Con Adriana Coppola, quattro anni fa, abbiamo dovuto sudare sette camicie per ottenere la testimonianza di Augusta Restelli al settantesimo anniversario del Centro Studi Nazionale Cisl di Firenze, nel ciclo delle testimonianze intitolate: "SENTIRE LA VITA".
Fu una sfida, anche di pazienza, dolcezza e amore (reciproco, tra noi e Augusta).
Una sfida ripagata dalla testimonianza di Augusta tramessa nel 2021 nell'ambito delle giornate di cultura e storiografia sindacale, da me dirette.
E' bellissimo ascoltarla parlare dei processi produttivi tessili (filature e tessiture), anche di fronte alle innovazioni tecnologiche, sentirle spiegare l'evoluzione dell'orario di lavoro (il c.d. 6 per 6), ma anche del tema, delicato, della conciliazione tempi di vita, tempi di lavoro.
E' bellissimo ascoltarla parlare della stagionalità nel settore dell'abbigliamento, del suo: "periodo della contrattazione".
E' bellissimo ascoltare la sua esperienza di segretaria nazionale Filta Cisl dei temi della formazione, della politica dei quadri, delle donne.
E' bellissimo sentirla parlare del primo corso lungo per donne: un grande, necessario successo della Filta Cisl che poi si allarga anche alle altre categorie, pubblico impiego compreso.
E' bellissimo sentirla parlare di cooperazione e di autogestione, delle aziende, in crisi, rilevate da lavoratori e lavoratrici, successi, ma anche cadute. Coraggio, tanto coraggio, soprattutto femminile.
E' fantastico sentirla parlare del suo ingresso, pioneristico e non semplice, da donna nella segreteria confederale Cisl
Dei corsi lungi donne confederali da lei promossi, anche insieme a Bruno Manghi, anche, quelli tribolati, sull'utilizzo dei fondi europei nel Sud, spesso inutilizzati, sprecati, spesso condizionati dall'inedia delle Regioni.
Ho provato, in questi anni, a mettermi nel suo solco.
E' bellissimo, anche se per me oggi lancinante, doloroso ricordare l'augurio di Augusta al Centro Studi di Firenze, cuore pulsante della Cisl, in occasione del settantesimo compleanno del Centro, da me organizzato, voluto, nonostante tutto e tutti. Nonostante il Covid.
La Cisl - diceva Augusta - è nata con il Centro Studi, grazie al Centro Studi di Firenze.
Oggi, ci sottolineava Augusta, i lavoratori sono molto scolarizzati, dobbiamo guardare ai nuovi lavori, non solo quando le persone si rivolgono durante le vertenze al sindacato, ma anche quando sono all'interno dell'azienda, anche come semplici iscritti.
Nell'azienda, nelle aziende la vera formazione Cisl, può aiutarli - ci diceva pensando al futuro - ad essere più consapevoli, "più presenti", più creativi, più solidali, nel loro lavoro.
"Questo - concludeva Augusta, di fronte ad Adriana e a me, è il mio augurio alla Cisl e al Centro Studi: spero che abbia successo".
Non posso, in conclusione non ricordare il celebre viaggio in Brasile compiuto da Augusta Restelli con Beppe Stoppiglia e Pippo Morelli, da cui è stato tratto anche un libro.
Un viaggio che cambia la vita, lo sguardo, la consapevolezza, di fronte alla povertà e alla liberazione, alla Chiesa dei poveri (non solo con i poveri), ad un sindacato, la Cut di Lula in gestazione, che risorge dalla dittatura, costruisce dal basso emancipazione e democrazia, riscatto e tutela, poesia e prosa, pane e rose, risposte ai bisogni e alle aspirazioni concrete di lavoratori e lavoratrici, sogni di Speranza che si fanno, insieme, "da svegli".
Grazie Augusta, io e Adriana (e probabilmente Adriana che ti contattava più spesso, ancora più di me), ti abbiamo voluto bene.
La Cisl ti ha voluto bene, quanto tu hai voluto bene alla Cisl e al Centro Studi Nazionale Cisl di Firenze.
Non ti dimenticheremo e oggi, che ci hai lasciato e che oltre che anima sei cielo, accarezziamo il dono, il lascito, la generatività dei ricordi e delle tue parole, dei tuoi sogni e, come affermerebbe il profeta Gioele, delle tue visioni, della tua concretezza.
Oggi che ci hai lasciato, Augusta, preghiamo per te e con te.
Nell'avvicinarci al 25 novembre, dopo aver raccontato di Angela, Rula, Barbara, grazie ad un'altra grande donna la professoressa Claudia Mazzuccato, ascoltata durante la tavola rotonda, moderata dalla giornalista Rai Costanza Spocci, vorrei parlare di Rami e Bassam.
La storia di Rami e Bassam, è quella di due padri, uno israeliano e uno palestinese, divisi dal conflitto, ma uniti dall'amicizia e dal dolore, infinito, per la perdita, violenta, di una figlia.
Fanno parte dell'associazione Parents Circle, che mette in comunicazione le famiglie che hanno perso qualcuno/qualcuna nel conflitto israelo-palestinese ed agisce, "è - con", nel segno della riconciliazione,verso Pace e nonviolenza.
Rami ha perso sua figlia Smadar, di 14 anni, mentre stava andando a scuola in un attentato suicida di Hamas, nel centro di Gerusalemme, Abir, la primogenita di Bassam, è morta a 10 anni, uccisa da un proiettile di gomma sparato da un poliziotto israeliano, mentre usciva da un negozio di caramelle.
Rami e Bassam incontrano il paese e il mondo, nel ricordo e nel nome di Smadar e Abir: insegnano l'ascolto, lo sguardo negli occhi dell'altro/dell'altra, portano una ferita di tenebra che diventa feritoia di Luce.
Vivono, sono un sangue e un dolore dello stesso colore e ci spiegano, con i loro corpi, i loro occhi, la loro parola che l'odio uccide, in primis, noi stessi. Il nostro essere umani.
Un'amicizia, quella tra Rami e Bassam, che è stata celebrata, prima in udienza privata, e poi pubblicamente, a Roma, anche da Papa Francesco.
Di questa storia esemplare, narrazione viva, concreta di uomini e padri contro la guerra, ci sono molti racconti.
