venerdì 19 dicembre 2025

CISL SOTTO ESAME: CRISI DI AUTONOMIA, ECLISSE DEL PLURALISMO E DERIVA POLITICA

Dal riformismo autonomo al collateralismo di governo: la crisi culturale di un grande sindacato che ha smesso di pensarsi come soggetto critico e plurale nel conflitto sociale e democratico.

https://ildomaniditalia.eu/cisl-sotto-esame-crisi-di-autonomia-eclisse-del-pluralismo-e-deriva-politica/

La crisi culturale e politica della Cisl è sotto gli occhi di tutti. Un grande sindacato, che nasce fondato sulla cultura dell’autonomia, del contrattualismo e del riformismo, è da alcuni anni collocato su di una deriva che scivola a destra, in un sostanziale collateralismo mascherato del governo della destra post missina.

Lassenza di dibattito e la tentazione del potere

Non c’è più dibattito interno perché l’intero gruppo dirigente sembra come abbagliato da quella confusa cultura sociale di matrice rautiana che ispira la nostra destra di governo, ma in realtà è più chiaramente forse attratto dalla lusinga del potere, come dimostra la parabola del precedente segretario generale divenuto improvvisamente sottosegretario del governo Meloni per meriti sul campo. È oggi impossibile sfuggire alla sensazione che anche l’attuale vertice dell’organizzazione stia lavorando per garantirsi un seggio parlamentare fra 2 anni.

Il patto sociale” come foglia di fico

La proposta di un patto sociale lanciata nei giorni scorsi sembra l’ennesima foglia di fico per nascondere una totale mancanza di guida, di strategia, di ispirazione. È una proposta lanciata nel vuoto, senza adeguati contenuti, senza un percorso di reale dialogo, anzi ostentando la massima distanza possibile dalla CGIL, il maggior sindacato del paese. Senza un coinvolgimento anche minimo della UIL come in altre fasi è pure avvenuto.

Per parlare di concertazione bisogna anzitutto condividere una analisi comune con le altre maggiori parti sociali, dell’impresa e del lavoro. Oggi anche la Confindustria ha una posizione più autonoma da questo governo, il che è davvero paradossale.

La manovra di bilancio e ladesione acritica

La manovra di bilancio, del tutto priva di ogni visione socio-economica e di azioni riformatrici, è solo tesa a razionalizzare i conti pubblici, per ottenere fra pochi mesi da Bruxelles il via libera a spendere in grave ritardo quasi il 50% delle risorse del PNR ancora congelate per grave inefficienza del governo e incapacità di accelerare i procedimenti di spesa pubblica a tutti i livelli.

Questo dicono i dati, malgrado la incessante propaganda di regime. Ed anche per accantonare un tesoretto da mettere in bilancio nel prossimo anno elettorale, e promettere di spendere, salvo poi realizzare assai poco.

E la Cisl che dice?

E la Cisl che dice? Dice che, tutto sommato, non si tratta di una cattiva legge di bilancio, perché migliora il trattamento fiscale del ceto medio, anche di tutti coloro che hanno un reddito superiore ai 60 mila euro. Dice che con altri piccoli ritocchi potrebbe quasi essere perfetta. Non ci si può credere, eppure è così.

La rappresentazione irreale del lavoro

Basta leggere ciò che è scritto poi, sui siti ufficiali dell’organizzazione riguardo al mercato del lavoro. A via Po ascoltano la propaganda di Tele-Meloni e si autoconvincono. Una situazione quasi rosea, nella quale non esiste la condizione penosa di migliaia e migliaia di giovani del Sud che, dopo studi brillanti, sono costretti ad emigrare all’estero; dove non esistono alcuni milioni di lavoratori sottopagati e dove, invece di battersi per un salario minimo, ci si trincera dietro il simulacro dell’autonomia della contrattazione, che la Cisl di oggi difende per principio anche quando le parti sottoscrivono accordi indecorosi, specie per la debolezza del sindacato, in molti settori di lavoro non qualificato.

Quando la Cisl era una scuola di pensiero

Un tempo la Cisl disponeva del miglior centro studi sindacale, dove hanno lavorato e sono cresciute figure come Tiziano Treu o Ezio Tarantelli, Guido Baglioni o Pietro Merli Brandini. La Cisl di Mario Romani e Giulio Pastore ha imposto alla politica gli accordi contrattuali come fonte normativa primaria nel diritto del lavoro e dell’economia.

Oggi cosa c’è di tutto questo? Neanche un vago ricordo.

Il pluralismo perduto

Un tempo la Cisl assicurava un permanente pluralismo interno, di ispirazioni e di culture. E in questo confronto-laboratorio in costante riflessione si esprimevano sindacalisti come Pierre Carniti o Franco Marini, Luigi Macario o Franco Bentivogli, Eraldo Crea o Sergio D’Antoni. Democratici cristiani, cristiano-sociali, socialisti riformisti, tutti fermamente antifascisti, con la schiena dritta e mai inclini verso la destra postfascista ingrassata con i denari di Berlusconi.

Oggi il gruppo dirigente appare grigiamente omogeneo, incapace del minimo dibattito interno ed esterno.

Ripensare il sindacato, il lavoro, il futuro

Il sindacato oggi è molto debole nel nostro Paese e in tutto l’Occidente. È necessario lavorare per riaprire il dialogo e il confronto con tutte le principali organizzazioni nel paese e in Europa. È necessario pensare al lavoro del futuro, alle nuove tecnologie che, se ben gestite, possono portare sviluppo e benessere.

