lunedì 15 dicembre 2025

LE RADICI E LE ALI DI DON EDOARDO MARZARI E PAOLA SERAFIN. TRIESTE, COME OGNI LUOGO, COME OGNI CIELO.

Ieri, arrivato a Trieste per altre ricerche, pieno di nostalgici e piacevoli ricordi universitari, ho potuto partecipare a un'interessante iniziativa delle Acli del capoluogo giuliano, nell'ambito dei festeggiamenti e degli approfondimenti legati all'ottantesimo della loro fondazione.

Si discuteva con l'introduzione di Erica Mastrociani e le relazioni di Francesco Russo e Raul Pupo, di una figura che già conoscevo abbastanza bene, ma che mi ha ulteriormente incuriosito: Don Edoardo Marzari.

Si tratta di un sacerdote, come è stato giustamente detto ieri, nella saletta delle conferenze della Regione Autonoma del Friuli Venezia Giulia, in piazza Oberdan, la cui ricca biografia ha poco da invidiare ai Don Milani e ai Don Mazzolari, a Don Minzoni, per citare solo alcuni sacerdoti "sociali" molto conosciuti.

Nato a Capodistria nel 1905 e scomparso a Trieste nel 1973, Don Mazari è una figura ricchissima, su più fronti, non tutti ecclesiastici, ma anche molto, molto laici (e quanto ci sarebbe da discutere su questa ultima parola!)

E' tutto da leggere il suo articolo del 1939 sul settimanale diocesano Vita Nova, da lui diretto, che gli causò la persecuzione fascista.

Davvero eclatante, a livello nazionale, è quello che successe il 13 giugno 1944, quando divenne, incredibilmente su principale proposta comunista, il primo (e credo unico) sacerdote a capo di un CLN (Comitato di Liberazione Nazionale Partigiano) in Italia.

Come è scritto sul sito nazionale dell'Anpi: 

"il sacerdote diede un grande contributo nell'organizzazione delle formazioni della Resistenza e nel loro rifornimento in armi, denaro e viveri. 

Don Marzari seppe anche superare, nello spirito della comune lotta contro il nemico, le frizioni con i partigiani comunisti, maggioritari in quella zona di confine. 

Nel febbraio del '45, il presidente del CLN cadde nelle mani dei fascisti della "banda Collotti". Rinchiuso nel carcere del Coroneo, l'esponente della Resistenza giuliana fu inutilmente interrogato e torturato dalle SS. 

La sua sorte pareva ormai segnata, ma la sera del 29 aprile, i partigiani della Brigata Ferrovieri riuscirono a liberarlo. 

Il mattino dopo fu don Marzari a ordinare, dalla Prefettura, l'insurrezione che avrebbe portato alla liberazione di Trieste dai nazifascisti."

Ma Don Mazari è anche un raro caso di sacerdote dirigente sindacale (non mero accompagnatore spirituale).

Nel giugno del 1945, fondò la Camera del Lavoro di Trieste e fu il primo segretario della CGIL (unitaria, con le diverse componenti cristiana, socialista e comunista) triestina

Sulla specificità e sull'anomalia (anche etnica, ma non solo) del sindacalismo confederale a Trieste si potrebbero scrivere, includendo anche gli anni Sessanta e Settanta del Novecento, non libri, ma enciclopedie, come ho provato a ricordare ieri, nel mio intervento.

Intervento nel quale ho riflettuto anche sul tema della violenza nella Resistenza cattolica, provando a stilare un parallelo non semplice tra Don Marzari e Giuseppe Dossetti, il partigiano "Benigno", di cui ieri ricorrevano i ventinove anni dalla morte.

Don Marzari fu anche tra i fondatori del Circolo della Cultura, dell'Università popolare, della Lega nazionale e delle ACLI (di cui, è stato ricordato ieri da Erica, è stato Presidente triestino dal 1946 al 1950).

Per le sue idee progressiste il sacerdote (che aveva fondato, tra l'altro, l'Opera Figli del Popolo, per assistervi laicamente ragazzi bisognosi), subì, nel 1955, un, per fortuna provvisorio, allontanamento coatto dalla città, intimato dall'allora Vescovo di Trieste.

Ma il vero capolavoro pedagogico di Don Marzari fu la sua "Repubblica dei ragazzi", che, per alcuni specifici e non assoluti aspetti, lo può avvicinare a Don Lorenzo Milani e rispetto alla quale rimando ad un bell'articolo pubblicato dal quotidiano triestino Il Piccolo, interamente consultabile online: https://www.ilpiccolo.it/cronaca/la-repubblica-di-don-marzari-modello-di-democrazia-g2qjinn6

Mentre raggiungevo Piazza Unità d'Italia, le rive e il mare, circondato dalla bellezza multiforme di Trieste, mi sono ricordato che proprio a Trieste sarei dovuto andare alcuni mesi fa.

Ero stato, infatti, invitato al congresso nazionale della Cisl Scuola, e non vedevo l'ora di partire.

Poi, un evento sindacale internazionale concomitante, mi ha costretto a rimandare il viaggio nella città di Svevo.

Ieri è stato anche il giorno, a Roma, dell'intitolazione a Roma, di una sala presso la Cisl Scuola dedicata all'ex segretaria nazionale Paola Serafin, scomparsa prematuramente nel mese di agosto di quest'anno.

Di Paola parlano molto sia la Vita che la Morte.

Una vita appassionata, che io ho incrociato spesso, occupandomi, per la Cisl, prima a livello nazionale e poi anche europeo, di educazione degli adulti e formazione, nelle sue varie declinazioni, deleghe da lei presidiate nella categoria.