E' uscito anche un bel libro Apeirogon, tradotto in quaranta paesi, da ultimo, con enorme fatica, anche in Israele.
Ho incontrato, pochissimi mesi fa, a Pistoia gli occhi di un padre, che improvvisamente, inspiegabilmente, ha perso, in un istante maledetto, un figlio, un ragazzo stupendo.
Lorenzo, compagno di nuoto, e di stanza nelle prove nazionali, di mio figlio Jacopo, è stato portato via, a settembre, da una leucemia fulminante e inspiegabile, inspiegata, in meno di un mese.
Mentre Paolo, il papà di Lorenzo provava a spiegarmi, con un filo di voce, l'incommensurabilità, la non misurabilità del suo dolore, io stringevo a me Jacopo e bagnavo i miei occhi delle sue lacrime, cercando di condividere almeno un po' di quel dolore, di respirare lo stesso respiro. La stessa mancanza di respiro.
Tutto questo avveniva poco prima che un'intera città e un'intera generazione di una città si stringesse attorno al babbo, alla mamma e al fratello di Lorenzo.
Oggi c'è la prima gara di nuoto della squadra di Jacopo e Lorenzo. Penso agli occhi e alle lacrime di Ylenia, la loro allenatrice.
Oggi è una gara senza Lorenzo, ma con Lorenzo.
Una leucemia fulminante, una macchina maledetta e fuori controllo, due proiettili carichi di odio, possono privarci, purtroppo, di quanto ci è più caro, di quanto riteniamo più prezioso di noi stessi.
Dio (qualunque nome noi gli assegniamo) ci sta mettendo alla prova, ci spiegano Rami e Bassam, ma certamente anche gli occhi di Paolo nel ricordo di Smadar, Abir e Lorenzo.
Non so se esista un Vangelo dei padri, anche se Rami, Bassam e Paolo sembrano proprio dirci, con i loro occhi e il loro dolore, di sì.
Certamente esiste un Vangelo (laico, multireligioso) dei figli/delle figlie.
Che non ci lasciano mai e non finiscono mai di insegnarci, raccontarci, regalarci il mistero della Vita.
Da vicino.
Ma anche da lontano.
Guardiamoci, vediamoci, specchiamoci, amiamoci negli occhi dell'altro/a.
Nella memoria viva di Smadar, Abir, Lorenzo.
Ora. Perchè, come mi ha scritto il mio amico, "fratello", Marco:
"Solo chi ha conosciuto la vulnerabilità e la delicatezza della Vita, può comprendere l'urgenza di rigenerare il vivente..."
“Io non accetterò più
le cose che non posso cambiare, io cambierò le cose che non posso accettare.” Angela Davis
“Se sei libero, devi
aiutare qualcun altro a liberarsi. Se hai del potere, allora il tuo compito è
aiutare qualcun altro a diventare più forte”. Toni Morrison
Mai come quest’anno la ricorrenza del 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza nei
confronti delle donne, è stampata, intrisa sulla mia carne, per carità, di
maschio, bianco, occidentale, pure figlio unico.
Qualche giorno fa, in libreria, non ho potuto, quindi resistere
allo sguardo intenso e severo di Rula
Jebreal nella copertina del suo libro: “Il
cambiamento che meritiamo. Come le donne stanno tracciando la strada verso il
futuro” (Tea Edizioni).
In verità questa giornalista pluripremiata, questa scrittrice
(saggista e romanziera) e docente universitaria che, ora, dopo aver lasciato
prima Palestina/Israrele e poi l’Italia, vive a New York, io la seguo, la leggo
e l’ascolto da sempre.
Ricordo bene gli epiteti sessisti che, anni fa, ha subito in
diverse nostre trasmissioni televisive da maschi anziani, maschi di potere,
privi di qualsiasi pudore, per la sua bellezza indiscutibile che è solo una
delle porte di ingresso di una donna eccezionale, orfana di madre a soli cinque
anni, impegnata, tra l’altro, del college Dar Al-Tifel a Gerusalemme, fondato e
diretto dall’attivista per i diritti delle donne Hind al-Husseini, frequentato quando,
fin da giovanissima, alternava lo studio e il volontariato nei campi profughi.
L’introduzione al volume, che si legge tutto d’un fiato e
che consiglio a tutti/e, anche in vista del 25 novembre (facciamoli fruttare in
senso generativo questi anniversari!) si intitola, donmilanamente: “Il
potere delle parole”.
Rula Jebreal sceglie di iniziare il suo percorso attraverso
i volti e gli sguardi delle donne con Angela
Davis.
Il testo inizia così:
“Nel 1970 una ventiseienne
afroamericana finisce nella lista dei dieci principali ricercati dell’FBI. Le
accuse a suo carico sono gravissime: cospirazione, rapimento, omicidio. Il suo
nome è Angela Davis, classe 1944, originaria di Birmingham, Alabama. La stessa
città in cui, in una domenica del 1963, un gruppo di suprematisti bianchi fece
esplodere una chiesa uccidendo quattro ragazzine di colore, di età tra gli
undici e i quattordici anni. Angela Davis, per la precisione, viene dal quartiere
di Dynamite Hill, così chiamato perché le case, chiese e negozi dei neri
venivano fatti esplodere con la dinamite dai membri del Ku Klux Klan.
Nel 1970
la Davis è professoressa associata di Filosofia all’Università della
California, oltre che giovanissima leader afroamericana del movimento per i
diritti dei neri e del Partito Comunista americano…” (a proposito di eresie
😊).
Il testo di Rula Jebreal, è stato così commentato/recensito:
“lancia un appello agli uomini perché si
metta fine alla violenza contro le donne” e: “nelle pagine del volume c’è la necessità di prendere posizione oggi,
domani, in ogni giorno della nostra vita perché il silenzio davanti all’ingiustizia
è complicità”.
Osservavo la copertina e il titolo del libro ieri, presso la
bella sala dell’Ambrosianeum a Milano, dove si celebrava il quarantennale di Ipsia, l’organizzazione non governativa
promossa dalle Acli, per la cooperazione internazionale, presieduta dal mio
amico Marco Calvetto.
Un’iniziativa contrassegnata da un altro titolo importante e
che mi ha colpito molto: “I passi, gli sguardi, l’impegno, l’azione”.
