In queste settimane di riflessione sulla vita, il pensiero e le azioni di Alex Langer, ma anche di tormenti interiori ed esistenziali, non ho potuto esimermi dal riprendere in mano il volume scritto da un ex sindacalista anche lui altoatesino, Michele Buonerba, oggi operatore/imprenditore sociale, ed esperto, tra molte altre cose, di: "rianimazione di comunità" e rigenerazione urbana.Michele è un amico, oltre che un esempio: ha saputo girare completamente pagina da una lunga ed importante esperienza sindacale, senza rancori, ma anche con grande, preziosa libertà.
Di lui sarebbe stato certamente fiero proprio Pippo Morelli, con la sua esigente teoria (e pratica...), della necessità, per i sindacalisti, di sapersi reinventare e, anche, di saper/voler uscire dal sindacato (senza abbandonarlo!) per non essere ingabbiati da logiche pervasivamente burocratiche e autoreferenziali.
Riprendo quindi in mano il suo "lascito sindacale", pubblicato poco più di quattro anni fa dalla casa editrice della Cisl Edizioni Lavoro.
Il volume, senza dubbio alcuno ancora completamente attuale, da leggere e rileggere, si intitola: "Oltre la marginalità. Senza una buona rappresentanza, la rappresentatività perde efficacia".
Scrivevo su Il Bollettino Adapt nel maggio del 2021...
"Nell’autunno del 2020, mentre la seconda ondata della pandemia sorprendeva il nostro
Paese e il mondo, Bruno Manghi, sociologo torinese punto di riferimento di generazioni di
sindacalisti soprattutto, ma non solo, appartenenti alla Cisl, stava scrivendo la prefazione a
un mio libro: “Sapere, libertà, mondo”.
Fu così che lo chiamai per avere notizie del testo e ci rimasi un po’ male: per tutta la
telefonata non mi parlò del mio volume sul sindacalista Pippo Morelli, frutto di dieci anni
di lavoro e da lui ispirato, ma del libro di Michele Buonerba, che sarebbe stato pubblicato
quasi contemporaneamente al mio da Edizioni Lavoro.
Manghi ne era davvero entusiasta, io conoscevo bene l’autore, segretario generale da oltre
un decennio della Sgb Cisl dell’Alto Adige, ma raramente avevo sentito il “vecchio zio”, in
ormai non pochi anni di conoscenza, così soddisfatto di un’opera contemporanea di
riflessione sul sindacato e sulla rappresentanza.
Ebbene, anche se con autorevolezza infinitamente minore, dopo aver letto il volume, non
posso che confermare la valutazione del nostro comune maestro: “Oltre la marginalità” del
sindacalista altoatesino è un testo preziosissimo e coraggioso che affronta senza remore,
come promesso nel sottotitolo, i nodi del rapporto tra buona rappresentanza e
rappresentatività efficace.
Il testo del sindacalista bolzanino ha una serie di pregi: mette a frutto (e a “nudo”)
decenni di esperienza sindacale diretta, prima nella categoria degli edili e poi a livello
confederale e indaga, con grande rigore scientifico e documentativo, il lungo processo di
indebolimento del soggetto sindacale in rapporto agli orientamenti strategici sociali ed
economici del nostro paese e a livello globale.
Ovviamente il volume non si ferma alla disamina delle difficoltà, ma propone un ventaglio
di “rigenerazioni” innovative.
Il testo di Buonerba è un viaggio, una riflessione sulla rappresentanza e sul suo
riconoscimento ed efficacia sociale; un percorso che non si ferma ai dati quantitativi, ma
insiste sulla qualità dei processi democratici, associativi e contrattuali, senza sconti, senza
autoreferenzialità, senza pigrizia.
Sta forse proprio qui uno degli elementi di maggiore fascino del libro: è un testo di grande
amore per il sindacato, si nutre della sua storia, del solco prezioso dei suoi passi, della sua
identità, ma si concentra sulle esigenze nuove del mercato del lavoro, della tecnologia, dei
cambiamenti antropologici e sociali e sulle risposte, i cambiamenti possibili, auspicabili, in
alcuni casi urgenti, necessari, radicali.
Buonerba afferma: “nella società ci sarebbe una grande domanda di relazioni industriali
efficaci se pensiamo al ridimensionamento delle tutele sul lavoro, ai salari reali che non
aumentano, alla riduzione effettiva dei servizi pubblici e più in generale alle
disuguaglianze divenute in certi ambiti addirittura insopportabili” e al tempo stesso
prospetta una serie di innovazioni: “delle quali si parla troppo poco, ma che sono
essenziali”.
Si parte da lontano, da quarant’anni di crisi del sindacato e da una data ormai spartiacque: il
1980.
Si affrontano quarant’anni di sfide di rinnovamento non pienamente colte e condizionate,
oggi, anche dal fatto che l’urto economico e sull’influenza effettiva delle parti sociali sia
stato assorbito soprattutto grazie a servizi, come quello fiscale, sviluppatisi a partire dai
primi anni Novanta, senza arrestare i processi di messa in discussione del riconoscimento
sociale del sindacato.