Paola c'era sempre, con la sua specifica competenza sulla tutela e la valorizzazione dei dirigenti scolastici, l'attenzione alla formazione e, quando poteva, anche alla dimensione internazionale.

Con una competenza tecnica che si fondeva con la gentilezza e l'orizzonte di senso.

I suoi corsivi sono stati, opportunamente, pubblicati dalla Cisl Scuola e sono scaricabili qui:

https://www.cislscuola.it/news/dettaglio/article/i-corsivi-di-paola-serafin/

Ricorderò sempre una lunga e bella discussione tra noi in un pranzo di un corso nazionale di formazione della categoria, a Riccione.

Dibattevamo appassionatamente, io e lei, ammutolendo gli altri commensali, del ruolo dei servizi nel sindacato.

Io venivo da una ricerca europea, pieno di certezze e, pensavo, di proposte opportune e innovative, proprio sul concetto dei "servizi collettivizzanti" che avevo presentato durante il corso nazionale.

Paola che concordava su molto, ma non su tutto, mi fece delle opportune osservazioni, un bagno di realtà.

Alla fine, credo, entrambi avevamo cambiato il nostro punto di vista di partenza, trovandone, insieme, uno più avanzato, forse più complesso, meno trionfante (per quel che mi riguarda), ma più ricco.

Rispetto alla morte di Paola che ho visto e accompagnato da lontano, nel pieno del mio conflitto con la Cisl, possono dire molto più altri di me.

Paola scriveva parole di futuro, generative, quando sapeva che le rimanevano poche settimane di vita.

Non le scriveva e basta, però, le viveva.

Ha vissuto la Vita fino all'ultimo, non so se avesse il dono della Fede, ma poco importa.

Ha saputo Vivere la Morte, restituendo Vita, anche nella sofferenza, con il suo indimenticabile sorriso.

Chissà se ora, con Edoardo, da lassù sta organizzando una; "nuova Repubblica dei ragazzi e delle ragazze".

Una "repubblichetta", per carità, come la chiamava Don Marzari, una "scuolina", come definiva Barbiana don Lorenzo Milani.

Stamattina alle cinque, nel nostro ormai condiviso "alzarci all'alba" (e anche, forse un po' prima :-) ), una sindacalista della Cisl, mi ha scritto: "Noi dobbiamo stare bene, Francesco, con le persone in basso. Le altezze mi spaventano".

Non so, non credo, conoscesse Paola Serafin, non credo, magari mi sbaglio, ha avuto buoni formatori, conosca la storia di Don Edoardo.

So solo che se è vero che dicendo dei no, si dicono dei grandi sì, è ulteriormente vero che: è "stando in basso", magari nel "pozzo" con le persone, che si incontrano, si osservano, si vivono le vere altezze.

Alzando lo sguardo, nel cielo di Trieste: don Edoardo e Paola, ci indicano un sentiero e un volo.

Sta a noi, a Pistoia, come a Parma, come a Trieste, come in ogni luogo d'Italia o del mondo, fare memoria delle nostre radici, delle nostre persone, per dispiegare le nostre ali.

Abbracciando il futuro di tutte/tutti e di ciascuno/a.

Francesco Lauria

domenica 14 dicembre 2025

TORNEREMO BAMBINI E BAMBINE. TRA LE QUERCE DI MONTESOLE (DON GIUSEPPE DOSSETTI 15 DICEMBRE 1996-2025)

 

1944.

Fine di settembre.

Una linea.

Gotica.

Guerra, premature speranze.

Eccidio. 

Eccidi.

Montesole,

Casaglia.

Una chiesa, una parrocchia, 

come tante.

Don Ubaldo Marchionni

fa scudo con il suo corpo, 

al Corpo di Cristo.

Morte.

Morte infinita, 

cumuli, di corpi.

Donne.

Bambini.

Quaranta anni di silenzio, 

quaranta anni di rovi, 

di oblio.

Querce maestose,

le Querce di Montesole.

Lì, proprio lì.

La pisside, 

nascosta, forata.

Trafitta, crocifissa,

Corpo di Cristo:

proiettili nazifascisti.

L'ho vista in te. 

Dentro di te.

Riflessa in te.

In voi.

Ma la storia non finisce.

Non è finita.

Non è ancora finita.

Dove, ancora, 

si respira la morte, 

rinasce, ostinata 

la Vita.

Risorge quel corpo, 

risorge quel sangue.

Preghiera.

Grazie 

Don Giuseppe 

Comunità, Famiglia, Annunziata.

Montesole, Monteveglio.

Giordania, Palestina.

Nuovi muri.

Nuovi eccidi.

"Non vediamo più le stelle",

sotto il cielo di Gaza.

Ancora guerra fratricida 

in Europa.

Come a Prijedor,

come a Srebrenica.

Nuove preghiere.

E una nuova Resistenza.

All'odio e alla guerra. 

Alla violenza.

All'indifferenza.

All'oblio.

Ad un'economia di guerra

Ad una società in guerra.

Con se stessa.

La "cultura" dello stupro è normale?

La guerra siamo noi.

Ma Noi possiamo Essere Pace,

Scuola di Pace.

Preghiera che cura.

Potenza, tenerezza.

Proiettili

si trasformano in fiori, 

gialli. 

E in occhi, 

verdi di Speranza.

I tuoi occhi.

Anche di inverno, 

sotto la neve.

Avvento di Natale.

15 dicembre 1996, 

ventinove anni fa.