Un titolo-manifesto che mi ha ricordato i suggerimenti per l’impegno
concreto, indirizzati agli attivisti e alle attiviste dei movimenti popolari da
Papa Francesco.
Tornato nella sala, dopo aver sfiorato lo sguardo benevolo,
ma altrettanto intenso di quello di Rula, del Cardinale Carlo Maria Martini, su un bel quadro posto vicino all’ingresso,
ho ascoltato una lezione importantissima di un’altra donna davvero eccezionale:
la professoressa Claudia Mazzuccato,
docente di Diritto Penale e Giustizia Riparativa presso l’Università Cattolica
di Milano.
La professoressa Mazzuccato era stata introdotta da un’altra
donna, giovane e di grande valore, di cui la mia città, Parma, non può che
andare fiera, seguendone i passi in tutto il Mondo: la giornalista Rai (e tante,
tantissime altre cose…) Costanza Spocci.
La ricchezza e l’intensità dell’intervento, che spero sarà
reso disponibile da Ipsia, della professoressa Mazzuccato è impossibile da
riassumere in questa sede.
La docente dell’Università Cattolica ci ha mostrato varie
immagini, tra cui il simbolo, di grandissimo significato, della Corte
Costituzionale del Sudafrica che ci parla non di una giustizia che si ferma
alla punizione, ma che si impegna, prioritariamente, nella protezione.
Il simbolo è un albero che ci chiede un gesto
difficilissimo: “siamo disposti a stare
sotto la stessa pianta con chi ci fa del male?”
Attenzione non è un discorso buonista, tutt’altro.
Pensate a quei territori contrassegnati da conflitti, guerre
civili, scontri interetnici, in cui, ad esempio alla fermata dell’autobus, non
si può prescindere dallo sfiorare, incontrare lo sguardo di esponenti del “gruppo
rivale”, di chi, appunto ci ha fatto e ci fa del male.
Di chi, ad esempio, può aver ucciso un figlio/a.
La docente ci ha chiesto di fermarci, di riflettere sul
rapporto con i nostri “altri difficili”.
Nel rapporto con loro, siamo “giustizieri” o “giusti”? Riusciamo
a rinunciare sia alla bilancia che alla spada, senza far venire meno, per
questo motivo, proprio la giustizia?
“E’ giusto – ci ha
chiesto provocatoriamente la docente – fare
del male a chi ci ha fatto del male?”
Dopo il complesso di Edipo, Mazzuccato ci ha chiesto di prendere
in considerazione il complesso di Caino e ci ha consigliato (e io volentieri mi
faccio ponte…) il quadro di Francisco Goya:
“I due stranieri o i due fratelli?”
Io, da figlio unico, figlio di figlia unica, a sua volta figlia
di figlia unica, padre di un figlio unico, non ne sono un esperto, ma condivido,
oltre i confini familiari, la riflessione sottesa: “Il fratello/la sorella è il/la mio/a primo/a straniero/a”.
Tra i tanti insegnamenti della giornata, per una società e
una comunità educante e nonviolenta, mi sono portato, in particolare, a casa
questo: E’ sempre giusto ascoltare
qualcuno/a anche se pensiamo che sia dalla parte del torto”.
Tornando al tema del rapporto con le donne e con la violenza
maschile, io oggi sono orgoglioso di terminare, come mero osservatore, l’assemblea
nazionale aperta di Ipsia in un circolo
Acli milanese, intitolato ad uno degli uomini e dei leader più dolci, intelligenti,
inclusivi che mai abbia conosciuto, frequentato, amato in vita mia: l’ex
presidente nazionale delle Acli Giovanni
Bianchi.
Giovanni (ma quanto, quanto mi/ci manca Silvia…?!) ha scritto, tra i suoi i tanti, un libro prezioso che ci
interroga profondamente come sindacalisti e come aclisti, dedicato ad una donna
davvero poco considerata nel Vangelo: “Dalla parte di Marta”.
Non scorderò, concludo, le scale salite nel 2018, in un
appartamento nel centro di Firenze, durante un agosto caldissimo.
Incontravo Barbara
von Berger, la giovanissima insegnante di lingue, che, con Adele Corradi
(altra grande donna e maestra) affiancava don
Lorenzo Milani nella scuola di Barbiana,
con le sue metodologie non autoritarie che avrebbero illuminato le scuole
popolari e il sindacato nell’introdurre in tutti i settori la conquista contrattuale,
scommessa sulla risorsa Tempo/Vita, delle 150
ore per il diritto allo studio.
La mia conversazione con Barbara von Berger che ho incluso
nella seconda (di tre) edizione del mio libro: “Quel filo teso tra Fiesole e Barbiana. Don
Milani e il mondo del lavoro”,era
volta (ancora non era stato pubblicato un volume ad hoc, successivo) a dare
spazio alle bambine e alle donne di Barbiana, spesso messe in ombra dai maschi
(magari diventati sindacalisti) e forse anche da Don Lorenzo stesso.
Barbara, disabile, aveva superato, di slancio, una doppia
discriminazione, salendo le strade di montagna del Mugello, all’ombra del Monte
Giovi.
Li presentammo in anteprima, i risultati di questa
conversazione, in un evento intitolato proprio: “Le bambine di Barbiana”
in un 25 novembre, sempre del 2018, che oggi mi sembra lontanissimo nei locali
di Via Benedetto Dei, a Firenze, sede della Usr Cisl della Toscana.
Oggi, lo dico con sincerità e so anche che sbaglio (ma siamo
esseri umani), non riesco ad aprire, a leggere, a sostenere con lo sguardo e
con l’anima, anche per la mia dolorosissima vicenda personale, non solo per quello
che in questi mesi, purtroppo, ho imparato provando a specchiarmi in occhi
trafitti, crocifissi, ma non sconfitti, vivi, di donna, nessuna delle iniziative/delle parole della Cisl sulla violenza di
genere.
Nessuna.
Ma le ferite più dure e sanguinanti e, alla fine, anche il
mio libro su Don Lorenzo, come ogni libro (compresi quelli di Rula) è nato da
una ferita, possono farsi “feritoie”.
Donare, inaspettatamente un po’ di Pace, Luce, Ri-generazione,…di
Giustizia, Riparativa.
