Soprattutto nel corso degli ultimi dieci anni, in particolare da quando nel paese parmense di Langhirano (si, quello dei prosciutti…) mi è stato conferito per il mio libro, “Sapere, Libertà, Mondo. La strada di Pippo Morelli”, il premio letterario: “Sapori del giallo” (si c’è anche una sezione di saggistica…) ho approfondito, talvolta anche con i corsisti presso il Centro Studi Nazionale Cisl di Firenze, il percorso, importantissimo, della democratizzazione e della sindacalizzazione della polizia in Italia.
Il premio, mi è stato consegnato da Luigi Notari, figura significativa, a livello nazionale, proprio di questo percorso di estensione della cultura democratica nel nostro paese.
Un percorso, patrocinato, forse più che dalle confederazioni, dall’Flm (il potente sindacato unitario dei lavoratori e delle lavoratrici metalmeccanici/che) e che si sviluppò, curiosamente, in parallelo con la sindacalizzazione dei calciatori.
Una sindacalizzazione, quella dei calciatori, anch’essa, almeno all’inizio, in rapporto, in questo caso, in particolare con
la Federazione Cgil Cisl e Uil, ma che vide Gianni Rivera e soci, intraprendere
ad un certo punto, anche comprensibilmente, percorsi del tutto extraconfederali.
Tornando alla polizia,
e all’uscita dai difficili anni Settanta del Novecento, contrassegnati, come
ben ricordano nel loro bellissimo spettacolo teatrale Mario Calabresi,
Benedetta Tobagi e Sara Poma, da “terrore e diritti”, il percorso che ha
portato alla nascita del Siulp e al ribaltamento della legge che vietava, in
Italia, la sindacalizzazione della polizia, è stato non facile, ma democraticamente
importantissimo.
Come ha ben rilevato Michele Ainis in un suo testo sul sindacato che affronta la questione della sindacalizzazione democratica e della smilitarizzazione della polizia, (“Sindacati, autonomia, imparzialità”):
“Lo Stato, diceva Max Weber, ha il monopolio della forza legittima. Ma in democrazia deve usare la forza per garantire le libertà dei cittadini, non certo per opprimerli. E questo il lascito del costituzionalismo, inaugurato dalle Carte rivoluzionarie di fine Settecento. Da qui, allora, una domanda: come può la macchina statale proteggere i diritti, se non li riconosce al proprio interno?
La risposta si trova scritta nella legge 1 aprile 1981, n.
121, che ha avviato il processo di democratizzazione della Polizia di Stato.
Attuando, sia pure con trent'anni di ritardo, un principio costituzionale.
"L'organizzazione sindacale è libera", dichiara infatti l'articolo 39
della Carta repubblicana. Ma in precedenza i sindacati, nel cuore pulsante
dello Stato, non erano liberi, bensì vietati. Ora non più: l'articolo 82 di
questa legge enuncia i diritti sindacali delle Forze di polizia».
Nel corso degli Anni '70 sull'onda della crescente sindacalizzazione della società italiana, scrive ancora Ainis - i movimenti democratici rivendicativi di spazi di libertà finirono per coinvolgere anche le forze armate e, in particolare modo, la Polizia per la quale si richiedeva oltre alla smilitarizzazione, anche il riconoscimento della rappresentanza sindacale.
Sotto questo punto di vista la legge 121 ha rappresentato davvero ulteriore tassello nel processo di democratizzazione dell'Italia: fino a quel momento, infatti, il sindacato restava escluso del tutto dalla struttura militare della pubblica sicurezza.
«L'importante riconoscimento della libertà sindacale per il personale della Polizia di Stato – affermava il prefetto Carlo Mosca - si fonda sulla pluralità di organizzazioni sindacali dirette e rappresentate da personale di polizia in servizio o in quiescenza, organizzazioni che tutelano gli interessi degli operatori di polizia senza interferire nella direzione dei servizi o nei compiti operativi».
La sindacalizzazione
nella Polizia di Stato italiana è oggi un fenomeno consolidato, che nato,
appunto, ufficialmente con la Legge 121/1981, ha esteso i diritti sindacali
agli agenti, prima vietati, trasformandoli in lavoratori con diritti.
L’Italia, che ha subito
procedure di infrazione da parte dell’Unione Europea, è, invece, molto, molto
indietro rispetto al percorso della sindacalizzazione dell’esercito e dei militari in generale, diffusa sostanzialmente in tutti i paesi europei.