Sentinella, quanto resta della notte?

Sentinella quanto resta della notte?

Provvisoriamente

ci hai lasciato, 

Don Giuseppe Dossetti,

partigiano "Benigno".

Ma, non siamo soli.

Benedizione, Repubblica, Democrazia.

Costituzione.

Concilio.

Cittadinanza.

Ebraismo, Islam.

Culture indigene,

non solo Occidente.

Sapere.

Libertà.

Mondo.

Speranza.

Ali.

Creato.

Strada, Cammino.

Campane.

Rintocchi di Pace e di Luce.

Vangelo.

Croce, Abbraccio.

Montesole.

Sindacato.

Fare, Essere 

Giustizia Insieme.

Torneremo a correre, a cantare, 

a danzare sui prati.

Torneranno i bambini

a Montesole.

Torneremo

Bambini,

e Bambine,

migranti nel tempo,

tra le querce di Montesole.

Francesco Lauria

La storia della "pisside forata"

https://www.youtube.com/watch?v=V4DgqV7HunA

sabato 13 dicembre 2025

"IN AVVENTO LA GRAZIA NON ADDORMENTA, ACCENDE"

"Allora si apriranno gli occhi dei ciechi

e si schiuderanno gli orecchi dei sordi.
"Allora lo zoppo salterà come un cervo,
griderà di gioia la lingua del muto.
Ci sarà un sentiero e una strada
e la chiameranno via santa.
Su di essa ritorneranno i riscattati dal Signore
e verranno in Sion con giubilo;
felicità perenne splenderà sul loro capo;
gioia e felicità li seguiranno
e fuggiranno tristezza e pianto."

Le Letture di oggi, Isaia, San Giacomo apostolo, Matteo 11, sono, tutte, davvero stupende.
Nel rileggerle e meditarle, penso a una frase che mi ha detto un'amica ieri, un pensiero che le racchiude tutte, con sapienza femminile.
"Siamo umani perchè amiamo sempre. Ogni persona, in ogni luogo e in ogni tempo".
Non è una frase facile, anzi è molto impegnativa, è davvero complesso, di fronte alle prove della Vita, ai nostri "altri/altre" difficili, essere Fedeli, nella Verità, a questa affermazione.
Eppure non c'è altra Via.
'Accorgendoci di essere Vivi" non possiamo che arrenderci all'Agape dell'Amore.
Il mio parroco a Pistoia mi ha spiegato che la terza domenica di Avvento e' cosi' gioiosa che i paramenti sacri sono rosa.
Non esiste il "diritto all'odio", come diceva fallacemente un libro sbagliato del peraltro multiforme movimento del'77 nel nostro Novecento.
Fanno bene a ricordarlo Mario Calabresi e Benedetta Tobagi nel loro bellissimo spettacolo sugli anni Settanta.
Esiste l'opportunità, la scelta, l'eresia davvero opportuna dell'Amore.
Ed è bello ritrovarlo in più occhi, verdi di Speranza, di donne.
Tutte parmigiane peraltro.
Sono davvero un uomo fortunato 🙂
Buona terza domenica di Avvento.

"A volte il prezzo è piccolo ma netto: chiedere perdono senza scuse; dire una parola limpida; proteggere chi è più fragile; rinunciare a un vantaggio ingiusto; fare il bene senza clamore.
Perché il Dio che viene non è un’idea.
È il Cristo, il Veniente e il Vivente, incarnato nella tua e nella mia storia. E quando Dio si fa carne, la fede non può restare astratta.
In Avvento la grazia non addormenta: accende. Scalda, sì, ma brucia anche ciò che in noi è menzogna".
Dietrich Bonhoeffer (Sequela)

Francesco Lauria

venerdì 12 dicembre 2025

SOGNARE DA SVEGLI

"Care amiche, cari amici, ricordiamoci sempre, come ci ammoniva Aristotele, che la Speranza è un Sogno bellissimo. Ma è un Sogno che si compie, che si vive, da Svegli!" 

              (PIERRE CARNITI, indimenticabile segretario generale della Cisl) 



A presto per Novità e Sogni!

giovedì 11 dicembre 2025

"L'INTELLIGENZA DEL BOSCO: IL SAPERE SERVE SOLO PER DARLO". MIGRANTI DEL TEMPO.

Rileggendo il bellissimo discorso di mia cugina Raffaella Lauria, in occasione dei cento anni del Liceo Dante Alighieri di Bressanone (dove Raffaella è dirigente scolastica) ho riletto una frase di Don Lorenzo Milani, da lei scelta: “il sapere serve solo per darlo”. (il testo integrale qui: https://iis-bressanone.edu.it/il-discorso-della-dirigente/)

Questa frase - affermava Raffaella nel suo intervento del centenario - racchiude l’essenza più autentica dell’educazione: la conoscenza non come privilegio individuale, ma come bene da condividere, come strumento per costruire comunità, solidarietà e futuro. 

La citazione mi ha fatto venire in mente un passaggio dell’introduzione alla terza edizione del mio volume: “Quel filo teso tra Fiesole e Barbiana. Don Milani e il mondo del lavoro”, che riprende il discorso svolto dal cantautore e romanziere italo-albanese Ermal Meta, pronunciato a Taranto, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione dell’inaugurazione dell’anno scolastico, esattamente a cinquanta anni dalla pubblicazione del testo: “Lettera a una Professoressa”:

“Ho imparato a disobbedire a scuola. Non in senso negativo. 

Parlo di disobbedienza culturale.  Per disobbedire bisogna conoscere, bisogna sapere, bisogna studiare. 