Per farlo, però, dobbiamo imparare a guardarci negli occhi, a
stare negli occhi dell’altro/a, senza, ovviamente, mai, assolutamente mai, confondere vittime e carnefici.
Senza mai farle
sparire dal nostro sguardo le vittime.
Possiamo/dobbiamo rialzarci insieme, uomini e donne.
Respirare, senza soffocarci a vicenda, il respiro dell’altro
e dell’altra.
Una Speranza che
scrivo e vivo, guccinianamente, nel tempo/istante dell’Aurora: un “sogno che si fa da svegli!”, come ci insegnava
Pierre. Il seme e l’albero, come ci
insegnano le donne e gli uomini, i progetti, le opere, la visione e i sogni di Ipsia.
Francesco Lauria(maschio e figlio unico in rieducazione…😊 )
Ieri pomeriggio mi trovavo a Modena, in un parcheggio, dopo aver pranzato con un amico, che non vedevo da tempo e che mi aveva contattato, preoccupato della mia situazione con la Cisl, dopo il mio infame licenziamento.
Avevo appena mangiato i tortellini più buoni della mia vita e, come sempre in questo periodo (da licenziato), mi è era anche stato offerto, nonostante le mie sincere proteste, il pranzo.
Nel parcheggio ho letto una mail, da Via Po, a Roma, che mi ha distrutto, dilaniato, annientato, annichilito.
Una persona che stimavo, a cui avrei affidato le mie cose e i miei affetti più cari, per cui mi sarei anche gettato nel rogo, dichiarando palesemente e sfrontatamente il falso, mi si rivoltava contro pubblicamente, attaccandomi a testa bassa e, addirittura negando di aver ricevuto pressioni, anzi, cosa davvero sconcertante, dichiarando di averle subite da me.
Uno stravolgimento completo, assoluto, di una verità incontrovertibile, almeno a me talmente chiara da sembrare ovvia.
Un tradimento completo, imbarazzante della dignità del mandato di rappresentanza (sacro!) ricevuto da lavoratori e lavoratrici con il voto.
Mi si dirà e mi è stato più volte detto: "Francesco, ma non ti sei ancora abituato? E' chiaro che ti abbandoneranno tutti e tutte: anche quelli/e con cui hai spezzato il pane, anche quelli/e con cui hai costruito, pazientemente, sogni. Sei davvero un ingenuo, presuntuoso, ti farai male!"
Discorsi come questo ne ho ascoltati a centinaia in questi mesi, la maggior parte anche sinceri, in buona fede.
Ho sempre tirato dritto, maledetto queste parole. Facendo di testa mia.
Di fronte alla tracotanza del potere e, nel caso della mia collega, al terrore del potere, bisogna compiere una scelta.
Io l'ho fatta. Non avevo alternative, fin dall'asilo, non proprio con queste parole, ho sempre pensato (con un po' di eccesso di moralismo) che non è difficile tra potere e verità o tra comodità ed eresia, scegliere SEMPRE e COMUNQUE i secondi.
Ieri, da Modena ho proseguito in macchina, in quella che in Cisl viene chiamata l'Emilia Centrale, fino a Reggio Emilia, dove ho trovato ascolto, un caffè, un sorriso bellissimo, espressione della più genuina saggezza emiliana.
Ho anche ascoltato il desiderio, futuro, di tornare a suonare un pianoforte.
Ho visto, persino, nella pancia di una giovane nipote, un pronipote in arrivo...
"Francesco, sei bello (affermazione invero generosa), non ti devi abbattere: Secondo me la "nostra" Cisl è indietro come le code!".
Ho sorriso a Susanna Morelli (la moglie battagliera, vivacissima e fantastica di Pippo) e, subito, ho pensato ad una persona che, telepaticamente, mi ha telefonato.
Io continuo a credere, con Giordano Bruno che: "La libertà di pensiero è più forte della tracotanza del potere".
Mi era stato predetto: "Andrai al rogo!".
Succederà (forse anche presto), pazienza, ci sarà qualcun altro/altra che porterà avanti una battaglia nonviolenta che si alimenta del desiderio di Amore (come affermava Giulio Pastore), non di vendetta o di rivalsa.
Ieri sera, arrivato di fronte alla sede della Cisl di Reggio Emilia per rivedere il docufilm su Ermanno Gorrieri, realizzato dal figlio Claudio (filmato che, peraltro, conosco già a memoria) ho deciso di "mollare".
In un qualche senso (non assoluto) di arrendermi, abbassare le armi.
Me ne sono andato via in silenzio, imboccando la tangenziale verso Parma.
Non mi arrendo, ovviamente, alla tracotanza del Potere, non ne sono capace, non fa parte di me. Diventerei un "impostore" di me stesso.
Non mi arrendo di fronte alla violenza (non solo quella, per fortuna non fisicamente, perpetrata contro di me).
Non giro la testa da un'altra parte di fronte alle violenze che vedo commesse, nella Cisl, di fronte ad altre persone.
Come ha affermato, con lungimiranza, un ex dirigente apicale di una federazione di categoria un tempo memorabile proprio della Cisl Emilia Centrale: "in certe situazioni per prendere parte, anzi per sentirsi, rispettosamente, parte, non occorre per nulla essere eroi, basta solo essere persone - basta solo rimanere umani".
Rivendico che senza alcun dubbio, come avrebbe detto Silvio Berlusconi pur da "abbronzato", dopo oltre 400 anni, Giordano Bruno abbia "vinto".
Come affermava in latino Giulio Pastore sia di fronte al fascismo che di fronte al Governo Tambroni, sostenuto dal Movimento Sociale Italiano, da cui si dimise senza indugiare: "bisogna farla ardere la fiamma!".
Non la fiamma del potere o della tomba del Duce, ma quella della passione e della fede.
Del lavoro, degli ultimi e delle ultime, dell'Amicizia e, per che no, anche dell'Amore.
Senza dubbio, in me, tornato a Parma, ha vinto soprattutto Niccolo Fabi (ed era anche ora, ma sono, purtroppo, un fottuto, "permaloso, figlio unico"...)