Dopo il capitolo introduttivo, di natura storica e progettuale, il libro affronta il tema del
modello di rappresentanza, da troppo tempo, secondo l’autore, immutato.
La domanda di partenza, essenziale in un sindacato associativo come la Cisl, è se, nella vita
sindacale, la partecipazione sia effettivamente esercitata. Il testo si sofferma sulla necessità,
in particolare nei settori più fragili e frammentati, di “catturare” non “spettatori passivi”, ma
di incontrare, informare, motivare lavoratori e lavoratrici interessati alla propria e altrui
emancipazione.
Nel proprio racconto “personale”, Buonerba si sofferma, ad esempio, sulle difficoltà di
rappresentare, coinvolgere i lavoratori dell’artigianato dell’edilizia, cui il sindacato dà
certamente alcune risposte attraverso la contrattazione territoriale e la bilateralità, ma che
rimangono, troppo spesso, rappresentati di “serie B”.
Allargando il campo, la riflessione si concentra sul contratto collettivo che, pensato per il
lavoro subordinato, in molti ambiti pare non essere più cogente con la realtà produttiva,
considerata anche l’ampia autonomia attraverso la quale sempre più si definiscono le
mansioni.
Un tema affrontato in “Oltre la marginalità” è quello della “contrattazione di sito” e
della necessità di coordinare e rappresentare al meglio i lavoratori di stabilimenti o
ambiti collettivi (ipermercati, aeroporti etc.) dove si applicano allo stesso tempo diversi
Ccnl; situazione aggravata dall’eccessivo numero di contratti nazionali esistenti, dal
crescente “shopping contrattuale” delle imprese e dai tanti, troppi contratti pirata.
Un modello possibile che viene proposto come esempio virtuoso è quello partecipativo della
tutela della salute e sicurezza dove, se in una determinata unità produttiva operano più
aziende, il committente è responsabile dell’intero ciclo produttivo. Ma nel testo ci si spinge
oltre, ipotizzando una soluzione davvero coraggiosa: “classificare i lavoratori sulla base
delle abilità professionali che acquisiranno durante l’intero ciclo della vita superando
l’attuale sistema che si fonda appunto sulle mansioni”.
Secondo l’autore, il sindacato, se vorrà essere ancora un soggetto in grado di determinare i
cicli economici, dovrà necessariamente rigenerarsi attraverso un sistema di rappresentanza
che gli permetta di rispondere ai nuovi bisogni emergenti della società.
Se dovessimo riassumere il libro in uno slogan sarebbe questo: “ripartire, con la
contrattazione, dai territori, dalla prossimità”.
L’idea, forte anche delle esperienze maturate durante la pandemia, è quella di un ecosistema
contrattuale basato sulle “reti di impresa”, e su una contrattazione territoriale
interconfederale in cui soprattutto sanità integrativa, previdenza complementare, formazione
continua, investimenti in vero welfare aziendale caratterizzato da una profonda relazione
sussidiaria con i sistemi istituzionali regionali, siano i capisaldi di un’infrastruttura di
rappresentanza che riparta dalle persone e dal loro ciclo di vita.
Di fronte al dilagare delle disuguaglianze, Buonerba propone non l’idea di un “pronto
soccorso sociale”, ma quella di una “partecipazione attiva ai processi di prevenzione
nell’ambito del lavoro povero in espansione”.
Per non rinunciare a esercitare la
rappresentanza occorre reinventarla, in funzione di un nuovo modello contrattuale che
dovrebbe essere riformulato attraverso una serie di obiettivi: “mettendo al centro la persona
nel territorio in cui vive”.
Anche i servizi per Buonerba, possono essere essenziali se saranno ampliati al fine di
redistribuire il reddito prodotto e ciò sarà possibile solo se: “il territorio sarà messo al
centro dei processi di integrazione tra pubblico, privato e privato sociale”.
Il fulcro della proposta del volume sta proprio qui: nuove frontiere di rappresentanza e
contrattazione all’interno di un modello di welfare che possiamo definire
come “dell’investimento sociale” volto alla crescita dell’individuo nell’ambito della
comunità.
In questo ambito, la mutualità, gli enti bilaterali e la sanità integrativa potrebbero essere uno
strumento di sostegno a quei lavoratori che non avranno una prospettiva di una crescita
rilevante dei lavoro salari in assenza di un mutato quadro del sistema contrattuale.
Una sfida che, nell’ambito della sanità integrativa, ancor più che in quello della previdenza
complementare, vede la necessità di una maggiore trasparenza e controllo del legislatore,
oltre che un collegamento sistemico e pienamente sussidiario con la sanità pubblica.
Anche la previdenza complementare e, più in generale, il welfare aziendale, devono
profondamente ripensarsi, valorizzando, da un lato, gli investimenti in economia reale e
dall’altro ampliando di molto il proprio raggio di azione, troppo sbilanciato nel Nord del
paese e nelle imprese medio-grandi.