È necessario pensare alla integrazione di milioni di stranieri per tutti quei lavori che i nostri giovani non vogliono più fare. È necessario ripensare la scuola perché si rafforzi come spazio essenziale per l’educazione civile e la formazione critica. È urgente ripensare al modello di welfare, per accrescere le responsabilità di ciascuno e realizzare una effettiva universalità delle prestazioni.

Serve una Cisl allaltezza della propria storia

Servirebbe, per tutto questo, davvero una Cisl consapevole della propria straordinaria storia, capace, ad esempio, di riunire i migliori giovani studiosi ed elaborare nuove idee e proposte, scevra da penosi servaggi politici.

Servirebbe, ad esempio, che la Fondazione Franco Marini non fosse solo una targa per coprire le vergogne, ma si animasse di lavoro intellettuale e organizzativo per sostenere una ripartenza consapevole.

"MARIA" E IL LAVORO NERO. IL LABORATORIO DEGLI ORRORI E QUELLO DELLA COMPLICE INDIFFERENZA

 Foto da Il Tirreno

Montecatini: ho scelto di linkare l'articolo del Tirreno e non quello della Nazione, perchè il titolo di quest'ultimo, più diffuso giornale nella provincia di Pistoia, recitava: "Caporalato made in Cina".

Invece no. Troppo semplice.

Vi consiglio, invece, di leggere attentamente, l'articolo è ben scritto e molto puntuale il Tirreno:

https://www.iltirreno.it/montecatini/cronaca/2025/12/18/news/turni-da-14-ore-dita-amputate-e-letti-in-fabbrica-scoperto-in-toscana-il-laboratorio-degli-orrori-la-lavoratrice-che-ha-denunciato-tutto-1.100806752

Visto che sono fresco di corsi deontologici dell'ordine dei giornalisti userò un nome di fantasia: Maria.

Un nome non casuale, mi si conceda, in questo tempo ormai prossimo al Natale.

Ho pensato questa mattina, mentre, comodo, al caldo, anzi mangiandomi una pizzetta, alla tanta, tantissima indifferenza che incontro.

Indifferenza su di me, ovviamente, si vive tutto prima quello che ci accade in prima persona, ma indifferenza, direi, in generale.

Anche su noi stessi.

Torniamo a: "Maria".

Me lo sono immaginato il: "laboratorio degli orrori", così ben descritto nell'articolo.

Certo, in questo caso, e non siamo nemmeno a Prato: cinese.

Cinese come Maria. Carnefici e vittime.

Indifferenza e coraggio.

Ho pensato a quel dito mozzato.

Ad una donna abbandonata a se stessa al pronto soccorso.

Al freddo.

Tra una folla di volti non conosciuti.

Senza parlare bene, forse, la lingua italiana.

Ma, a volte, anche noi che ci siamo nati con la lingua italiana, le parole non le troviamo.

Non le troviamo di fronte alla menzogna che copre molestie e violenza nei luoghi di lavoro.

Non le troviamo di fronte ai laboratori dell'orrore che, tutti, tutti sanno, tutti sappiamo dove sono.

Non le troviamo quando compriamo una maglietta online a sette euro senza spese di spedizione, dall'altra parte del mondo, e non ci chiediamo da dove viene, chi la ha prodotta, con quale catena di fornitura e del valore è stata confezionata, in che modo arriva nelle nostre case.

Non le troviamo, non le abbiamo trovate, nemmeno di fronte all'immondo: "scudo per le imprese italiane della moda", così immondo che, perfino questa maggioranza di governo, per ora, non se la è sentita e lo ha ritirato.

Ecco, io di fronte al coraggio di "Maria" la parole, invece, le trovo.

Occorrerebbe, tra Prato e Montecatini una grande inchiesta: sul lavoro nero, sull'economia del lavoro nero e del "terzismo", sull'intreccio tra malavita italiana, russa e cinese, su condizioni di lavoro che si vivono nel capitalismo dello scarto, da ben prima dell'immigrazione cinese.

Troppo facile.

Poi certo, c'è anche, chi lo nega, un problema/tema specifico relativo alla comunità cinese che riguarda molti aspetti: il lavoro, la legalità in generale, la reciproca integrazione, la scuola, i giovani, gli anziani, etc.

Mi sono occupato, anche a livello apicale, nazionale ed europeo, e per decenni, di lavoro sommerso, di emersione, di "cabine di regie", "sinergia tra gli ispettori", "banche dati", cooperazione transfrontaliera, etc. etc. etc.

Il lavoro nero è un po' come la salute e sicurezza sul lavoro: tante parole, spesso di circostanza, e pochi, pochissimi fatti.

Perchè, purtroppo, il lavoro nero, nell'economia turbocapitalista dello scarto conviene. 

A tutti, tranne che ai lavoratori e alle lavoratrici, agli sfruttati invisibili del mercato selvaggio, locale e globale.

Dove è la rappresentanza?

Dove si tocca con mano la democrazia?

Che ne è della nostra Costituzione?

Io, sinceramente, di rappresentanza, democrazia e Costituzione, tra Prato e Montecatini, passando per Pistoia, vedo poco. 

Pochissimo. Quasi nulla.