Da giovanissimo giornalista in formazione e in forma del tutto volontaria, ho fatto in tempo a scrivere qualche articolo per il glorioso quotidiano cattolico-democratico IL POPOLO, fondato, 102 anni fa, dall'antifascista GIUSEPPE DONATI.
Allora il direttore era FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, c'era anche la giornalista Chiara Geloni.
Ho continuato, ancora più saltuariamente, non sempre firmandomi, a scrivere per Europa, quotidiano di cui Garofani era, invece, vicedirettore.
Ho scritto, grazie a lui, pur non firmandolo personalmente, anche qualche editoriale in prima pagina, nel 2007.
Di Garofani ricordo, in particolare, il volume, interessantissimo del 2013, scritto insieme a David Sassoli: "Il potere fragile - I consigli dei ministri durante il sequestro Moro" (edizioni Eri). Un documento prezioso e, a tratti, inquietante, sull'inadeguatezza e sull'impreparazione della classe politica e dirigente italiana rispetto ai tragici eventi relativi al sequestro e all'uccisione di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse, oltre quarantacinque anni fa.
Insomma, Francesco Saverio Garofani è certamente una persona per bene, di grande valore e di preziosa cultura (cattolico-democratica, sì, di sinistra).
"Fino a quando ci saranno persone discriminate e oppresse, avrà sempre senso parlare e agire in nome della teologia della liberazione". Leonardo Boff
Ieri, davvero inaspettatamente, ho ricevuto un ulteriore contributo, importante, per le mie spese legali.
Un sostegno ancora, è scritto nel bonifico, in nome ed in ricordo di Emilio Gabaglio, già Presidente Nazionale delle Acli, segretario confederale della Cisl (anche organizzativo), segretario generale della Confederazione Europea dei Sindacati, in questa veste membro autorevole della Convenzione per la redazione della Costituzione Europea, ispiratore ed accompagnatore del percorso che ha portato alla costituzione, a Vienna nel 2006, di un'unica confederazione sindacale mondiale, la Confederazione Sindacale Internazionale (Ituc-Csi).
Non proveniva, questa volta dalla famiglia (moglie, figlie) di Emilio, ma da una figura da sempre vicina alla Cisl ed attiva, a livello apicale, nelle istituzioni europee.
Mi sono chiesto, quasi ossessivamente: Me lo merito? Come faccio ad esserne degno?
Proprio ieri non potevo che non interessarmi alle, purtroppo non nuove, gravi vicende avvenute a Prato, un tiro di sguardo dalla "mia" Pistoia, con i lavoratori in sciopero (aggiungo pakistani, solo perchè nel loro caso abbiamo una doppia, se non tripla discriminazione) picchiati, peraltro in questo caso insieme agli agenti della Digos, dagli emissari violenti e sfrontati dei padroncini crumiri (si, in questo caso cinesi, ma non è, nemmeno a Prato, una prerogativa etnica).
Anche qui mi sono chiesto, che cosa potessi fare, mentre da Pistoia mi dirigevo verso Parma, la mia città natale, dove, peraltro, a detrimento della tutela dei lavoratori e delle lavoratrici e del valore della rappresentanza sindacale, sono successe cose (specifiche) gravissime, proprio nel sindacato, proprio nella Cisl.
Ma soprattutto, mi sono chiesto, pensando a Prato, Pistoia e Parma, come mi hanno insegnato i miei maestri proprio nel sindacato, come posso capire, che posso essere con - essere tra, agire per?
Mi sono ricordato quando, da solo, in macchina, ho percorso la strada secondaria tra Pistoia e Prato, passando per Montemurlo, fermandomi, in silenziosa e lancinante preghiera a Oste, davanti all'orditoio della fabbrichetta tessile, dove ha trovato la morte, infame, anche per la gestione superficiale delle norme sulle salute e sicurezza, Luana D'Orazio. giovane donna di soli ventidue anni, lavoratrice e madre.
Una giovane donna lavoratrice, proprio quella Luana che, durante l'impiego precedente, non come operaia tessile, ma come cameriera in un bar-ristorante, aveva calcato, insieme al padre, i pavimenti della vecchia sede dell'ufficio vertenze della Cisl di Pistoia, in Viale Matteotti.
A Montemurlo sono stato anche successivamente, durante la manifestazione del primo maggio di quest'anno, con mio figlio Jacopo, uno strano (e strambo) primo maggio unitario, ma diviso, dove i "leader" (tra virgolette) delle tre confederazioni si trovavano in posti diversi (pur se collegati con maxischermi) e dove i funzionari (non mi riesce qui, parola diversa) di Cgil Cisl e Uil si allontanavano, quasi tutti/tutte, subito dopo l'intervento del proprio segretario o della propria segretaria generale.
Il primo maggio nazionale a Montemurlo, lo spiegavo a Jacopo, era un "primo maggio blu", perchè invaso da una marea dei funzionari e delegati della terza confederazione sindacale italiana, la Uil, dato che erano previste le conclusioni del segretario generale Pierpaolo Bombardieri, subito dopo l'abbraccio pubblico, e nel caso di Pierpaolo davvero sincero, con Emma D'Orazio, la mamma di Luana.
A Luana, Montemurlo, ha dedicato, in quella occasione, anche una strada.
Mentre, con Jacopo, prendevo ai gazebo una bottiglietta d'acqua sotto il caldo più che primaverile della piana Toscana (quella stessa piana di Don Lorenzo Milani a San Donato di Calenzano...) non riuscivo a non pensare proprio ai miei maestri della Cisl (e forse non solo...) che mi raccontavano, a cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, come si era sviluppata, dapprima timidamente, l'unità di azione sindacale, a partire dalle aziende metalmeccaniche.
Si convocavano scioperi e manifestazioni in forma rigorosamente separata, ci si trovava ai lati opposti dei marciapiedi, ma si cominciava a marciare, cantare, lottare insieme.
Prima di nascosto e, poi, "gridandolo sui tetti", o magari, nei velodromi.
Non solo nelle piazze e negli scioperi, ma anche attraverso la contrattazione articolata nelle aziende, grande intuizione, poi CONDIVISA, della Cisl.
