L'ultima volta che Guido Piran, mi ha scritto è stato il giorno del mio compleanno, il 14 di luglio scorso.
Un giorno davvero difficile, forse decisivo in negativo del complesso percorso che, dal maggio 2025, dopo venti anni di impegno, passione e militanza, ha portato alla mia uscita, traumatica, dall'impegno lavorativo in Cisl nazionale.
Io non sapevo nulla della sua grave malattia (pensavo, ed ero palesemente in torto, che fosse uno dei tanti, anche amici più intimi di Guido, che in questi mesi si fosse girato, rispetto a e alla mia vicenda, dall'altra parte).
Guido, in quell'occasione, mi espresse un plauso sincero ed incondizionato per la mia recensione su Il Diario del Lavoro dell'ultimo volume scritto da Sandro Antoniazzi, anche lui, come Guido, ex sindacalista Fim Cisl.
Sapevo, invece, da Sandro stesso, che stava molto male, lo sentivo spesso telefonicamente.
Così, quando ricevetti il volume di Sandro Antoniazzi, lo lessi tutto di un fiato e poi lo ripresi ancora una volta, scrivendone la recensione per la mia rubrica (ora sospesa) su Il Diario del Lavoro.
La "bella battaglia" di Sandro (e di Guido) era un testo bellissimo e Sandro mi scrisse e mi disse, con un filo di voce, proprio quando stavano per portarlo in ambulanza nell'hospice, che era davvero felice di essere riuscito, con la sua nota generosissima ostinazione, a terminare il volume, il suo lascito per la Fim e per la Cisl.
Qui il testo della mia recensione del libro di Sandro Antoniazzi che era tanto piaciuta a Guido Piran:
https://www.ildiariodellavoro.it/chi-e-il-mio-prossimo-gli-occhi-e-lo-sguardo-di-sandro-antoniazziMa oggi, voglio parlare, soprattutto, dopo la sua scomparsa dovuta ad una terribile leucemia, come hanno raccontato i familiari, stretti nel dolore, di Guido Piran.
Ha raccontato di Guido (e della Fim) Bruno Manghi:
"La Fim era free, non faceva gli esami a nessuno, non c’era bisogno di passare attraverso un cursus per arrivare ad essere stimato e valorizzato.
In questo la Fim improvvisava ampiamente, e in qualche caso l’improvvisazione ha anche riservato qualche sorpresa non piacevole.
Racconto un episodio, in cui è coinvolto colui che è stato grande segretario generale del Sicet-Cisl, Guido Piran, che allora lavorava alla Tecnomasio Brown Boveri.
In occasione di un accordo Carniti va davanti alla fabbrica – non si entrava in fabbrica allora – a fare un comizio, non ricordo se a sostegno o contro l’intesa, ma non è questo che interessa.
Fine del comizio, silenzio; a un certo punto si alza questo giovane, che era Piran, e dice di essere d’accordo con quanto aveva detto quel signore che aveva parlato, anche se non lo conosceva.
A fine turno di lavoro, quando Piran esce dalla fabbrica, trova Carniti ad aspettarlo che gli dice: tu devi venire alla Fim… Quando si dice proselitismo!
Si andava a cercare, come i funghi, nei reparti, negli uffici, il ragazzo o la ragazza dall’occhio vivo, coraggioso, e quando lo trovavi gli dicevi: vieni con me. Terra di missione: questo era lo spirito.
Non c’era nessun intermediario, non il Pci, non la Dc, nemmeno la Chiesa…"
Fin dai tempi in cui ero a Roma, in Via Po, nel dipartimento di un altro (ex) fimmino, Giorgio Santini, mi confrontavo spessissimo con Guido Piran.
Dell'attualità, come della storia del sindacato, delle "derive" a destra (almeno per noi...) della linea sindacale e politica di Raffaele Bonanni, così come della storia, bellissima, ricca, plurale, sussidiaria, delle 150 ore per il diritto allo studio a Milano che io avevo studiato e descritto nel volume che avevo dedicato a questa straordinaria esperienza sindacale di ri-negoziazione contrattuale della "risorsa tempo".
Ammetto (sono fatto così) che, talvolta, provocavo un po' Guido, sul fatto che non intervenisse, quasi mai, in Esecutivo confederale (allora gli operatori potevano assistere, a differenza di oggi, , come è logico e come avviene in tutti i sindacati europei, sia agli Esecutivi che ai Consigli Generali...).
Guido brontolava e mi rispondeva: "tanto a noi del Sicet, che ci occupiamo, con passione ed impegno, degli "sfigati" che spesso perdono la casa e la dignità, non ci ascolta nessuno". (se devo essere sincero il verbo usato non era proprio quello che, pudicamente, ho riportato...)
Guido era, però, contento che fossi enormemente interessato alla storia e all'attualità dei diritti per la lotta alla casa e del contrasto, a partire dai contesti metropolitani di Milano, Torino e Roma, all'emergenza abitativa.
Una storia che ha avuto, e ha ancora, nel Sicet (fondato congiuntamente da Acli e Cisl) a Milano un suo fulcro importante.