Sono diventato culturalmente, mentalmente disobbediente proprio tra i banchi di scuola, perché ho avuto l’occasione conoscere me stesso, di imparare. 

Se avete questa possibilità, e ce l’avete, cercate di imparare il più possibile. Soltanto attraverso la cultura si può imparare a dire dei sì, dicendo di no. Scegliendo la propria dimensione, la propria strada (…) 

C’è sempre spazio dentro di noi per tutto quello che è stato e quello che c’è. 

La cultura fondamentalmente è questo: crearsi dei varchi nella vita, come tante piccole finestre. Più cose sai, più finestre hai attraverso le quali guardare il mondo (…) 

Bisogna essere migliorativi: se non si è migliorativi si tende a fare del male al pianeta in cui viviamo. 

Quando dico pianeta intendo anche le persone che ci stanno intorno: il mondo siamo noi, siamo migranti del tempo. 

Attraversando questo tempo, dietro di noi lasciamo delle tracce e il modo migliore per lasciare tracce è il cuore delle persone, le loro menti, i destini degli altri (…) 

Fate in modo, ragazzi, di non sprecare nemmeno un’ora del vostro tempo.”

Il fine dell’istruzione (ma con la formazione sindacale e l'educazione degli adulti non peschiamo molto lontano NdR), continuava Raffaella Lauria, è, pertanto, rendere ciascuno capace di dedicarsi al prossimo e di prendersi cura della realtà che lo circonda.

In questo senso - continuava Raffaella - la scuola può essere paragonata a ciò che la biologa/ecologa canadese, Suzanne Simard definisce “l’intelligenza del bosco”.

Nei boschi, gli alberi non competono per le risorse: si sostengono.

Non dimentichiamolo.

Anche perchè "Sapere" è un verbo da declinare insieme e all’infinito, come si legge nel titolo di un bellissimo volume scritto dalle sorelle Anna, Chiara ed Elena Granata.

Francesco Lauria

mercoledì 10 dicembre 2025

CONCETTA: IL FUOCO E LA RUGGINE SUI FIORI. BRUCIA LA SPERANZA, MA E' "VIETATO MORIRE".

Da: https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=63055 

27 giugno 2017: nella sede dell’Inps di Torino Nord, in corso Giulio Cesare 290, una donna si cosparge di alcol e si dà fuoco. È Concetta Candido, di mestiere faceva l’addetta alle pulizie in una grande birreria di Settimo.

Torinese, inquadrata in una cooperativa inventata e presieduta dagli stessi titolari della birreria. Da sei mesi Concetta è stata licenziata. Così, senza lavoro, senza liquidazione e con il sussidio di disoccupazione che per un disguido burocratico non arriva, Concetta giunge all’apice della disperazione. Per questo sceglie il fuoco come forma di pubblica protesta. Si procurerà ustioni di terzo grado sul 27% del corpo e lotterà tra la vita e la morte per mesi. La attende un percorso di lenta e dolorosa riabilitazione. Intorno a lei si forma spontaneamente una rete di sostegno affettuoso, che non riesce però a infrangere il muro di imbarazzo con cui il suo gesto è stato rimosso dai colleghi, dai vicini di casa e dai politici della comunità operaia di Settimo Torinese.

Concetta

Ho conosciuto la storia di Concetta Candido attraverso un libro “Concetta, una Storia operaia” di Gad Lerner. La storia che Lerner racconta è una storia che conosciamo molto bene, è una storia esemplare che ha a che fare con tutti noi , molto più di quanto siamo disposti a credere. Gli uomini e le donne come Concetta sono i nuovi operai, senza sindacati né tutele, protagonisti involontari di una corsa al ribasso nel precariato, nel lavoro nero e nelle retribuzioni. Ed è forse significativo che il fuoco di Concetta sia divampato nella stessa città marchiata dal rogo della ThyssenKrupp, che anticipò la metamorfosi sociale in atto ormai da decenni nel nostro Paese..
“Darsi Fuoco”! quella di Concetta è una storia simile a molte altre.

Da Jan Palach che si diede fuoco il 16 gennaio 1969 in segno di protesta contro l’invasione di Praga. Fino a Mohammed Bouazizi, l’ambulante tunisino che si diede fuoco nel 2011, innescando la Primavera araba. Il monaco buddista Thich Quang Duc, a Saigon, nel 1963, contro il regime sudvietnamita. Era il 10 febbraio 1977, trentesimo anniversario del Trattato di Pace che sanciva la spartizione dell’Europa, lo studente, di 27 anni, Alain Escoffier, si diede alle fiamme a Parigi, sugli Camps Helisée, davanti alla sede dell’Aeroflot (compagnia aerea sovietica), anche lui per protesta contro il comunismo. Un anno fa a Lione, uno studente di 22 anni, Anas Kournif, iscritto a Scienze politiche, ha attuato il suo gesto estremo per protestare contro la precarietà e le politiche del governo Macron. Ha scelto di morire di fronte al Crous, l’opera universitaria che si occupa della vita degli studenti. Per arrivare a , il 23 ottobre scorso, un autotrasportatore di 38 anni di Monigo (Treviso). Alla base del gesto estremo dell’uomo, coniugato e padre di una ragazzina, ci sarebbe la disperazione per alcuni gravi problemi di salute che gli avrebbero impedito di continuare a lavorare come camionista e, quindi, di mantenere la sua famiglia.
E in casi come quelli del camionista di Treviso o di Concetta Candido regna il silenzio dei media.. Poche parole sui social o su qualche veloce flash di agenzia, privo di commenti e riferimenti. Fatti e gesti liquidati come “gesti folli”, frutto di “menti deboli”, roba da “cronaca nera “…