Seguono quindi gli anni dell’impegno nel
sindacato per la "verticalizzazione" (dare davvero il potere alle federazioni di categoria...),
l’incompatibilità con le cariche politiche, il
superamento delle differenze normative tra
impiegati ed operai, sul rinnovamento delle
forme di lotta e sull’unità di azione che
culminerà proprio con il comizio unitario al velodromo Vigorelli
di Milano, non pienamente autorizzato né
dalla Fim, né dalla Cisl nazionali e condiviso da Pierre Carniti con il neoeletto segretario generale della
Fiom, allora, ancora un po’ impacciato
nell’arte oratoria, Bruno Trentin.
Insomma, tornando ad Emilio Gabaglio, una cosa che mi accomuna (lo dico pudicamente) a lui mi è venuta in mente.
Dirigenti apicali della Cisl di oggi, penso al probabile futuro segretario generale nazionale Mattia Pirulli (di altra estrazione ecclesiale) ci hanno sempre messo insieme, scherzando per carità:
"Lauria, Iuliano, Gabaglio, gli ultimi (sottointeso, per fortuna) tre teologi della liberazione nella Cisl!"
E via giù di risate, di superficiali ed estemporanee accuse di estremismo, di patenti, immeritate, di "cattocomunismo". (Gabaglio, quando, successore di Livio Labor, presiedette le Acli, a Vallombrosa, parlò di "ipotesi, opzione, socialista", non comunista!)
Al di là che "liberazione" non dovrebbe essere un termine non disprezzato da Pirulli (certo con altri accoppiamenti lessicali) sono sempre stato orgoglioso di essere, pur ridancianamente, accostato al responsabile internazionale della Cisl Giuseppe Iuliano (uno che, come ha scritto nella sua lettera aperta alla segreteria confederale Cisl per l'apertura di un dialogo nei miei confronti, rimasta desolantemente senza alcuna risposta, ha "servito"/affiancato otto o nove segretari generali della Cisl) e ad Emilio.
Racconta Leonardo Boff, ex francescano, lui sì, grande teologo della liberazione, brasiliano, della sua scelta di diventare sacerdote, nello stupendo libro in dialogo con lo psicoanalista junghianoLuigi Zoja.
Il volume si intitola: "Tra eresia e verità", una conversazione, bellissima, verso l'ecologia e la liberazione integrale
Si tratta di uno dei libri che, ormai da più di una decina di anni, hanno condizionato e ispirato moltissimo la mia attività di formatore, ricercatore e sindacalista.
Un libro cui il teologo francescano brasiliano racconta, in dialogo con Zoja, che, da grande, voleva fare il camionista. Ma, alla domanda, posta in una Chiesa da un sacerdote tedesco, "chi vuole diventare francescano?", sente una, inaspettatamente, sorta di calore dentro. E, alza la mano.
Fa una scelta, un'eresia decisiva, etimologicamente parlando.
Si incammina, verso la ricerca, paziente ed ostinata, della Verità.
Un cammino non senza salite, deviazioni, ripensamenti, imperfezioni.
E' bellissimo il passaggio in cui Boff, mentre sta per diventare sacerdote, parla dei propri sogni, non in senso metaforico, ma proprio letterale.
Insomma Leonardo Boff io lo metto insieme a Gustavo Gutierrez e al vescovo dei poveri (con o senza Giubileo dedicato...) Helder Camara.
Ma lo metto, anche, cislinamente, insieme a Pippo Morelli e a Beppe Stoppiglia. A Enrico Giusti. Ad Augusta Restelli...
Non siamo tre, mi dispiace Mattia, siamo una moltitudine, unita nella diversità, nell'amore dell'intreccio delle differenze, come in una huipala, la sciarpa dei popoli indigeni dell'Ecuador da cui, in queste settimane, non riesco, mai, a separarmi.
Siamo una moltitudine che, ancora oggi, si interroga, sopporta le condanne al "silenzio ossequioso" delle varie Inquisizioni, e incontra il futuro, in un kairòs, un tempo opportuno e circolare, magari (altra eresia!) attraverso i tesori nascosti delle culture indigene.
Già, ci sarebbe da scrivere parecchio sul rapporto tra culture indigene e rappresentanza, su una concezione della democrazia, politica ed economica, non solo Occidentale.
Ma, per oggi, come mi dicono in tanti e tante, ho già scritto troppo.
Il (quasi) teologo della liberazione, catto_comunista_indigeno_parmigiano (Mattia Pirulli dixit),
Come ho annunciato ieri, a circa due
mesi dalla presentazione (20 settembre 2025), è arrivato il LODO emesso dai
probiviri confederali CISL rispetto al ricorso (il primo dei tanti) da me
intentato nei confronti dei signori BATTISTA (Danilo), SPAGGIARI (Alessandro) e
FUMAROLA (Daniela).
Come ho scritto ieri e come confermo,
vista la SPROPORZIONE DI POTERE delle forze in campo (peraltro uno contro
tre...) e tutti i precedenti sfavorevoli (anche nelle categorie e nelle Usr,
con alcune rare eccezioni) un onesto UNO ad UNO.
Approfondisco le considerazioni di ieri…
e delineo una prima PROSPETTIVA.
1) E’ emersa l'INCREDIBILE NOTIZIA (come
scrivevo ieri, “davvero incredibile”) che DANILO
BATTISTA, direttore della sede confederale Cisl, componente in “quota Cisl”
del Consiglio di Amministrazione dell’Inail (chiedo con fiducia che qualcuno mi
enumeri le sue competenze specifiche che, a mio parere, dopo attenta lettura
del sui CV, non paiono sussistere) e di chissà quanti altri organismi (interni
ed esterni) NON E' ISCRITTO ALLA CISL
(ripeto NON E' ISCRITTO ALLA CISL).
Come scrivevo ieri, ora capisco perchè
si era agitato tanto (in quel caso avendo qualche ragione) quando io insistevo,
in sede di audizione disciplinare, che i dipendenti della sede confederale
DOVESSERO essere iscritti e militanti della Cisl.
In realtà è stato inserito, non me ne
ero accorto, chiedo venia, un “PRIORITARIAMENTE”
Quindi Danilo Battista, che NON è NE'
ISCRITTO, NE' MILITANTE CISL, è IMPROCEDIBILE (rispetto ai probiviri), ma anche
RESIDUALE (rispetto ai dipendenti che, insieme ad Alessandro Spaggiari,
dirige).