Vedo l'orrore della complice indifferenza.

E poi vedo "Maria".

Il coraggio di una donna.

Cinese.

Un coraggio che ci insegna e che va ascoltato, respirato, sostenuto, amato.

Tiriamoci su le maniche, non fa nemmeno tanto freddo, c'è il riscaldamento globale.

Studiamo il percorso del tessile, dall'origine, fino agli smaltimenti illegali e nocivi, per tutti e per tutte.

Per i nostri figli e i nostri nipoti.

Tiriamoci su le maniche, riapriamo spazi di democrazia e rappresentanza.

Non è facile, anzi è parecchio difficile, complesso, per carità.

Un'utopia, tra Prato e Montecatini, passando per Pistoia, si direbbe.

Ma l'utopia, c'è chi ha scritto, ben prima di me:

"E' il cammino, l'orizzonte quotidiano che compiamo e osserviamo per raggiungerla".

Riaccendiamo la luce nel buio.

Torniamo a riscoprire il coraggio di guardare le stelle.

Torniamo a incontrare, a parlare, in qualsiasi lingua, un dialogo di pace e dignità con "Maria".

Non solo a Montecatini. Non solo a Prato. Non solo a Pistoia.

Francesco Lauria

mercoledì 17 dicembre 2025

IL BUIO, LA LUCE, LA STRADA: DI COSA SONO GRATO A ONOFRIO ROTA (EX SEGRETARIO GENERALE FAI CISL NAZIONALE)

 "(...) Per aprire feritoie nella notte che ci aspetta dobbiamo rischiare di essere pronti al fallimento e percorrere direzioni ostinate e contrarie."                        

Così scrive Guido Maria Brera nell'introduzione a: "La mossa numero 37" , Volume N.1, Chora Media, quadrimestrale diretto da Mario Calabresi.

Pensavo di scrivere un lungo post, anche in parte tecnico, sulla reggenza della Fai Cisl nazionale, decisa ieri, dopo le dimissioni da segretario generale di Onofrio Rota.

Preferisco, invece, un altro approccio.

Con Onofrio, alcuni mesi fa, ho svolto una lunga intervista, forse la seconda più lunga, di quelle che ho realizzato per il mio ultimo, "vituperato", "maledetto" libro: "Prospettive Sindacali".

No, non credo, su questo dissento con alcuni amici, che i sette anni di Onofrio a guida della Fai Cisl, siano stati "solo cinema", con i limiti che abbiamo tutti, lui si è, senza dubbio, impegnato, speso molto.

Incontrare i ghetti, la multireligiosità, la morte senza nome di una donna, la prigionia dei pescatori, i luoghi recuperati, non è stato cinema, anzi, è stato, davvero: "un atomo di verità", ovviamente, insieme, all'azione contrattuale, senza la quale un sindacato cessa di esistere come tale.

Peraltro se, come l'ex segretario generale Fai, affermava nella mia (nostra) intervista contenuta nel libro, la federazione di categoria ha al suo interno 150 nazionalità e 56.000 iscritti immigrati su 124.000, da un lato non può che sperimentare linguaggi diversi (l'ho imparato come formatore europeo e multiculturale in contesti, appunto, plurilinguistici) dall'altro non può che essere attenta alle frontiere, ai confini, alle fragilità e, come diceva Onofrio nell'interlocuzione con me, alla "prossimità".

Quando Onofrio Rota, (forse troppo in solitudine, ma quando si perde il potere ci si ritrova sempre soli, ex post) ha scelto di portare la raffigurazione del pianeta: "Gaia" allo spazio recuperato dell'ex scalo merci "Dumbo" durante il congresso nazionale di Bologna, ha scelto, coraggiosamente mentre il mondo e l'Europa stanno follemente andando in direzione ostinata e contraria, la bandiera della sostenibilità che: "alimenta il futuro".

 

Continuava Onofrio nella conversazione, con parole opportune che io condivido al 101%:

"Io dico sempre al nostro gruppo dirigente: ero abituato a fare dieci ore di assemblee nei luoghi di lavoro e non erano soltanto per il contratto, non erano soltanto per i turni, non erano soltanto per i premi di produzione, ma si entrava nei luoghi di lavoro anche per spiegare i cambiamenti sociali che la società vive. Oggi il ruolo del sindacato nuovo che voleva Pastore è proprio quello anche di emancipare il mondo del lavoro, avvicinarlo e connetterlo ai profondi cambiamenti che si vivono e che non vanno subiti. Non soltanto dentro i luoghi di lavoro, ma anche al di fuori"

Ho sempre apprezzato anche la sua conclusione del nostro scambio:

"Oggi il progresso, il benessere che vogliamo così tanto che sia diffuso, che venga bene ridistribuito, ha bisogno di una visione globale; non si possono rincorrere soltanto gli appetiti dei particolarismi, perderemmo di vista i grandi e profondi cambiamenti che stanno aumentando le disuguaglianze non solo nel nostro Paese. Si muore meno di fame però c’è sempre più gente che vive troppo bene rispetto a chi vive invece con limiti oggettivi".

Qualche tempo fa, dopo le mie dimissioni dalla Cisl da iscritto e la conseguente rinuncia dei procedimenti presso i probiviri che avevo intentato (anche contro Onofrio Rota), su un celebre e famigerato, quanto il mio ultimo libro, blog, è stato pubblicato un articolo che mi ha commosso e compreso fin dentro nell'anima.

