lunedì 29 dicembre 2025

GLI INADEGUATI. UN'OMBRA NELLA NOTTE SCURA DI FIRENZE. RACCONTATE LA MIA STORIA. RACCONTATE...

San Felice e Piteccio sono i due comuni della collina pistoiese che si incontrano passata, o meglio sfiorata, la frazione di Pistoia in cui ho vissuto molti anni, Gello, dove ho abitato la casa nata dalla trasformazione urbanistica degli uffici del vecchio stabilimento Permaflex cui si affiancava l'abitazione della famiglia prima proprietaria dell'azienda: i Pofferi.

Una famiglia così importante da dare il nome alla frazione della frazione e da essere citata, proprio con la scritta, nei dipinti della Chiesa di Gello.

E' un luogo in cui, segretamente, si sono giocate alcune vicende oscure della storia del nostro Paese e della loggia massonica P2, tanto che ho fatto in tempo a gestire alcune questioni sull'abitabilità della casa con il geometra Osvaldo Gori, numero 50, dell'ordine di Pistoia, allora novantenne, amico fraterno del venerabile Licio Gelli, fin da quando lo aveva salvato dalla quasi certa fucilazione dei partigiani.

Il nome di Osvaldo Gori viene peraltro citato nelle carte del processo sulla bomba fatta scoppiare sul treno Italicus.

Tornando a noi ero proprio nel verde tra San Felice e Piteccio, consumato un veloce pasto al circolo di quest'ultimo paese, penultimo avamposto di socialità post comunista del territorio (c'è un bel circolo anche a San Felice che, il sabato fa un'ottima ed economica pizza, mentre il circolo di Gello, ironia della storia si è trasformato nella "bianca" Misericordia) quando ho deciso, alle 12.22, di anticipare il mio viaggio verso Firenze Sud.

Lì avrei incontrato mio figlio Jacopo che avrebbe gareggiato di nuovo nella velocità e non nel mezzofondo in una piscina del capoluogo toscano.

Firenze.

Firenze Sud.

Per anni luogo di lavoro e missione, sogni, incontri, progetti, apertura sul mondo.

Ora ricordo lontano di sofferenza e menzogna, silenzio e mendace complicità.

Vabbè pazienza, non mi dirigerò verso il Centro Studi Cisl, mi dico.

E così faccio.

La meta è il Conventino.

Un luogo che non conoscevo e che mi viene proposto da un'amica, indigena fiorentina.

Un luogo splendido, dove tra chiostri e pianoforti, libri e ottimi piatti, sole d'inverno con tanto di sdraio verdi si entra in un'alternativa dimensione del tempo.

Io che sono tarato sul traffico dell'A11 e, talvolta, anche del pezzo supplementare di A1, calcolo male i tempi e, domenicalmente, arrivo con un anticipo sconsiderato ed abbondante.

Poco male.

C'è uno spazio edicola interessantissimo, colmo di riviste, ma, soprattutto di libri: romanzi, saggi, arte, viaggi...

Mi rendo conto che molti libri sono stati presentati al Conventino e sono tutti, o quasi, firmati dagli autori.

Ne scelgo uno, quasi a caso.

Copertina nera e un titolo: "Gli inadeguati", di Cosimo Calamini.

Sottotitolo, non del tutto veritiero, "Romanzo".

Comincio a leggerlo prima che arrivi la mia ex collega, mi interrompo, ma faccio in tempo ad appassionarmi sia alla storia, quella della morte violenta di Riccardo Magherini, a San Frediano (Fi) nel 2014, che al narratore che, poi, è l'autore, in crisi esistenziale da risolvere, del libro.

Con delicatezza e cura, pluralità di linguaggi (poesia, cinema, canzoni) e apertura quasi onirica, Cosimo Calamini ci racconta una storia crudelmente e cruentemente vera.

Ci racconta gli abissi del successo e il restare nel fallimento, per poi fuggire, dall'umano e dal divino, dall'amico che ti tende l'abbraccio di sempre, ma che, questa volta, non si sa cogliere appieno.

Una grande promessa del calcio, le donne, tante, tantissime donne (e un uomo, Riccardo, sospeso tra Don Giovanni e Kirkegaard) e poi la discesa, l'infortunio non risolvibile, la fuga in Australia, non agli inferi, ma quasi, sempre ai margini di una caduta definitiva, complice l'intervento dissennato (anche se c'è una sentenza della Cassazione di assoluzione, dopo le condanne in primo e secondo grado) di due pattuglie dei carabinieri.

C'è un uomo terra, un grido nella notte di Firenze.

2 marzo 2014.

Ombre scure sopra quell'uomo.

Un quartiere osserva. Non capisce. Forse.

Se l'è cercata, bischero, era anche fatto di cocaina!

No. Non se la è cercata. Aveva un bimbo di due anni. Brando.

Piuttosto: "Il posto sbagliato, nel momento (della vita?) sbagliato".

"Raccontate la mia storia" avrebbe detto Riccardo, ex calciatore della Fiorentina, bomber assoluto, prima del silenzio, prima del non respiro, della morte.

Riccardo è anche quello che ha segnato, da bambino, ad un bravissimo portiere.

Quel portiere è proprio Cosimo Calamini.

Mi rimane una frase del libro scolpita dentro.

Mentre penso alla mia prossima puntata al Conventino. 

Al prossimo libro.

"Al vostro amore unite la coscienza del vostro amore".

che possiamo, Calamini è il primo a proporlo, allargare così:

"Alla vostra vita unite la coscienza della vostra vita".

E' un monito.

Ma arriva alla fine del racconto, con la poesia del poeta,

non all'inizio.

Sapendo bene che siamo e rimaniamo tutti: "Inadeguati".

Come Riccardo.

Come Cosimo.

Come me.

Francesco Lauria

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