Come scrivevo ieri, non sta a me
prendere decisioni, ma, a mio parere, il SUO RUOLO, già discutibile visto il
noto, anche televisivamente, pensiamo a Report, cursus honorum, è, almeno da un
punto di vista ETICO, fortemente COMPROMESSO da questa RIVELAZIONE.
Perchè, sinceramente, credo che nessuno
si aspettasse, ripeto, che l'ex (e dalle voci provenienti da Via Po anche
possibile futuro) Presidente Nazionale del CAF CISL DANILO BATTISTA NON fosse
ISCRITTO alla CISL.
Diversi commentatori della Cisl, saputa
la notizia della sua NON ISCRIZIONE (è forse iscritto ad altro Sindacato?) si
sono detti, spesso PUBBLICAMENTE, ESTERREFATTI, INDIGNATI, in alcuni casi,
SCONVOLTI.
Confermo, quindi, IL PAREGGIO. Lui la
scampa, ma ci fa davvero, sempre a mio parere, UNA PESSIMA, pessima, pessima FIGURA. A meno che, davvero, TUTTO sia concesso ai POTENTI.
2) Come scrivevo ieri mi ritengo, PER ORA, soddisfatto della decisione
nei confronti di ALESSANDRO SPAGGIARI, che lo stesso collegio dei probiviri
CISL riconosce avere una posizione più delicata ed esposta di DANIELA FUMAROLA
(sarà, ai sensi dell’Art. 26 dello Statuto della Cisl, il collegio dei
probiviri della FIRST CISL a valutare se le prove, a mio parere,
INCONTROVERTIBILI dell'illecito da lui chiaramente commesso nei miei confronti
siano SUFFICIENTI o MENO).
La reputo quindi una mia e del diritto
dei lavoratori e delle lavoratrici, VITTORIA (pur provvisoria e da confermare e
con alcune incognite, a mio parere, anche
inquietanti che esporrò di seguito nel valutare, dal mio punto di vista, la
posizione di Daniela Fumarola…)
3) Rispetto a DANIELA FUMAROLA (nella
foto da me riportata immagino ritratta dopo l'apertura della busta del lodo dei
probiviri CISL), non presente alla riunione online del primo agosto 2025 (ricordo
volta, di comune accordo, a tracciare un percorso accettabile per giungere alle
mie DIMISSIONI VOLONTARIE DA DIPENDENTE CISL, visto il CONTESTO SPAVENTOSO che
stavo vivendo dopo VENTI ANNI di impegno nella e con la confederazione).
Per alleggerire IN TUTTI I MODI la
posizione della segretaria generale della CISL (scriverlo, oggi, mi fa davvero
male) si ricorda, infatti, che la stessa non fosse presente alla riunione e
che, quindi non avrebbe potuto partecipare all’EVENTUALE ATTO CRIMINOSO nei
miei confronti.
Si dimentica che la stessa FUMAROLA con
il sig. SPAGGIARI (BATTISTA, forse perché non iscritto alla CISL non firma le
contestazioni disciplinari, pur gestendole…) abbia FIRMATO la prima contestazione
disciplinare del 15 settembre (e poi anche la seconda del 7 ottobre) nei miei
confronti.
C’è qualcosa di male in questo?
Certamente sì.
Il collegio dei probiviri compie tre
atti, a mio parere, di una gravità inaudita che nemmeno, il quasi comprensibile
intento di SALVARE a tutti i costi l’ex segretaria della Cisl di Taranto, può
giustificare…
1)Rileva, come a mio parere proditoriamente affermava Fumarola,
il mio ricorso si sia esplicitato durante un procedimento (e poi provvedimento)
disciplinare a mio carico, quasi come se, in questo ambito, tutto, anche in
spregio alla legge (non solo di Statuto, Regolamento e Codice Etico Cisl) fosse
ammesso, in una specie di FAR WEST DATORIALE che un SINDACATO CHE SI RISPETTI
non dovrebbe, mai, mai permettere;
2)Mette sullo stesso piano, ignorando tonnellate e tonnellate
di UNANIME GIURISPRUDENZA del lavoro, la mia più che legittima REGISTRAZIONE DIFENSIVA,
prodotta proprio in zona cesarini, di fronte alla negazione arrogante e
disperante di TUTTE LE EVIDENZE (e quando scrivo tutte, intendo tutte) e la
MANIFESTA, ACCLARATA ILLECITA (illecita, non solo illegittima) REGISTRAZIONE
DATORIALE OCCULTA nei miei confronti.
Questo aspetto ha stupito, indignato, inquietato,
preoccupato i giuslavoristi e i sindacalisti in tutta Europa (anche se,
ammetto, non avuto grandi riscontri in ambito Confederazione Europea dei
Sindacati, non si può ottenere proprio tutto, la Cisl è uno dei maggiori
contribuenti alla Ces a livello europeo…).
C’è poi un ulteriore aspetto ancora più inquietante
che, nonostante i probiviri Cisl incredibilmente lo neghino, ho sottolineato e
meglio precisato in sede di (solitaria) audizione. In almeno un caso la “sbobinatura”
è stata volutamente alterata o meglio proditoriamente interpretata.
Mi è stato, infatti, imputato di aver confidato la mia
situazione personale (manco fossimo davvero nella Cambogia dei peggiori Kmer
Rossi o sotto il nazismo) a: “persona del tutto estranea all’organizzazione
Cisl come PIERO RAGAZZINI”. Al di là che, io avessi confidato a Piero, che è
stato, lo ricordo, tra le tante cariche ricoperte, segretario confederale
amministrativo Cisl nazionale, semplicemente un piccolo aspetto specifico (la
mia convinzione che fosse normale e prassi riconoscere in Cisl i
sottoinquadramenti operati in occasione di dimissioni volontarie o, comunque,
di chiusura, non conflittuale, di rapporto di lavoro), io il nome di Piero Ragazzini,
in sede di audizione disciplinare, non l’avevo proprio fatto! Si poteva solo
dedurre.
Questo fa capire che è proprio vero che, fino al 29
ottobre, giorno precedente l’audizione solitaria presso i probiviri
confederali, io la mia audizione non l’avessi mai riascoltata e quando dico
mai, intendo proprio mai.