E sempre a proposito di “dare fuoco”.. nei paesi del Maghreb migranti “clandestini” vengono chiamati col termine harrag, harraga, derivanti dal verbo dell’arabo classico harraqa, che significa “bruciare”, “incendiare”. Traducibile come “colui/coloro che bruciano”‘ il vocabolo sta a indicare i migranti irregolari, illegali, non autorizzati. Si e ipotizzato che siano stati chiamati così perché un tempo prima di partire bruciavano i documenti d’identità.
Vi segnalo anche un libro interessante , quello di Annamaria Rivera “Il fuoco della rivolta: torce umane dal Maghreb all’Europa”‘ pubblicato da Dedalo.
Marino Severini
CONCETTA
Pioggia di case, ruggine sui fiori
tra la città e il mondo c'è la periferia
ci va solo chi scende all'ultima fermata
chi sogna ogni notte un giorno di andar via

Concetta stamattina, Concetta si da fuoco
perché Concetta stamattina non vuol morire più
Concetta non è un numero in fondo ad una fila
non è mica uno straccio, Concetta, che pigli e butti via

E bruciano le mani, bruciano gli anelli,
bruciano anche gli occhi, bruciano i capelli,
e tutto fuori e dentro brucerà
E brucia ogni promessa, brucia la speranza,
brucia ogni cosa, brucia questa stanza,
e tutto fuori e dentro brucerà…
E bruceranno i cieli sopra le città

Pioggia di case, ruggine sui fiori
e terra di nessuno la periferia
Un tempo era la fabbrica, la lotta e il sindacato,
ne han fatto una riserva chiusa fra il raccordo e la ferrovia

Concetta ha perso tutto, la casa e il lavoro,
per lei non c’è più posto, per lei nessun futuro
e allora stamattina Concetta si dà fuoco
perché Concetta stamattina non vuol morire più

E bruciano le mani, brucia la speranza,
bruciano anche gli occhi, brucia questa stanza,
e tutto fuori e dentro brucerà
E il fuoco quando torna, il fuoco è la risposta
il fuoco è vivavoce, grido di rivolta
e tutto fuori e dentro brucerà…
E bruceranno i cieli sopra le città

Pioggia di case, ruggine sui fiori,
Torino tu che dici? Torino tu che fai?
Torino non importa, hai altro a cui pensare…
Torino che ne sai, tu che non hai mai visto il mare…
Torino che ne sai, tu che non hai mai visto il mare…
CONCETTA NON è morta. E' VIETATO MORIRE.

I testi sono tratti da: https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=63055

Francesco Lauria

lunedì 8 dicembre 2025

IL "FINE" DELLA STORIA CAMBIA LA REALTA' E LA MIGLIORA. ANCHE PER MERCANTI E SERVI.

La mia vicenda del conflitto nella Cisl e poi con la Cisl ha ormai raggiunto i sei mesi di durata.

Devo ammettere che non riesco a non viverlo attraverso le note, la musica, spero in un racconto che non sia troppo autoreferenziale e/o narcisista, ma che offra qualche spunto di riflessione più alto e più ampio.

Oltre il cosiddetto: "Caso Lauria - Cisl"

Anche perchè di casi, di persone colpite, ahimè, ho imparato in questi mesi, ce ne sono tanti/e. Tantissimi/e.

E a volte non ci sono colori, ma solo buio, anche di ben più grave del mio.

In queste ultime settimane, davvero non facili, dolorose, a tratti cruente, ci sono state due canzoni che mi hanno risuonato dentro, scritte a quasi venti anni di distanza (Mercanti e Servi, 1990, dei Nomadi, appena prima della perdita del cantante e leader carismatico Augusto Daolio e Fine della Storia, 2007 di Francesco Camattini).

Canzoni che ci raccontano di povertà e gloria, di miseria e di verità. Di sogni e di realtà. Realtà immaginate e, proprio per questo, tangibili, concrete.

Queste due canzoni sono due opere profondamente e diversamente emiliane, di quell'Emilia rossa e talvolta grassa che diversi libri hanno provato a descrivere, fallendo sempre di fronte alla musica.

Popolare, certo, non alta.

Se i Nomadi si muovono, ormai da oltre sessanta anni tra Parma (penso a Chico Falzone e alla sua chitarra) e Novellara, in terra reggiana, Francesco Camattini è un prodotto, made in 1969, tipico, rrrrr e dialetto compresi, della mia città ducale.

Un artista poliedrico, un educatore creativo, che ha dedicato le sue parole, tra le altre, al Burkina Faso di Thomas Sankarà e alla "terra degli uomini e delle donne integri", in questo caso con un libro, non con un disco.

E' davvero significativo il suo ultimo lavoro: “A costo di non tornare” con il richiamo alle Beatitudini evangeliche, riviste in chiave laica.

Tornando alle due canzoni "sindacali", l'intreccio e, oserei dire, il completamento in forma quasi sussurrata della prorompente "Mercanti e Servi" dei Nomadi lo troviamo nella sua "Fine della Storia", ho proprio anche l'assenso certificato di Francesco per affermarlo.

Quindi, per chi ha voglia di trasformare la realtà, va bene caricarsi della forza di Mercanti e Servi, ma poi è, forse, ancora più importante rivestirsi di verità, di occhi, battiti e favole, passare dal rosso al verde (che poi sono anche i colori della Cisl), trovare la nostra parte. Essere parte, prendere parte.

