domenica 19 ottobre 2025

IGNAZIO GANGA (CISL) E UNA VITA DA IMPOSTORE

 

Il 30 marzo 2021 (eravamo ancora nel pieno della seconda ondata della pandemia) si è svolta, online, una delle più belle presentazioni del mio libro: “Sapere, Libertà, Mondo. La strada di Pippo Morelli”.

La sintesi ed il link Youtube dei lavori sono riscontrabili (per usare un verbo caro a Danilo Battista ed Alessandro Spaggiari) qui:

https://lastradadipippomorelli.blogspot.com/2021/04/cattolici-e-sinistra-nella-politica.html?fbclid=IwY2xjawNam5JleHRuA2FlbQIxMQABHlY-zaZxpgeg9zOpbzpNvm9IiY2l3k6LnhOwTk7ZHN6f_WX5uc44vEI_hmGq_aem_8Ts5QccsuhJRk8I32FTKWA

L’incontro ha visto l’introduzione e la moderazione del giornalista Luca Kocci (peraltro autore di un ottimo articolo sulla mia vicenda vs Cisl, sempre riscontrabile qui: https://www.adista.it/articolo/74597 ) e la partecipazione di Renzo Innocenti (già Presidenza nazionale di Gioventù Aclista, sindacalista Cgil e parlamentare per quattro legislature), Dolores Deidda (sempre Presidenza nazionale di Gioventù Aclista e operatrice nazionale della Cisl), Rosario Iaccarino (formatore nazionale di una categoria sindacale appartenente alla Cisl sotto l’occhio del ciclone per fatti gravi avvenuti a Parma), il compianto Emilio Gabaglio già Presidente Nazionale della Acli, segretario confederale Cisl e segretario generale della Confederazione Europea dei Sindacati), Ignazio Ganga, segretario confederale Cisl.

Ricordo bene quella giornata per due motivi: verso la fine dei lavori ci fu un attacco hacker (sempre “riscontrabile” battistianamente e spaggiarianamente sul filmato Youtube) mentre a metà ricevetti una telefonata da Gigi Bonfanti, già segretario confederale Cisl e segretario generale Fnp Cisl, che si informava sul perché avessi fatto alcune critiche alla segreteria confederale durante un’assemblea del personale (senza alcun dubbio, mi prendo la responsabilità di quello che scrivo, registrata di nascosto dalla confederazione).

Di lì a poco sarei stato eletto rappresentante del personale Cisl, insieme a Paola Serra e Mirella Paniconi e avrei sperimentato come controparti Alessandro Spaggiari, Danilo Battista e, molto, molto salturiamente, anche Daniela Fumarola (allora “solo” segretaria confederale organizzativa, eravamo entrati nell’era Sbarra…)

In quell’occasione il Ganga, sardo di Nuoro, ma con origini radicate nella toscana Isola del Giglio, aveva commentato positivamente sia il mio libro, sia, soprattutto, la figura del sindacalista della sinistra sindacale cislina Pippo Morelli, già direttore del Centro Studi Nazionale Cisl di Firenze (eh i tempi cambiano…) nel contesto dell’impegno politico post conciliare dei cattolici democratici e sociali italiani.

Non fu l’unica volta, il Ganga, si è prestato a sperticate lodi nei miei confronti anche in occasione del cinquantesimo delle 150 ore (quelle stesse 150 ore che, secondo il direttore del Centro Studi Nazionale Cisl, Marco Lai, il 13 di ottobre NON potevo ricordare in occasione della mia lezione aperta presso l’Università di Bologna a Palazzo Hercolani…).

Il tutto è, sempre, riscontrabile (ahimè solo in audio per problemi tecnici della telecamera del Centro Studi Cisl di Firenze) qui:

https://www.youtube.com/watch?v=7Uwa0FNKUbM&t=8068s

 

Come è tristemente noto il Ganga, nel giorno del massimo scontro con la segreteria generale sulle “censure” al mio libro Prospettive Sindacali e a quello, ad oggi mai pubblicato di Guido Baglioni, (lo ricordo bene, essendo il 14 luglio, oltre che il giorno del licenziamento per giusta causa della già segretaria nazionale della Cisl Funzione Pubblica Chiara Severino, anche il giorno del mio compleanno) aveva bisogno di dare, alla segreteria generale stessa (e forse anche a me…) un segnale.

A latere di una riunione del suo dipartimento (ho saputo dal suo avvocato, non registrata, come tutte le riunioni informali di dipartimento, peraltro) sostanzialmente alla vigilia del congresso confederale il Ganga sottolineava, più o meno letteralmente, di fronte ai suoi operatori: Paola Serra, Stefano Colotto, Valeria Picchio che:

-    È bene che Lauria smetta di scrivere libri;

-    E’ bene che Lauria smetta di scrivere libri su sindacalisti e personaggi di estrema sinistra (immagino Pippo Morelli, Don Milani e Pierre Carniti, credo non si riferisse ai miei scritti sullo studioso del movimento sindacale Mario Romani);

-    E’ bene che Edizioni Lavoro smetta di pubblicare i libri del Lauria, visto che ci perde economicamente (di solito non scendo mai sotto le tre edizioni, ma tantè…)

Insomma, si potrebbe dedurre, Lauria deve stare muto, zitto e, possibilmente "accovacciato".

