco Lai, lo stesso, dichiarando (improvvisamente) di non stimarmi più, mi ha dato sostanzialmente del traditore, di colui che: “sputa nel piatto in cui ha mangiato”.
Al di là che io la Cisl e il Centro Studi li ho serviti (peraltro portando milioni di euro attraverso la formazione, la progettazione e la ricerca europee, come ampiamente noto) non sfruttati, il Lai aggiungeva anche una chicca degna, davvero della peggior DDR: il suo sostegno alla, ormai celebre in tutto il mondo, sanzione disciplinare del calciobalilla.
La ricostruisco perché la cosa sta impressionando, davvero, in ogni dove ed è stata, più volte, ripresa anche dalla stampa nazionale: mi si imputa, davvero incredibilmente, una foto su facebook, in cui esplicitavo la mia felicità per la riapertura, dopo venti anni, di una piccola, piccolissima sala giochi presso il Centro Studi.
Avrei rovinato la sorpresa di una inaugurazione formale che, peraltro, non c’è mai stata, essendo il calcetto notoriamente, già pienamente in uso.
Il Lai, con uno sguardo che, sinceramente, non dimenticherò mai aggiungeva, a testa bassa: “Sì, caro mio, tu hai leso la nostra privacy”.
La privacy del calcetto, sono quasi certo, nella Ddr non esisteva, ma è anche vero che ai tempi della Germania Est, la legislazione in tema, specialmente in un paese dell’ex blocco sovietico, era, certamente, poco sviluppata.


La categoria del traditore – figura che si deve curare – è stata tra l’altro tratteggiata, indipendentemente l’uno dall’altro, dal sempre solito Sauro Rossi (“Lauria ha sostanzialmente in odio la Cisl, non è vero che vuole bene al nostro sindacato”) e dal prode Giuliano Cazzola che, dopo aver criticato, da destra, il Governo Netanyahu, mi ha scritto che ritirava l’appoggio, inopinatamente dato, alla mia figura e mi consigliava, in forma scritta ed inequivocabile di: “farmi curare”.

Quello della sanità mentale, è noto, è un tema, non da ora, ampiamente utilizzato dai regimi autoritari e totalitari di tutto il mondo e, io, peraltro, non nego di essere in un periodo oltre che particolarmente duro rispetto alla salute (sono in, purtroppo lunga per errori medici, attesa di risultati istologici, come la Cisl e il direttore del Centro Studi Lai sanno perfettamente).
Salute non solo fisica, ma anche, come non potrebbe essere altrimenti, psicologica.
Potrei raccontare anche della fantomatica “scomparsa” della mia iscrizione alla Cisl Firenze Prato, proprio nel giorno della visita di Daniela Fumarola presso il locali della Cisl regionale di Via Dei, o della cancellazione della presentazione del mio libro su Don Milani prevista per il 26 settembre presso i locali della Provincia di Massa Carrara, ma su questo punti, davvero strabilianti, su cui stanno facendo luce i probiviri confederali, scriverò una puntata a parte, dedicata al segretario generale della Cisl Firenze Prato: Fabio Franchi e al segretario regionale della Cisl Toscana Alessandro Beccastrini.

Per concludere: esiste quindi un nesso, almeno ideale, tra la vicenda della Ddr e della Stasi e la Cisl e il Centro Studi Cisl di Firenze di oggi?
Io credo, sinceramente, inequivocabilmente di sì.
L’ho sperimentato sulla mia pelle, sul mio corpo.
Lo credono le centinaia, forse migliaia di persone che mi stanno manifestando solidarietà da ogni parte del mondo, sostenendo, in questo modo, il sindacalismo libero e democratico.
Altro che tradimento!
Aggiungo: lo credono i tantissimi dirigenti e militanti della Cisl che mi raccontano nei dettagli, da ogni parte del Paese, le loro storie di angherie ed epurazioni subite, le ripetute e pervasive lettere anonime ricevute, le pressioni indicibili, esplicitata anche, proprio come nella Germania Est, a livello familiare.

Sto archiviando tutto, siamo davvero in tantissimi/e.
Tutto questo non per odio della Cisl, ma per amore di una “splendida anomalia” del sindacalismo italiano, ormai tristemente, oserei dire, tragicamente, sbiadita.
Forse esizialmente, definitivamente, scomparsa.
Nelle foto: Lutz Eigendorf, calciatore ed esule politico e Marco Lai, laureato in scienze politiche e direttore del Centro Studi Cisl di Firenze

Nessun commento:

Posta un commento