E la realtà, non solo cambiarla, ma proprio migliorarla.

Con gioia imperfetta, anzi proprio con l'imperfezione dell'Amore, Amore politico compreso.

"Per tutti quelli che non riescono a dormire, per chi dorme troppo e per chi ha bimbi che non si addormentano. Una dolce - ma non troppo - ninna nanna in questi tempi in cui i sogni sembrano scomparsi, proviamo a Sognare assieme per cambiare la realtà."

Fine della Storia (testo e musica Francesco Camattini)

https://www.youtube.com/watch?v=4IQRvAs1COU&list=RD4IQRvAs1COU&start_radio=1 Ed ora dormi amore che hanno fatto fuori Cappuccetto, e quell' isterica di Alice rimandata al suo paese ed ora dormi dammi tregua da stasera ti prometto che dirò la verità ed ora dormi, stai tranquilla di ogni storia le due facce ti farò vedere, sai. Biancaneve si è fregata con le sue stesse mani è una favola già vecchia per essere baciata anche i principi sono stanchi ora dormi stringi i denti è la cruda verità anche i principi son fiacchi, ora dormi, non pensarci no, non ci pensare più. Ci son restati la nonnina e il cacciatore da far fuori cenerentola in carrozza non ha visto un intercity, ora ha perso la memoria ecco fine della storia dormi e non pensarci più ha mangiato anche la zucca si è venduta la scarpetta questa è nuda verità. Ed ora che anche tu distingui tra ciò che è falso e vero ti narrerò di grandi uomini che son saliti al cielo ma che credevan nelle favole e cercavano di renderle comune verità, ma che vivevano le favole e cercavano di rendere migliore la realtà. Ed ora dormi amore mio dormi più profondamente sogna una favola da vivere per quando sarai grande di una favola importante prova e cerca la tua parte e vedrai migliorerà di una storia convincente prova e cerca la tua parte

e migliora la realtà!

Mercanti e servi (i Nomadi) https://www.youtube.com/watch?v=bjCkPs1IldE


In casa dei mercanti sembra sempre grande festase c'è il maiale gli tagliano la testa,la casa dei mercanti, nascosta, blindatadal resto del mondo, protetta isolata.
In casa dei servi si aspetta la festama se non è quel giorno la speranza resta,la casa dei servi, casa da rifare,ai primi scossoni, può anche crollare.
La casa dei mercanti è alta su quel montela casa dei servi è in basso dopo il ponte.Ma le paure, scendono giùmentre i sogni, salgono su,salgono su.Le figlie dei mercanti, pallide e belleapron le finestre è normale ci son le stelle,sembrano felici ma la noia è in agguatonel loro dorato privilegio incantato.
Le figlie dei servi hanno guance rosse,soffrono tingono gonne rosse,leggono romanzi con intrecci rosa,sognano palazzi e abiti da sposa.La casa dei mercanti è alta su quel montela casa dei servi è¨ in basso dopo il ponte.Ma le paure, scendono giùmentre i sogni, salgono su,salgono su.Mercanti e servi,la stessa vita,sogni o denari,sabbia fra le dita,sabbia fra le dita.

Francesco Lauria

domenica 7 dicembre 2025

OLTRE LA PAURA, LA MOLTIPLICAZIONE DELLA FIDUCIA IN UN'ECONOMIA DI COMUNIONE

Succede a volte che il destino ti riservi incroci fortunati.

Erano forse tre anni che non ci vedevamo con padre Arnaldo de Vidi, il missionario saveriano direttore della rivista Cem Mondialità, quando, per caso, sinceramente non ricordo esattamente il tragitto, condividemmo un viaggio su un treno regionale.

Se non erro, sono passati quasi venti anni, padre Arnaldo aveva già, di fatto, lasciato la direzione della rivista e si apprestava a tornare in missione in Brasile, dove, peraltro, ho omesso ieri, ha collaborato anche con la Fim (Fu Impresa Memorabile) Cisl (lasciamo perdere...)

Il mondo era scosso dalle reazioni del discorso di Papa Benedetto XVI° a Ratisbona, eravamo nel settembre 2006.

Ratzinger, nella sua Baviera, aveva sostenuto il forte nesso con il pensiero filosofico greco del cristianesimo, attraverso la sintesi tra Fede e Ragione.

C'era stato poi il passaggio, nel controverso e complesso discorso del Papa, sul rapporto tra Violenza e Natura di Dio, con la critica alla religione musulmana, attraverso il dialogo tra l'imperatore bizantino Manuele il Paleologo e un dotto persiano, dove si esprimeva un giudizio critico sull'uso della violenza per diffondere la fede nell'Islam. 

Quest'ultimo passaggio che sembrava delineare un automatismo proprio tra Islam e violenza (dimenticando, peraltro, secoli e secoli in cui il cristianesimo si era imposto pesantemente con la spada), scatenò durissime reazione nei paesi musulmani e il "dispiacere" del Papa tedesco.

Padre Arnaldo era rimasto molto, molto perplesso dal discorso di Ratzinger, certamente, pesavano su di lui i durissimi trascorsi da cardinale di quest'ultimo, quando, a capo dell'ex Sant'Uffizio era risultato fondamentale e particolarmente punitivo nella reiterata condanna teologica di Papa Giovanni Paolo II rispetto alla teologia della liberazione, nelle sue varie forme.

Una delle critiche più severe di padre Arnaldo e Papa Benedetto era la totale, quasi per lui perversa, "occidentalizzazione" del cristianesimo e del cattolicesimo.