Le sigle oggi sono
numerose, ma il sindacato storico e, almeno all’inizio quasi unitario delle
forze di polizia è sempre stato il Siulp, firmatario, con il Ministro dell’Interno
Oscar Luigi Scalfaro, del primo contratto nazionale delle forze di polizia,
siglato il 15 dicembre 1982.
Nel tempo il quadro si
è frammentato, ha preso forza il Sap (legato al mondo del centro destra, ma
anche a un “sindacalismo senza privilegi”), e dal Siulp si è avuta una
scissione negli anni Novanta, con la nascita del Silp-Cgil.
Pur se con percorsi
inevitabilmente autonomi (legati anche alla legislazione sul punto) è
inevitabile riconoscere che, ormai da circa trent’anni, il Siulp si riconosce ed è,
pur non del tutto formalmente, una federazione di categoria della Cisl.
Pur rimanendo un garantista (ma bisogna sempre anche distinguere tra responsabilità penali e storture politico-sindacali) leggere quanto avvenuto a Felice Romano, storico leader e segretario generale del Siulp in queste settimane con le inchieste e i provvedimenti restrittivi che lo riguardano mi ha messo enorme tristezza.
Ricordo, ormai dieci anni fa,
miei amici poliziotti, operativi sul campo, ma esponenti di altro sindacato (di
centro destra appunto), che mi sottolineavano: “Lo conosciamo tutti Felice
Romano, ha trasformato un glorioso sindacato, in un grande patronato, in cui ci
si iscrive per avere, non per forza illegittimamente, qualcosa in cambio”.
Proprio quella “grande famiglia”
che, con un’accezione, sinceramente piuttosto brutta, Romano descrive nelle
intercettazioni che sono state diffuse nell’ambito dell’inchiesta.
Certo gli ingredienti,
quando il Corriere della Sera di Roma (non la rivista dei Tupac Amaru) titola: Concorsopoli
nella polizia di Stato: buoni da Bulgari e viaggi in Spagna per favorire gli
accessi al Corpo. Indagati il segretario generale del Siulp e la moglie medico
| Corriere.it o altri media rincarano la dose con: Viaggi
e gioielli per superare il concorso in polizia. Così si diventa agenti con il
sindacato "amico" per distruggere, demolire qualsiasi fiducia nel
sindacato (e in un così importante e glorioso sindacato) ci sono tutti.
Mi auguro, anche se,
sinceramente ho parecchie perplessità, che Felice Romano, la moglie e la
dirigenza tutta del Siulp sappiano confutare legalmente le tesi accusatorie, ma
quello che emerge è comunque un quadro davvero grave, soprattutto per la
pervasiva collusione con il potere.
Un sindacato che si
sostituisce allo Stato, compie il processo inverso, in generale, ma ancor di
più nell’ambito delle forze di polizia, per cui è nato, con tanti sacrifici,
con tanta visione, schivando le pallottole dei terroristi di destra e di
sinistra e gli esplosivi della criminalità organizzata.
Anche le notizie di stampa che mi
parlano di un Siulp che, con azioni funamboliche, dribbla i provvedimenti
restrittivi comminati ai propri dirigenti, rappresentano un quadro, da un lato
di paradossale e possibile illegalità, dall’altro di profonda arroganza del
potere, dell’idea di impunibilità assoluta che io ho riscontrato, in molti
dirigenti della Cisl, in primis nella mia, ma anche in altrui vicende.
Proprio per questo, in tanti
e in tante, ci ritroveremo a Firenze, sabato 31 gennaio, per: “Rigenerare
democrazia”, a partire dalla crisi, direi “costituzionale” dei corpi intermedi,
a partire da una partecipazione falcidiata da logiche perverse e corrotte di
dominio.
Iscrivetevi, abbiate coraggio, venite a
Firenze, sulla strada per Fiesole e Barbiana: sarà un’assemblea aperta, in cui,
come diceva Pierre Carniti, “sognare da svegli” e, soprattutto, sulla scia di
Don Lorenzo Milani: “prendere parola”.
Tutte le informazioni, il programma e il link di iscrizione li trovate qui:
e qui:
https://sindacalmente.org/content/a-firenze-il-31-gennaio/
Francesco Lauria

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