Un articolo scritto da una persona che ha sempre fatto parte della Fai Cisl e ne ha formato centinaia di dirigenti, alcuni/e, lo sto sperimentando, di uno spessore sindacale e umano unici.

L'articolo, intitolato: "Le organizzazioni non perdono mai", si può leggere qui: 

https://www.il9marzo.it/?p=10861

In quel testo si parla della contrapposizione non scontata, ma frequente, tra persone e organizzazione.

Di come l'organizzazione, la "cosa", se dimentica le persone che, in realtà, dovrebbero essere ragione di vita e di senso, di poesia e prosa, di concretezza e sogno, non ha pertanto ragione di esistere se non nella stupidità e, a volte, nella violenza.

Ho chiesto e mi sono chiesto: che cosa ci spinge a credere ancora nel sindacato? (comunque lo si chiami, qualunque sia la sua sigla, il suo "brand"...)

Come sempre non ho trovato la risposta dentro di me, ma in un dialogo prezioso, illuminante (nel vero senso della parola).

Coerentemente con quanto affermava Rota (e pazienza se con me non è stato coerente, tutti facciamo errori nella vita) il sindacato non può che esistere nelle persone: nei loro occhi, nei loro sguardi, nei loro bisogni, nelle risposte, non solo individuali, ai bisogni.

Ma anche nelle aspirazioni, nel desiderio di dignità e condivisione.

Di  essere, non solo di fare, comunità educante.

Insomma nel mio dialogo mattutino la risposta è stata semplice e vera: "Continuo a credere nel mio stare nel sindacato - ho ascoltato - perchè mi sento utile CON le persone. Basta una luce che accenda il buio. Anche una".

No, non solo parole mie. Sono parole-dono.

Parole vissute, non enunciate.

Sono, poi, grato a Onofrio Rota anche di un'altra cosa.

Di aver valorizzato estremamente, anche qui in direzione ostinata e contraria, le riviste della Fai Cisl e l'archivio storico.

Ho scritto spesso, ma sono legato in particolare ad un articolo in cui parlavo del sindacalista dei braccianti chicani Cesar Chavez.

Delle lotte contrattuali contro le multinazionali dell'uva californiana, ma anche dei computer, per il sostegno alla ricerca di lavoro, nel deserto dell'Arizona alla fine degli anni Settanta (si non avete letto male, gli anni Settanta del Novecento, anno uno era Carniti, per la Cisl...)

Di quel grido: "Si se puede!", fatto proprio decenni dopo, in lingua inglese, da Barack Obama, che veniva dallo stesso orizzonte culturale e associativo, di Chavez, avendo praticato, negli anni Ottanta, il volontariato come avvocato di strada a Chicago.

Sono grato ad Onofrio e a tutta la Fai per aver tramandato questa storia di un "leader sindacale", scomparso all'inizio degli anni Novanta del secolo scorso che ha ancora tanto da insegnarci.

Sulle lotte nonviolente, ad esempio.

Sulle marce dei diritti, oppure sui boicottaggi, anche di dimensione internazionale, che coinvolgono negozianti e cittadini.

Sul modo di cambiare, radicalmente il potere, anche senza prenderlo il potere.

Sul servizio, non sul dominio.

Modernità imperscrutabile.

No, non scorderò mai, mai l'immagine di Cesar Chavez, insieme a Bob Kennedy, opportunamente ripresa (vabbè nel 2022, grazie al sottoscritto...) dalle riviste della Fai Cisl.

Chavez e Kennedy interrompono, insieme, lo sciopero della fame per i diritti e contro i sindacati gialli e mafiosi, ad esempio degli autotrasportatori.

Lo fanno nutrendosi, abbracciando insieme l'Eucarestia.

No, non serve un sindacato confessionale, men che meno cattolico, in questo tempo, in questo sfrangiato kairòs.

Servono, invece, uomini e donne, bambini e bambine, ragazzi e ragazze, anziani e anziane che non smettano di: "alimentare il futuro".

Di alimentarsi, compagni e compagne che "spezzano il pane" insieme, cibo della Speranza ("Sogno che si fa da svegli!") per le Persone e anche per l'organizzazione.

Servono persone che abbiano sete di Eucarestia, quotidianamente, comunque la chiamino, anche senza essere formalmente religiosi.

Servono i sogni dei vecchi e le visioni dei giovani.

In questo tempo. 

In questo sindacato, comunque lo si voglia chiamare, basta che: "sia giustizia insieme". Davvero.

Anche perchè, come è riportato nel titolo di un recente e ricchissimo saggio sul nuovo sindacalismo nordamericano, anche erede di Chavez: "We are the Union" - "Il sindacato siamo noi".

Buona strada Onofrio.

Francesco Lauria

A FIRENZE PER RIGENERARE DEMOCRAZIA E PARTECIPAZIONE (31 GENNAIO 2026)

                "La verità la ricercano solo coloro che hanno la forza di sopportarla"

                                                                                            TINA ANSELMI


Il 31 gennaio, dalle 10 alle 17, a Firenze, sulla strada per Fiesole e Barbiana, ci troveremo in tante e in tanti per condividere, insieme, "atomi di verità".

Veniamo da storie diverse, in alcuni casi molto diverse.