Guido mi diceva, sempre: "vedrai Francesco, io sono quasi a fine corsa, ma noi del Sicet, abbiamo uno davvero bravo, viene da Brescia, si chiama Fabrizio Esposito" (l'attuale segretario generale Sicet, successore, non diretto, proprio di Guido Piran). Per ora fa il vice, ma ho ottenuto, per dare un futuro all'organizzazione che sarà lui, fra un po', il mio vero successore. Fabrizio è anche uno coraggioso, vedrai..."
Devo dire che non posso che concordare sul giudizio di Guido rispetto al suo "pupillo".
Fabrizio è bravo e coraggioso, è gli sfigati, i quasi diseredati, hanno trovato, "donmilanamente" nella Cisl, qualcuno, come Fabrizio, che si occupa e si prende cura di loro con passione e competenza, anzi che lotta insieme a loro, nonostante qualche pubblico rimbrotto congressuale confederale di troppo ricevuto.
Chiudo gli occhi, così spesso pieni di lacrime in queste settimane, e penso agli occhi curiosi e mai proni di Sandro, ai baffi ostinati e un po' desueti di Guido.
Penso a quello che Carniti definiva in una sua pubblicazione il: "tempo della Speranza".
Quello in cui, anche io, non tanto tempo fa associavo ancora la Fim (oggi, anche per me, "Fu Impresa Memorabile") al sogno e alla visione, all'inveramento, attraverso la contrattazione di fabbrica, dei valori originari, meglio, più concretamente delle "idee forza" (come preferiva dire Pippo Morelli) della Cisl.
Due giorni fa ho scritto, tra gli altri, a Roberto Benaglia, ex segretario generale nazionale Fim, lombardo come Sandro e Guido, attuale Presidente della Fondazione Pierre Carniti.
Ero colpito, ferito dal silenzio della Fim, non solo sulla mia vicenda. Anzi, proprio su un'altra, dolorosissima e interna.
Non pretendevo un sostegno aprioristico, ma solo un segno, magari timido, di quella testimonianza viva di libertà, quell'"albero vivo che spacca la roccia", per usare parole di un altro segretario generale Fim, Franco Bentivogli, riprese recentemente da un altro fimmino, Ambrogio Brenna, nel titolo della sua splendida autobiografia, che è stata, indubbiamente, la Fim Cisl.
Organizzazione non solo di grandi uomini, ma anche di splendide, competenti e appassionate sindacaliste, cito, una per tutte, a proposito di 150 ore, Paola Piva.
Insomma a Benaglia e ad altri, con cui ho collaborato una vita, scrivevo, privatamente, proprio due giorni fa che oggi, pensando alla mia, ma soprattutto ad altra vicenda, avvenuta proprio nella mia città, a non paragonare la "Fim all'Inferno".
E' una mia opinione, può essere, anzi nel rispetto di tanti sindacalisti e sindacaliste che si impegnano ogni giorno nei luoghi di lavoro, è probabilmente sbagliata, eccessiva, definitiva.
Mi aspettavo, in risposta, un rimprovero, una tirata d'orecchi, magari qualche giustificato insulto.
Non mi aspettavo l'aridità e il DESERTO improduttivo del SILENZIO.
Non voletemene Sandro e Guido.
Nel vostro solco, con tutti i limiti, provo, proviamo a continuare camminare...
Perchè il sindacato, come ci diceva Pierre, "è cosa impossibile da dire", bisogna viverlo, testimoniarlo, amarlo, portarlo nel proprio cuore e nel proprio sangue e, attraverso il proprio corpo, sentirlo, vivo, nell'anima.
Pane e Rose, Poesia e Prosa, Ideali e Interessi, Bisogni Concreti e Aspirazioni desideranti.
A partire dagli ultimi, dai senza casa, dalle baraccopoli di Mumbai o di Antananarivo, ma anche da quelle romane. che spesso è facile, imborghesiti, dimenticare.
Ma soprattutto, come ci ricorda sempre Bruno Manghi, anche attraverso la formazione, il sindacato (la Fim Cisl? la Cisl?) è un tentativo, imperfetto, per carità, di una ostinata e mai sopprimibile: "pratica condivisa di libertà e liberazione".
Il sindacato (la Fim?, la Cisl) è, non può non essere/rappresentare un'"INFRASTRUTTURA SOCIALE DI SPERANZA", come lo definì Giorgio Santini nel consiglio generale nazionale Cisl che lo elesse segretario generale aggiunto confederale.
Aggiungo io, in questi tempi sfrangiati e in questa giornata particolare, un'"INFRASTRUTTURA SOCIALE DI NONVIOLENZA E DI PACE".
Nessuno, nessuno potrà mai, Sandro, Guido, Pierre, ve lo prometto, ve lo promettiAMO, calpestare i nostri sogni.
Nessuno/a potrà calpestare il nostro sogno, concreto e "sveglio", come ci avete insegnato, di fare, essere sindacato.
Di fare, meglio, essere/tessere: "GIUSTIZIA INSIEME".
Francesco Lauria

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