L’aver utilizzato una registrazione occulta (e cosa dovrei
provare, cari probiviri, devo produrre le pile del registratore dei miei
interlocutori? Magari pure cariche?) è un elemento che, in qualsiasi contesto,
non solo giuslavoristico, viene sanzionato a qualsiasi azienda.
E se, nei miei
confronti, di iscritto e militante e, a norma di regolamento confederale, quadro
direttivo Cisl (non sono mica DANILO BATTISTA da AVELLINO, sono FRANCESCO
LAURIA, da PARMA) la CISL non è più un SINDACATO, ma un’AZIENDA (e, me lo si
conceda, forse anche delle peggiori), come TALE, deve essere valutata e come
tali devono essere valutati i comportamenti dei suoi DIRIGENTI (iscritti e non
iscritti…)
3)Mi si imputa di non aver aggiunto sostanzialmente
nulla, nelle tre ore e tredici minuti di audizione solitaria, a quanto
depositato nei ricorsi. Al di là che, come ho già scritto, ciò sia palesemente FALSO,
sottolineo che l’audizione del 30 di ottobre avrebbe dovuto essere un CONTRADDITTORIO,
un CONFRONTO, anche nel rispetto dello Statuto della Cisl e del Regolamento di
comportamento nell’ambito dei collegi dei probiviri (al plurale, non solo quello
confederale).
BATTISTA, SPAGGARI, FUMAROLA NON SI SONO PRESENTATI e,
che io sappia, NON HANNO NEMMENO AVVERTITO/GIUSTIFICATO la loro ASSENZA.
Tutto questo, sinceramente, è, a mio parere, SCANDALOSO e chi volesse
riscontrarlo, ricostruendo tutti i passaggi può farlo qui:
Non mi darò per vinto, certo, anche nel
percorso giuslavoristico che sto imbastendo con impegno e ben consigliato,
supportato, sia a livello di diritto del lavoro che sindacale.
Ma, ogni giorno di più, mi rendo conto
che NON SONO SOLO.
Per due motivi: l’ENORME e VARIEGATA (anche se, per
paura di RITORSIONI, un po’ sotto traccia) mobilitazione in mio SOSTEGNO (in
Italia, ma anche, a macchia di leopardo, anche in EUROPA).
Ma, soprattutto, perché i miei OCCHI
STANCHI non sono gli UNICI OCCHI STANCHI.
Non sono nemmeno QUATTRO, SEI, OTTO
OCCHI...
Sono molti di più, in tutto il Paese, in
tutta la complessa macchina/organizzazione della CISL.
Se i dossier che mi vengono mandati,
spesso in forma ANONIMA, come ho fatto a mettere a verbale lo scorso 22 ottobre,
io nemmeno li apro, LE PERSONE, in CARNE, OSSA, SANGUE, RESPIRO, io, invece, le
ASCOLTO.
Mi immedesimo IN LORO, cerco di IMPARARE
da loro, le sento VICINE, PROSSIME. SOFFRO e LOTTO con LORO, rispettando le diverse
forme, attitudini, mentalità, difficoltà, strategie, incertezze.
La loro FERITA è la MIA FERITA.
A queste persone che TUTTE (non solo UNA…), pur nella loro articolata diversità, mi fanno battere il CUORE, io proverò a stare vicino, ad essere prossimo, con
AMORE e VALORE.
Perché, lo ripeto ancora una volta, sino
allo sfinimento, SINDACATO, CISL, significa fare, essere, costruire, tessere
INSIEME GIUSTIZIA.
Non si può essere sindacalisti (o
formatori, ricercatori sindacali che dir si voglia) se non si canta INSIEME almeno
una CANZONE.
Un esempio?
La canzone che ho citato (per fortuna di
STUDENTI/STUDENTESSE non cantato) durante la mia lezione partecipata, sulle 150 ore per il diritto allo studio, presso l’UNIVERSITA’
DI BOLOGNA, lo scorso 13 ottobre.
Come intimato dal non iscritto Cisl DANILO
BATTISTA, ho svolto diligentemente la lezione come: “libero cittadino”, senza
alcuna insegna CISL, perché mi trovavo in un, per me INFAME, regime di SOSPENSIONE
CAUTELATIVA, peraltro adottato attraverso le peggiori FORME GRAVATORIE presenti
nell’ordinamento (non nel contratto Cisl, perché lì questo istituto semplicemente
non esiste, è stato “inventato” solo per il sottoscritto).
La mia lezione, nell’ambito dei corsi
del Prof. EMANUELE LEONARDI, si intitolava: “IL SAPERE NON HA PADRONE”.
La canzone?
E’ questa… (e a me pare, caro Danilo
Battista, molto, molto vicina alla mia, per carità, CONCEZIONE DI SENSO della CISL…)
MANIFESTO
“Io non canto solo per cantare
né perché ho una bella voce,
canto perché la CHITARRA
possiede SENTIMENTO e RAGIONE
(…)
La mia chitarra non è dei ricchi
nè sembra esserlo
il mio canto è per le IMPALCATURE
che cercano di raggiungere le STELLE
perché il CANTO ha SENSO
QUANDO PALPITA NELLE VENE
di chi morirà contando
le VERITA’ SINCERE,
non serve a raccogliere PREMI FUGACI
né per darmi fama internazionale
ma è il canto di uno SPICCHIO di TERRA
che giunge giù fino in fondo al MONDO.
Là, dove tutto giunge
e dove tutto ha INIZIO
UN CANTO CHE SIA STATO CORAGGIOSO
SARA’ SEMPRE UNA CANZONE NUOVA.”
(Victor JARA, Manifesto, 1973 - anno, tra buio e luce anche delle 150 ore - canzone
scritta e cantata poco prima del suo assassinio, a Santiago del Cile, durante
il GOLPE del generale PINOCHET).
Sta a noi, oggi, con le nostre PAROLE, la nostra VOCE, la nostra SPERANZA, con i nostri OCCHI, stanchi, mai DOMI, cantare, INSIEME, nel solco di Victor Jara, una CANZONE NUOVA, un MANIFESTO.
Una canzone, VERAMENTE, INTIMAMENTE, "MANIFESTAMENTE", CISL anche se c’è chi, inevitabilmente, può NON essere, oggettivamente, in grado di capire.