Eppure abbiamo lo stesso orizzonte di senso: rigenerare democrazia e partecipazione, a partire dai corpi intermedi.

L'iniziativa è formalmente organizzata dalle associazioni: "Prendere Parola" e "Sognare da svegli" (su questa realtà nascente, ispirata da una frase cara a Pierre Carniti, a breve arriveranno tutte le informazioni necessarie), ma coinvolge anche altre organizzazioni e singoli, come si evince dal programma.

E' uno spazio aperto, che avrà un prima, un durante e un dopo, anche attraverso diversi canali multimediali.

Trovate nella locandina tutte le informazioni e il programma; è possibile anche pernottare a prezzi vantaggiosi nel luogo dell'incontro (citando l'iniziativa: "Rigenerare democrazia"); abbiamo già organizzato il pranzo insieme.

Per iscriversi è obbligatorio registrarsi qui:

https://docs.google.com/forms/d/e/1FAIpQLSeT1dvmQbLkIvjbwB6LgippKEwrFT2yF8ti2gpjR2YpYTbQaA/viewform 

Ci vediamo a Firenze!

Francesco Lauria

ASSOCIAZIONE SOGNARE DA SVEGLI

martedì 16 dicembre 2025

RIGENERARE DEMOCRAZIA: "E IO CI STO!".

"Datemi un milione di voti e toglietemi un atomo di verità e io sarò perdente".

                                                                                          Aldo Moro


Ormai ci siamo: a brevissimo, terminati gli ultimi ritocchi, uscirà il programma di: "Rigenerare democrazia".

Mi sono chiesto, come Rino Gaetano: "Ma io con la mia guerra voglio andare ancora avanti?"

Sono abbastanza sicuro che, in questi tempi, Rino non avrebbe usato questo termine.

Non abito, poi, più a Roma e, a differenza di Rino Gaetano, non prendo il 109  nella capitale ("per la rivoluzione"); a Pistoia, ma anche a Parma, il 15 è uno dei numeri più alti, tra i bus urbani.

"Cerco il rock and roll e una bandiera diversa, senza sangue, sempre tersa"

Cerco un: "atomo di verità".

Cerco di capire, con Mario Calabresi: "Cosa tiene accese le stelle?"

Continua Rino:

"Mi dicono alla radio: stai più calmo e stai più buono; non esser scalmanato, stai tranquillo e fatti uomo!".

Lo vedo, con i miei occhi e il suo cappello da saltimbanco, Rino Gaetano, sorridere e scuotere la testa, con un no che diventa un sì... Diverso. Molto diverso.

"In fondo è bello, però...

La mia età...

E io ci sto!"

F.L.

https://www.youtube.com/watch?v=k_9vT3fOc0w&list=RDk_9vT3fOc0w&start_radio=1

 

P.S. Grazie: sorpresa opportuna, libera carezza...

lunedì 15 dicembre 2025

LE RADICI E LE ALI DI DON EDOARDO MARZARI E PAOLA SERAFIN. TRIESTE, COME OGNI LUOGO, COME OGNI CIELO.

Ieri, arrivato a Trieste per altre ricerche, pieno di nostalgici e piacevoli ricordi universitari, ho potuto partecipare a un'interessante iniziativa delle Acli del capoluogo giuliano, nell'ambito dei festeggiamenti e degli approfondimenti legati all'ottantesimo della loro fondazione.

Si discuteva con l'introduzione di Erica Mastrociani e le relazioni di Francesco Russo e Raul Pupo, di una figura che già conoscevo abbastanza bene, ma che mi ha ulteriormente incuriosito: Don Edoardo Marzari.

Si tratta di un sacerdote, come è stato giustamente detto ieri, nella saletta delle conferenze della Regione Autonoma del Friuli Venezia Giulia, in piazza Oberdan, la cui ricca biografia ha poco da invidiare ai Don Milani e ai Don Mazzolari, a Don Minzoni, per citare solo alcuni sacerdoti "sociali" molto conosciuti.

Nato a Capodistria nel 1905 e scomparso a Trieste nel 1973, Don Mazari è una figura ricchissima, su più fronti, non tutti ecclesiastici, ma anche molto, molto laici (e quanto ci sarebbe da discutere su questa ultima parola!)

E' tutto da leggere il suo articolo del 1939 sul settimanale diocesano Vita Nova, da lui diretto, che gli causò la persecuzione fascista.

Davvero eclatante, a livello nazionale, è quello che successe il 13 giugno 1944, quando divenne, incredibilmente su principale proposta comunista, il primo (e credo unico) sacerdote a capo di un CLN (Comitato di Liberazione Nazionale Partigiano) in Italia.

Come è scritto sul sito nazionale dell'Anpi: 

"il sacerdote diede un grande contributo nell'organizzazione delle formazioni della Resistenza e nel loro rifornimento in armi, denaro e viveri. 

Don Marzari seppe anche superare, nello spirito della comune lotta contro il nemico, le frizioni con i partigiani comunisti, maggioritari in quella zona di confine. 

Nel febbraio del '45, il presidente del CLN cadde nelle mani dei fascisti della "banda Collotti". Rinchiuso nel carcere del Coroneo, l'esponente della Resistenza giuliana fu inutilmente interrogato e torturato dalle SS. 

La sua sorte pareva ormai segnata, ma la sera del 29 aprile, i partigiani della Brigata Ferrovieri riuscirono a liberarlo. 