Di fronte all’obiezione di Paola Serra sul fatto se il Ganga mi avesse mai fatto pervenire le sue osservazioni egli sottolineava: “Sì, certamente, ovvio…”

Come ho scritto all’avvocato di Ganga, in replica ad una delle sue tante diffide, messe in mora, preavvisi di richieste di risarcimento e danni di immagine (etc…) io non mi permetto di giudicare le conversioni politico-sindacali del Ganga.

Se Ganga vuole rinnegare Carniti, Morelli, Don Milani, etc, è liberissimo, ma proprio liberissimo di farlo e, magari anche di abbracciare come suoi nuovi riferimenti Thatcher, Reagan e la scuola economica di Chicago…

Quello che è meno libero di fare è, a mio parere, di compiere (come immagino e deduco abbia fatto) pressioni sui suoi operatori/operatrici, in particolare Paola Serra che è, tra l’altro, ancora Rappresentante del Personale e Rls.

Ad agosto, infatti, ho ricevuto un incredibile (e, mi permetto di dire, sotto la mia totale responsabilità, miserevole) messaggio di Paola Serra che, prima di cancellarlo immediatamente, mi ammoniva: (su Ganga NdR…): “sarà la mia parola contro la tua”.

Mi chiedo davvero come, in coscienza, Paola Serra possa continuare a svolgere tuttora il proprio mandato di rappresentante del personale ed Rls, ma, evidentemente, è molto, molto cambiata da quando io la frequentavo e conoscevo (o credevo di conoscerla…)

Una nota di colore: il Ganga il 14 luglio mi faceva anche gli auguri di Buon compleanno, aggiungendo, se non ricordo male, anche: “grandissimo” (suo normale intercalare nei miei confronti…, fino al 2025).

C’è un autore spagnolo che, pur essendo ateo, era molto caro sia a Papa Francesco che ad Emilio Gabaglio:  Javier Cercas. Cercas ha scritto, una decina di anni fa, un importante libro.

“L'impostore” è, infatti, un saggio dello scrittore spagnolo Javier Cercas, pubblicato nel 2014 dall'editrice Literal Random House, tradotto in italiano da Guanda e da cui un paio di anni fa è stato tratto un film presentato al Festival di Venezia, ma che non è stato incomprensibilmente distribuito in Italia.

Il libro mette in evidenza la storia del sindacalista spagnolo Enrique Marco, che si scoprì aver falsificato la sua esistenza di sopravvissuto dei campi di concentramento nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Dopo una lunga inchiesta investigativa, l'autore ricostruisce il modo in cui Marco si è fatto passare come antifranchista e antifascista per diversi decenni.

Il libro si divide in tre parti, intitolate: “La buccia della cipolla”, “Il romanziere di sé stesso” e “Il volo di Icaro”.

Il romanzo si chiude inoltre con un epilogo intitolato Il punto cieco, dove viene raccontato cosa è successo dopo la stesura finale.

Ne L'impostore, Cercas ispeziona minuziosamente la vita di Enrique Marco, attraverso le sue testimonianze e dei suoi conoscenti. Cercas, narratore e personaggio, per tutta la durata del romanzo imposta il suo operato come una serie di interrogativi a cui tutti dobbiamo rispondere.

Di fatto, la storia di Enrique Marco è di per sé rilevante: quando si viene incontro alla vera biografia, si nota l’abnorme inganno costruito da quest’uomo, vissuto quasi cento anni, che è riuscito a convincere della sua prigionia a Flossenburg autorità, giornalisti e grandi schiere di persone.

La vita di Marco è il culmine di un’esistenza fatta solo di finzioni.

Prima ancora di questo inganno, Marco era riuscito a diventare un sindacalista (a guida della gloriosa CNT!)  senza nessuna esperienza o passato di rappresentanza dei lavoratori, a farsi passare per un simbolo della resistenza antifranchista senza aver effettivamente dato prova di resistenza al regime, e a costruirsi un passato da soldato leggendario partendo dal niente più assoluto.

Tutto in Marco è falso e, come sottolinea delicatamente Cercas, ciò lo trasforma in una versione esasperata e patetica di noi tutti; anche noi mentiamo e continuiamo a mentire per andare avanti.

Marco, tuttavia, non si accontenta; lui gode nel continuare a imbrogliare mezzo mondo, fingendo di essere un grande uomo (e sindacalista), anche in maniera esasperata.

Ma gli eroi sono un'altra cosa, e Cercas lo sa e lo scrive.

Ne L'impostore, Cercas è combattuto tra il ribrezzo che Marco, che ha usato l'Olocausto come un pretesto per diventare famoso, e la simpatia latente (anche se sarebbe più corretto parlare di empatia) che prova nei confronti dello stesso Marco, il quale, attraverso le sue continue menzogne, manifesta l’emblema della debolezza, ma anche della miseria, umane.

La storia di Marco finisce per essere uno specchio in cui si può riflettere la storia contemporanea della Spagna e dell’Occidente, e, soprattutto, la nostra incapacità di affrontare con il giusto rigore il passato.  