La riflessione del libro non può esimersi dall’affrontare la questione della formazione
professionale e continua, a partire dalle quattro “c”: “critica, comunicazione,
collaborazione, creatività”.
Molto interessante l’indicazione di investire sulle “Cci”, le “Comunità di conoscenza e
innovazione” che sono luoghi fisici e virtuali per promuovere la cooperazione a livello
locale tra il mondo universitario, industriale e istituzionale, valorizzando i corpi intermedi di
ciascun territorio.
Buonerba propone poi di rivedere radicalmente l’assetto contemporaneamente troppo
frammentato (a livello settoriale) e troppo accentrato (a livello territoriale) dei fondi
interprofessionali per la formazione continua.
I contratti collettivi, inoltre, dovranno sì prevedere il diritto (anche soggettivo) alla
formazione, ma anche la determinazione dei tempi, dei costi e del contenuto della stessa.
In sintesi, il sindacato ha la grande opportunità di giocare un ruolo importante nel futuro
delle nostre società a condizione di una sua rigenerazione territoriale che lo renda un
animatore di “comunità intraprendenti” e al tempo stesso si giochi nella dimensione delle
comunità che fanno e si fanno impresa.
L’autore cita André Gide: “nessuno scopre nuove terre se non accetta di perdere di vista
un po’ di spiaggia”, ed è consapevole della radicalità di alcune delle sue proposte,
specialmente all’interno di una confederazione come la Cisl che fa, fin dalla propria
fondazione, delle federazioni di categoria il proprio asse portante.
L’obiettivo dichiarato è quello di rafforzare la relazione esistente tra coloro che
negoziano e coloro che sono i destinatari del negoziato, attraverso un’idea forza: un
rapporto sussidiario e non gerarchico dei livelli della contrattazione e una governance delle
organizzazioni che favorisca la partecipazione attiva degli iscritti, soprattutto in tempi in cui
le sedi sindacali si frequentano sempre più per soddisfare un bisogno (di solito individuale)
e sempre meno per sviluppare processi democratici o di semplice discussione.
L’autore ci ricorda che: “il futuro non si prevede, si costruisce, ma per costruirlo,
attraverso un pensiero strategico, dobbiamo anticiparlo, imparando dai mega-trend, già
oggi piuttosto indicativi” (si pensi solo alla questione della sostenibilità).
Se il sindacato sarà percepito dalle persone come il soggetto che si prende cura della loro
salute, della loro formazione, della loro buona occupazione, del loro reddito e, in generale,
del loro benessere, sarà in grado di dimostrare come le trasformazioni sociali, anche a
livello globale, potranno essere, se non completamente condizionate, gestite e governate,
avendo cura delle nuove vulnerabilità e valorizzando, “democratizzando” le nuove
opportunità che: “esistono e vanno colte”.
Un testo: “Oltre la marginalità” immerso nel futuro, ma che si è nutrito di un filone antico
di critica propositiva e di ripensamento progettuale sul fenomeno sindacale.
Si pensi, solo
per fare alcuni esempi, al celebre volume del 1977 di Bruno Manghi, edito dal
Mulino: “Declinare crescendo. Note critiche all’interno del sindacato” o al testo di dieci
anni dopo dello stesso autore: “Passaggio senza riti. Sindacalismo in
discussione” (Edizioni Lavoro, 1987), fino al saggio di un intellettuale-sindacalista
purtroppo ingiustamente dimenticato: Mario Zoccatelli: “L’innovazione difficile. Crisi e
cambiamento nel sindacato italiano” (Edizioni Lavoro, 1989).
Infine una figura di grande spessore: operaio, sindacalista, intellettuale: Domenico
Paparella. Un sindacalista cislino che, in un testo del 2008 (“Il divenire della Cisl. Il
modello organizzativo ieri, oggi e domani”) aveva anticipato, almeno parzialmente, alcune
delle intuizioni di Buonerba, in particolare sull’evoluzione delle strutture territoriali del
sindacato e le relazioni che avrebbero dovuto intercorrere tra esse e lo sviluppo delle
federazioni di categoria.
Se, in sintesi, l’azione collettiva deve fare i conti con la frammentazione delle esperienze e
con la molteplicità delle condizioni, essa dovrà percorrere alcune precise linee di sviluppo:
tenere insieme i diversi, accettare e valorizzare la citata frammentarietà delle condizioni,
dare peso alle persone, alle loro capacità, ma anche alle loro aspirazioni e ambizioni.
Sono le sfide ambiziose per il sindacato del futuro che si costruiscono a partire dalle
soggettività plurali, ma interconnesse, dei territori.
Sfide che, come ci hanno insegnato i nostri padri e i nostri maestri, e, come è ben chiaro a
Michele Buonerba e al suo preziosissimo testo, non possono essere solo “ipotizzate”, ma
che vanno democraticamente e coraggiosamente discusse, continuamente aggiornate e,
insieme, costruite concretamente, a partire dal nostro presente".
Francesco Lauria