Un grave errore di fondo, secondo il missionario veneto, causa di strabismo e di non aderenza alla Parola.

Padre Arnaldo mi fece un esempio:

"Ricorderai la parabola dei pani e dei pesci. Qui in Occidente detta della "moltiplicazione".

In Amazzonia la narrazione è diversa, più aderente al Vangelo.

Gesù, non moltiplicò, infatti, proprio nulla.

Nulla di nulla.

Se non una cosa: la "fiducia".

E lo fece ottenendo il superamento della paura.

La paura della condivisione.

Ognuno infatti, aveva un pane e un pesce, anche di più, tra coloro che erano accorsi ad ascoltarlo.

Ma ogni persona temeva di essere tra i pochi ad essere dotata di cibo e che, tirando fuori il mangiare dalla sacca, gli altri, affamati, la potessero aggredire.

La Parola di Gesù, scioglie, invece, la paura.

E così si scopre che il cibo c'è, ed è abbondante, anche se non deve essere sprecato.

Il miracolo  di Gesù non è quindi quello individuale del capitalismo della crescita infinita, mi disse padre Arnaldo, ma quello collettivo della circolarità dell'essere compagni e compagne, coloro che, letteralmente, "spezzano il pane (e puliscono i pesci), insieme."

E così, in questa ottica, quasi due millenni dopo, che due grandi maestri come Don Lorenzo Milani ed Ermanno Gorrieri ci hanno spiegato che: "NON si possono fare parte uguali tra disuguali".

Il valore spirituale, politico ed economico dell'uguaglianza, nasce da un'economia della fiducia e della felicità cooperativa, un'economia di comunione, in sintesi.

Il capitalismo neoliberale non è l'unica via, non è vero, come affermavano Ronald Reagan e Margareth Thatcher, negli anni Ottanta del Novecento, che non esistano alternative.

Le alternative ci sono, magari diverse, perchè il concetto di ricchezza e povertà, ad esempio, non può essere lo stesso a Parma rispetto ad Antananarivo o a Belem.

"Ma non solo - concluse padre Arnaldo, prima di raccogliere i suoi libri e scendere dal treno:

tutto questo ci dimostra che, se è vero che c'è una sola Verità, (non siamo dei relativisti!) esistono tanti modi, tanti cammini, tante culture, tanti doni, tante comunità ("cum munus") attivabili per raggiungerla, o, almeno, per camminare verso di essa."

Nella postfazione al mio libro: "Sapere, Libertà, Mondo. La strada di Pippo Morelli", Ivo Lizzola, nel paragrafo "La parola e il potere", sottolinea che:

"Nei luoghi di parola, di ricerca e di orientamento, di confronto e discussione (come dovrebbe essere il sindacato NdR!), occorre vivere la franchezza di quello che Raimòn Panikkar avrebbe chiamato: "dialogo dialogale", non orientato a convergere, all'uniformare, tanto meno al vincere sulle ragioni dell'altro; piuttosto teso a fare vivere nella agorà della parola spostamenti di visione e posizionamento, processi di approfondimento e scoperta di legami tra pensieri e aspetti diversi, ampliamenti delle prospettive. Sempre un po' incompiuti, ma nella consapevolezza del valore delle differenze, con ridisegni di proposte, di strategie e di posizionamenti organizzativi e personali".

Rimasi solo sul treno. Cominciava anche a fare buio, forse anche un po' freddo, indossavo solo una maglietta.

Ma quella conversazione e quel saluto mi hanno accompagnato silenziosamente e opportunamente per venti anni. 

In ogni gesto, in ogni respiro, in ogni percorso, personale, sindacale e politico. 

Fino ad oggi.

Francesco Lauria

sabato 6 dicembre 2025

UN GIORNO L'AURORA: IL CRISTO CHE TI ABBRACCIA. NEGLI OCCHI IL BATTITO DELLA VERITA'.

Tra un poco più di un mese saranno cinque anni dalla Ascesa in Cielo di Padre Arnaldo de Vidi, scomparso il 2 febbraio 2021, all’ospedale Guadalupe di Belém (Brasile).

Missionario saveriano, originario di Roncade (TV), ordinato prete nel 1967, fu destinato alla missione di Taipei (Taiwan), dove giunse nel 1969, dopo un anno di studio dell’inglese negli Stati Uniti. Dopo lo studio della lingua cinese, diresse per due anni, dal 1971 al 1972, l’ostello per studenti universitari nella casa dei saveriani di Taipei. 

Dopo la chiusura della presenza saveriana a Taiwan, p. Arnaldo trascorse alcuni anni in Italia a servizio del CEM (Centro Educazione alla Mondialità) e del Centro Cinematografico Saveriano (1972-1974). Nel 1975 ricevette una nuova destinazione, per il Brasile, dove trascorse il resto della sua vita – con un intermezzo in Italia dal 1996 al 2006 – come parroco, rettore dello Studentato teologico saveriano di Campinas, professore, direttore del Centro missionario della Regione episcopale Brasilândia di São Paolo. 

Di ritorno in Italia, p. Arnaldo svolse principalmente il servizio di direttore del CEM-Mondialità, rivista cui iper saltuariamente ho collaborato anche io, dal 1998 al 2005, per poi ripartire definitivamente per il Brasile. Il suo ultimo impegno missionario in Brasile è stato quello di parroco ad Abaetetuba.