Il mattino dopo fu don Marzari a ordinare, dalla Prefettura, l'insurrezione che avrebbe portato alla liberazione di Trieste dai nazifascisti."

Ma Don Mazari è anche un raro caso di sacerdote dirigente sindacale (non mero accompagnatore spirituale).

Nel giugno del 1945, fondò la Camera del Lavoro di Trieste e fu il primo segretario della CGIL (unitaria, con le diverse componenti cristiana, socialista e comunista) triestina

Sulla specificità e sull'anomalia (anche etnica, ma non solo) del sindacalismo confederale a Trieste si potrebbero scrivere, includendo anche gli anni Sessanta e Settanta del Novecento, non libri, ma enciclopedie, come ho provato a ricordare ieri, nel mio intervento.

Intervento nel quale ho riflettuto anche sul tema della violenza nella Resistenza cattolica, provando a stilare un parallelo non semplice tra Don Marzari e Giuseppe Dossetti, il partigiano "Benigno", di cui ieri ricorrevano i ventinove anni dalla morte.

Don Marzari fu anche tra i fondatori del Circolo della Cultura, dell'Università popolare, della Lega nazionale e delle ACLI (di cui, è stato ricordato ieri da Erica, è stato Presidente triestino dal 1946 al 1950).

Per le sue idee progressiste il sacerdote (che aveva fondato, tra l'altro, l'Opera Figli del Popolo, per assistervi laicamente ragazzi bisognosi), subì, nel 1955, un, per fortuna provvisorio, allontanamento coatto dalla città, intimato dall'allora Vescovo di Trieste.

Ma il vero capolavoro pedagogico di Don Marzari fu la sua "Repubblica dei ragazzi", che, per alcuni specifici e non assoluti aspetti, lo può avvicinare a Don Lorenzo Milani e rispetto alla quale rimando ad un bell'articolo pubblicato dal quotidiano triestino Il Piccolo, interamente consultabile online: https://www.ilpiccolo.it/cronaca/la-repubblica-di-don-marzari-modello-di-democrazia-g2qjinn6

Mentre raggiungevo Piazza Unità d'Italia, le rive e il mare, circondato dalla bellezza multiforme di Trieste, mi sono ricordato che proprio a Trieste sarei dovuto andare alcuni mesi fa.

Ero stato, infatti, invitato al congresso nazionale della Cisl Scuola, e non vedevo l'ora di partire.

Poi, un evento sindacale internazionale concomitante, mi ha costretto a rimandare il viaggio nella città di Svevo.

Ieri è stato anche il giorno, a Roma, dell'intitolazione a Roma, di una sala presso la Cisl Scuola dedicata all'ex segretaria nazionale Paola Serafin, scomparsa prematuramente nel mese di agosto di quest'anno.

Di Paola parlano molto sia la Vita che la Morte.

Una vita appassionata, che io ho incrociato spesso, occupandomi, per la Cisl, prima a livello nazionale e poi anche europeo, di educazione degli adulti e formazione, nelle sue varie declinazioni, deleghe da lei presidiate nella categoria.

Paola c'era sempre, con la sua specifica competenza sulla tutela e la valorizzazione dei dirigenti scolastici, l'attenzione alla formazione e, quando poteva, anche alla dimensione internazionale.

Con una competenza tecnica che si fondeva con la gentilezza e l'orizzonte di senso.

I suoi corsivi sono stati, opportunamente, pubblicati dalla Cisl Scuola e sono scaricabili qui:

https://www.cislscuola.it/news/dettaglio/article/i-corsivi-di-paola-serafin/

Ricorderò sempre una lunga e bella discussione tra noi in un pranzo di un corso nazionale di formazione della categoria, a Riccione.

Dibattevamo appassionatamente, io e lei, ammutolendo gli altri commensali, del ruolo dei servizi nel sindacato.

Io venivo da una ricerca europea, pieno di certezze e, pensavo, di proposte opportune e innovative, proprio sul concetto dei "servizi collettivizzanti" che avevo presentato durante il corso nazionale.

Paola che concordava su molto, ma non su tutto, mi fece delle opportune osservazioni, un bagno di realtà.

Alla fine, credo, entrambi avevamo cambiato il nostro punto di vista di partenza, trovandone, insieme, uno più avanzato, forse più complesso, meno trionfante (per quel che mi riguarda), ma più ricco.

Rispetto alla morte di Paola che ho visto e accompagnato da lontano, nel pieno del mio conflitto con la Cisl, possono dire molto più altri di me.

Paola scriveva parole di futuro, generative, quando sapeva che le rimanevano poche settimane di vita.

Non le scriveva e basta, però, le viveva.

Ha vissuto la Vita fino all'ultimo, non so se avesse il dono della Fede, ma poco importa.

Ha saputo Vivere la Morte, restituendo Vita, anche nella sofferenza, con il suo indimenticabile sorriso.

Chissà se ora, con Edoardo, da lassù sta organizzando una; "nuova Repubblica dei ragazzi e delle ragazze".

Una "repubblichetta", per carità, come la chiamava Don Marzari, una "scuolina", come definiva Barbiana don Lorenzo Milani.

Stamattina alle cinque, nel nostro ormai condiviso "alzarci all'alba" (e anche, forse un po' prima :-) ), una sindacalista della Cisl, mi ha scritto: "Noi dobbiamo stare bene, Francesco, con le persone in basso. Le altezze mi spaventano".

Non so, non credo, conoscesse Paola Serafin, non credo, magari mi sbaglio, ha avuto buoni formatori, conosca la storia di Don Edoardo.

So solo che se è vero che dicendo dei no, si dicono dei grandi sì, è ulteriormente vero che: è "stando in basso", magari nel "pozzo" con le persone, che si incontrano, si osservano, si vivono le vere altezze.

Alzando lo sguardo, nel cielo di Trieste: don Edoardo e Paola, ci indicano un sentiero e un volo.

Sta a noi, a Pistoia, come a Parma, come a Trieste, come in ogni luogo d'Italia o del mondo, fare memoria delle nostre radici, delle nostre persone, per dispiegare le nostre ali.

Abbracciando il futuro di tutte/tutti e di ciascuno/a.

Francesco Lauria

domenica 14 dicembre 2025

TORNEREMO BAMBINI E BAMBINE. TRA LE QUERCE DI MONTESOLE (DON GIUSEPPE DOSSETTI 15 DICEMBRE 1996-2025)

 

1944.

Fine di settembre.

Una linea.

Gotica.

Guerra, premature speranze.

Eccidio. 

Eccidi.

Montesole,

Casaglia.

Una chiesa, una parrocchia, 

come tante.

Don Ubaldo Marchionni

fa scudo con il suo corpo, 

al Corpo di Cristo.

Morte.

Morte infinita, 

cumuli, di corpi.

Donne.

Bambini.

Quaranta anni di silenzio, 

quaranta anni di rovi, 

di oblio.

Querce maestose,

le Querce di Montesole.

Lì, proprio lì.

La pisside, 

nascosta, forata.

Trafitta, crocifissa,

Corpo di Cristo:

proiettili nazifascisti.

L'ho vista in te. 

Dentro di te.

Riflessa in te.

In voi.

Ma la storia non finisce.

Non è finita.

Non è ancora finita.

Dove, ancora, 

si respira la morte, 

rinasce, ostinata 

la Vita.

Risorge quel corpo, 

risorge quel sangue.

Preghiera.

Grazie 

Don Giuseppe 

Comunità, Famiglia, Annunziata.

Montesole, Monteveglio.

Giordania, Palestina.

Nuovi muri.

Nuovi eccidi.

"Non vediamo più le stelle",

sotto il cielo di Gaza.

Ancora guerra fratricida 

in Europa.

Come a Prijedor,

come a Srebrenica.

Nuove preghiere.

E una nuova Resistenza.

All'odio e alla guerra. 

Alla violenza.

All'indifferenza.

All'oblio.

Ad un'economia di guerra

Ad una società in guerra.

Con se stessa.

La "cultura" dello stupro è normale?

La guerra siamo noi.

Ma Noi possiamo Essere Pace,

Scuola di Pace.

Preghiera che cura.

Potenza, tenerezza.

Proiettili

si trasformano in fiori, 

gialli. 

E in occhi, 

verdi di Speranza.

I tuoi occhi.

Anche di inverno, 

sotto la neve.

Avvento di Natale.

15 dicembre 1996, 

ventinove anni fa.

Sentinella, quanto resta della notte?

Sentinella quanto resta della notte?

Provvisoriamente

ci hai lasciato, 

Don Giuseppe Dossetti,

partigiano "Benigno".

Ma, non siamo soli.

Benedizione, Repubblica, Democrazia.

Costituzione.

Concilio.

Cittadinanza.

Ebraismo, Islam.

Culture indigene,

non solo Occidente.

Sapere.

Libertà.

Mondo.

Speranza.

Ali.

Creato.

Strada, Cammino.

Campane.

Rintocchi di Pace e di Luce.

Vangelo.

Croce, Abbraccio.

Montesole.

Sindacato.

Fare, Essere 

Giustizia Insieme.

Torneremo a correre, a cantare, 

a danzare sui prati.

Torneranno i bambini

a Montesole.

Torneremo

Bambini,

e Bambine,

migranti nel tempo,

tra le querce di Montesole.

Francesco Lauria

La storia della "pisside forata"

https://www.youtube.com/watch?v=V4DgqV7HunA

sabato 13 dicembre 2025

"IN AVVENTO LA GRAZIA NON ADDORMENTA, ACCENDE"

"Allora si apriranno gli occhi dei ciechi

e si schiuderanno gli orecchi dei sordi.
"Allora lo zoppo salterà come un cervo,
griderà di gioia la lingua del muto.
Ci sarà un sentiero e una strada
e la chiameranno via santa.
Su di essa ritorneranno i riscattati dal Signore
e verranno in Sion con giubilo;
felicità perenne splenderà sul loro capo;
gioia e felicità li seguiranno
e fuggiranno tristezza e pianto."