Amante del teatro e della poesia, p. Arnaldo è stato anche un missionario di punta, profetico, soprattutto negli anni della dittatura in Brasile e nel periodo della transizione alla democrazia, sempre a fianco dei più poveri, soprattutto dei “sem terra”. Si veda a proposito il suo contributo: “Il Movimento sem terra in Brasile”, in Pier Paolo Poggio (a cura di), L'altro Novecento. Comunismo eretico e pensiero critico. Vol. 4: Rivoluzione e sviluppo in America latina, pp. 293-314. 

Ieri, in una piccola chiesetta quasi di campagna, in provincia di Parma, ho incontrato tre doni, tutti bellissimi e tutti e tre poetici.

Il primo è stato un Cristo ligneo, sopra l'altare, senza la croce.

Un Cristo che non nasconde la propria sofferenza, non è per nulla maestoso, anzi è un Cristo fragile, vulnerabile. E, proprio per questo, bellissimo.

Eppure, proprio dalle sue ferite, dal suo costato è un Cristo che, in volo, ti abbraccia.

Non ti soffoca, ma dolcemente, con le sue lacrime ti avvolge e, lentamente, ti solleva, ti fa ascoltare il battito della Vita che attraversa la morte, ti fa intuire la Resurrezione, per la quale, però, devi confidare nella tua Fede, nella tua voglia, ostinata, di Credere.

Nella tua eresia puoi: "scegliere di credere".

Non ho una foto di questo Cristo ligneo, non mi pare nemmeno ci siano su internet e, anche questo, è davvero un miracolo :-)

Dovete chiudere gli occhi e immaginarlo, immaginare il Bene che attraversa il male e, rialzandosi, scendendo dalla Croce, senza dimenticarla, vola e ti abbraccia, in una preghiera condivisa ("dove due o più di due"), senza spazio e senza tempo, Eppure presente, concreta, gentile, reale.

Carne e cielo. Terra e cielo.

Ho pensato, in quel momento, alzando gli occhi sugli occhi dell'altro/a, che eravamo alla vigilia della seconda domenica di Avvento e mi sono venuti in mente gli ultimi auguri di Natale (o meglio, "verso il Natale") di padre Arnaldo, quello del 2020, nel pieno della pandemia del Covid.

Auguri giunti agli amici da Abatetuba (Brasile) che, come sempre, iniziavano in poesia.

Di lì ad un mese padre Arnaldo ci avrebbe lasciato, incontrando, ospite, il Dio che tanto aspettava.

Aspettavo Dio./ Il cuore mi assicurava

che Lui sarebbe venuto/ ospite da me.

Io l’immaginavo: sarà/ … un Angelo di luce,

… un Re munifico,/ … un Saggio canuto…

E l’aspettavo/ un mattino fiorito di primavera

un mezzogiorno solare d’estate,

un pomeriggio opime d’autunno…

Una notte di rigido inverno,

in braccio a una migrante,

piccolissimo, Lui è venuto.

Carissimi, scriveva Padre Arnaldo dal Brasile, eccoci a Natale, nuovantico quest’anno come mai. 

La mia meditazione di Avvento iniziava così: «Perché, Signore, ci hai fatto psicolabili». Siamo tutti depressi a causa di un virus invisibile! 

Ma non è solo questo: noi tagliamo il ramo sul quale siamo seduti (distruggiamo la natura, ingombriamo i nostri mari, surriscaldiamo l’aria, adulteriamo i nostri cibi…). Senza equilibrio, aderiamo a ideologie fatali, sacrificando nell’odio le amicizie più care. (...)

Ora sento compassione struggente, uberrima, una pietà paterna e perfino materna, viscerale, per il prossimo, per te, per me, per tutti. / Per noi non c’è l’autosalvezza. Siamo psicolabili, fragili, perciò dobbiamo dare e ricevere perdono, sopportarci, perfino nelle superstizioni e fobie. 

«Pace in terra anche agli uomini di cattiva volontà», una mano femminile ha scritto sul muro di Ravensbruck, campo di concentramento per le donne."

Continuava il missionario trevisan-brasiliano: 

"Non le nostre crociate, ma la misericordia di Dio ci salva. «Non temere, vermiciattolo di Israele: io vengo in tuo aiuto, io, il Redentore» (Is 41,14). «Signore, che cos’è l’uomo, perché te ne curi» (Salmo 8,5). 

E il Signore viene contromano: per salvarci nasce fragile, piccolino, sai? / Ben vengano i vaccini, provvidenziali. Ma come non di solo pane vive l’uomo, così non solo i vaccini garantiscono la vita, ci vuole la Parola. «Su chi volgerò lo sguardo? Sul poverello che trema davanti alla mia Parola» (Is 66,2).

(...)  Così troveremo grazia presso Dio che, attualizzando il suo Natale, viene a salvarci. Dolcezza infinita. Buon Natale."

Ieri, vigilia della seconda domenica di Avvento, lo ammetto, per me, è arrivato anche già Natale il (sono un impaziente e ieri sono stato anche molto fortunato), grazie ad altri due doni.

Ma sono doni feriali, di ogni giorno. Per questo, forse, più importanti ancora.

Domani, nell'ascolto del battito degli occhi della Verità, proverò a raccontarli...

E nell'ascolto della Verità (e domani padre Arnaldo ci spiegherà anche che non esiste un'unica strada/credo per raggiungerla...) può capitare, aspettando l'aurora, di imbattersi in un Notturno, forse il preferito, di Chopin...

https://www.youtube.com/watch?v=S8e2h7Iu1NA&list=RDS8e2h7Iu1NA&start_radio=1

Francesco Lauria