Le Letture di oggi, Isaia, San Giacomo apostolo, Matteo 11, sono, tutte, davvero stupende.
Nel rileggerle e meditarle, penso a una frase che mi ha detto un'amica ieri, un pensiero che le racchiude tutte, con sapienza femminile.
"Siamo umani perchè amiamo sempre. Ogni persona, in ogni luogo e in ogni tempo".
Non è una frase facile, anzi è molto impegnativa, è davvero complesso, di fronte alle prove della Vita, ai nostri "altri/altre" difficili, essere Fedeli, nella Verità, a questa affermazione.
Eppure non c'è altra Via.
'Accorgendoci di essere Vivi" non possiamo che arrenderci all'Agape dell'Amore.
Il mio parroco a Pistoia mi ha spiegato che la terza domenica di Avvento e' cosi' gioiosa che i paramenti sacri sono rosa.
Non esiste il "diritto all'odio", come diceva fallacemente un libro sbagliato del peraltro multiforme movimento del'77 nel nostro Novecento.
Fanno bene a ricordarlo Mario Calabresi e Benedetta Tobagi nel loro bellissimo spettacolo sugli anni Settanta.
Esiste l'opportunità, la scelta, l'eresia davvero opportuna dell'Amore.
Ed è bello ritrovarlo in più occhi, verdi di Speranza, di donne.
Tutte parmigiane peraltro.
Sono davvero un uomo fortunato 🙂
Buona terza domenica di Avvento.

"A volte il prezzo è piccolo ma netto: chiedere perdono senza scuse; dire una parola limpida; proteggere chi è più fragile; rinunciare a un vantaggio ingiusto; fare il bene senza clamore.
Perché il Dio che viene non è un’idea.
È il Cristo, il Veniente e il Vivente, incarnato nella tua e nella mia storia. E quando Dio si fa carne, la fede non può restare astratta.
In Avvento la grazia non addormenta: accende. Scalda, sì, ma brucia anche ciò che in noi è menzogna".
Dietrich Bonhoeffer (Sequela)

Francesco Lauria

venerdì 12 dicembre 2025

SOGNARE DA SVEGLI

"Care amiche, cari amici, ricordiamoci sempre, come ci ammoniva Aristotele, che la Speranza è un Sogno bellissimo. Ma è un Sogno che si compie, che si vive, da Svegli!" 

              (PIERRE CARNITI, indimenticabile segretario generale della Cisl) 



A presto per Novità e Sogni!

giovedì 11 dicembre 2025

"L'INTELLIGENZA DEL BOSCO: IL SAPERE SERVE SOLO PER DARLO". MIGRANTI DEL TEMPO.

Rileggendo il bellissimo discorso di mia cugina Raffaella Lauria, in occasione dei cento anni del Liceo Dante Alighieri di Bressanone (dove Raffaella è dirigente scolastica) ho riletto una frase di Don Lorenzo Milani, da lei scelta: “il sapere serve solo per darlo”. (il testo integrale qui: https://iis-bressanone.edu.it/il-discorso-della-dirigente/)

Questa frase - affermava Raffaella nel suo intervento del centenario - racchiude l’essenza più autentica dell’educazione: la conoscenza non come privilegio individuale, ma come bene da condividere, come strumento per costruire comunità, solidarietà e futuro. 

La citazione mi ha fatto venire in mente un passaggio dell’introduzione alla terza edizione del mio volume: “Quel filo teso tra Fiesole e Barbiana. Don Milani e il mondo del lavoro”, che riprende il discorso svolto dal cantautore e romanziere italo-albanese Ermal Meta, pronunciato a Taranto, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione dell’inaugurazione dell’anno scolastico, esattamente a cinquanta anni dalla pubblicazione del testo: “Lettera a una Professoressa”:

“Ho imparato a disobbedire a scuola. Non in senso negativo. 

Parlo di disobbedienza culturale.  Per disobbedire bisogna conoscere, bisogna sapere, bisogna studiare. 

Sono diventato culturalmente, mentalmente disobbediente proprio tra i banchi di scuola, perché ho avuto l’occasione conoscere me stesso, di imparare. 

Se avete questa possibilità, e ce l’avete, cercate di imparare il più possibile. Soltanto attraverso la cultura si può imparare a dire dei sì, dicendo di no. Scegliendo la propria dimensione, la propria strada (…) 

C’è sempre spazio dentro di noi per tutto quello che è stato e quello che c’è. 

La cultura fondamentalmente è questo: crearsi dei varchi nella vita, come tante piccole finestre. Più cose sai, più finestre hai attraverso le quali guardare il mondo (…) 

Bisogna essere migliorativi: se non si è migliorativi si tende a fare del male al pianeta in cui viviamo. 

Quando dico pianeta intendo anche le persone che ci stanno intorno: il mondo siamo noi, siamo migranti del tempo. 

Attraversando questo tempo, dietro di noi lasciamo delle tracce e il modo migliore per lasciare tracce è il cuore delle persone, le loro menti, i destini degli altri (…) 

Fate in modo, ragazzi, di non sprecare nemmeno un’ora del vostro tempo.”

Il fine dell’istruzione (ma con la formazione sindacale e l'educazione degli adulti non peschiamo molto lontano NdR), continuava Raffaella Lauria, è, pertanto, rendere ciascuno capace di dedicarsi al prossimo e di prendersi cura della realtà che lo circonda.

In questo senso - continuava Raffaella - la scuola può essere paragonata a ciò che la biologa/ecologa canadese, Suzanne Simard definisce “l’intelligenza del bosco”.

Nei boschi, gli alberi non competono per le risorse: si sostengono.

Non dimentichiamolo.

Anche perchè "Sapere" è un verbo da declinare insieme e all’infinito, come si legge nel titolo di un bellissimo volume scritto dalle sorelle Anna, Chiara ed Elena Granata.

Francesco Lauria