Mi querelerà (tanto io l’ho già fatto), ma visto che la storia di Marco è metafora della vita di tutti noi, non può che essere considerata anche metafora, esempio, della quarantennale esperienza di grande rilevo sindacale (così mi scrive il suo avvocato, io ho risposto che la valutazione può essere “articolata”…) del toscano/sardo segretario confederale Ignazio Ganga.

Mi permetto una chiosa.

Enrique Marco (nessuna parentela, evidentemente, con l’attuale direttore del Centro Studi di Firenze Lai Marco) aveva grandi doti di empatia e simpatia, grazie alle quali, “intortava” le sue vittime.

Ignazio Ganga, è una mia opinione personale, discutibile, per carità, ne è, invece, del tutto privo.

Francesco Lauria

sabato 18 ottobre 2025

TRASFORMARE LA CADUTA IN UN TUFFO: LA RAGAZZA DEL SOLE - VERONICA YOKO PLEBANI

Sempre più persone mi chiedono: come fai ad andare avanti?

Come ti rialzerai dopo questo tsunami con la Cisl?

Non lo so, sinceramente. Immagino che un po’ di fede mi stia aiutando, così come il sostegno prezioso, senza, per questo, inondarlo di problemi, di mio figlio Jacopo.

Ma c’è una storia, molto importante, che vorrei condividere. La devo a Mario Calabresi, uno che ha saputo, fin da piccolo, dopo che il sangue del terrorismo e della vendetta lo hanno privato del padre: “spingere la notte più in là”.

A Mario devo la storia di Yoko e la Speranza (“un sogno da fare da svegli") che anche dall'incontro con le necrosi si può rinascere, trasformare la caduta in un tuffo, proprio come i tuffi che, da atleta paraolimpica, compie oggi Veronica Yoko: la bambina del sole.

C’è una profezia nel nome di Veronica Yoko Plebani

Yoko vuol dire, appunto, bambina del sole e lei e la sua storia, scrive Mario Calabresi: “sono una delle esperienze più luminose che abbia mai fatto. L’ho incontrata a Trapani dove si sta allenando per la sua terza paralimpiade. Ma Veronica è molto di più di un’atleta paralimpica: è una ragazza che ha fatto del suo corpo e del suo spirito un inno alla vita, un’occasione per riflettere su che cosa significhi la parola inclusione.”


Ecco tuffiamoci tutti insieme a Veronica Yoko e guardiamo oltre, oltre la necrosi batterica fulminante e, per me, oltre questo disgraziato, doloroso, devastante conflitto con la Cisl.

Qui il link ad un podcast di Mario Calabresi davvero da non perdere:

https://www.spreaker.com/episode/episodio-9-la-ragazza-del-sole-veronica-yoko-plebani--44795933

Francesco Lauria

venerdì 17 ottobre 2025

CISL vs LAURIA: SOLDI E DIRITTI DEL LAVORATORE, 30 DENARI O (ca) 30.000 EURO?




Uno dei miei crucci è utilizzare il mio “caso” per parlare di sindacato autentico e tutela dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.

In questo caso, viste le plurime e, in alcuni casi pubbliche, diffamazione da parte di esponenti e, soprattutto, dirigenti della Cisl nei miei confronti, è davvero facile.

Come è noto a molti ha avuto il primo di agosto scorso una riunione online con i signori Battista e Spaggiari per discutere le modalità delle mie “dimissioni volontarie”.

In quella occasione sono stato registrato a mia insaputa, è stata violata la legislazione sulla privacy in modo sfacciato e manifesto, Fumarola, Battista e Spaggiari saranno certamente (si sono, di fatto, autodenunciati con la mia contestazione disciplinare del 15 settembre scorso…) condannati a pene detentive.

Blande, per carità, non faranno un giorno di galera, siamo in Italia.

Detto ciò.

In quell’occasione ho chiesto altre tre cose:

-          La pubblicazione del mio libro Prospettive Sindacali (avvenuta, il testo è sostanzialmente esaurito, spero di comprarne i diritti e pubblicare una nuova edizione senza il nome di Daniela Fumarola);

-          La pubblicazione del libro di Guido Baglioni, censurato come è arcinoto per una minima critica al rapporto tra la Cisl e la narrazione del Governo Meloni, critica, peraltro, immediatamente tolta. Non ho notizie aggiornate sulla pubblicazione del volume, per il quale in accordo con Guido Baglioni e il direttore della casa editrice lo sciagurato Andrea Benvenuti, avevo anche procurato la prefazione di Bruno Manghi e la postfazione di Gian Primo Cella (quello a cui, dopo sessanta anni di Cisl Daniela Fumarola da del lei…)

-          Più o meno quattordici mensilità. Collegate al mio sottoinquadramento, palese ed acclarato, tra il gennaio 2011 e il 2017 inoltrato. Data nella quale mi è stato, finalmente, riconosciuto il mio attuale inquadramento, conforme alle mie responsabilità.

-          Ho anche inviato un calcolo preciso alla Cisl, grazie al supporto costante e competente dell’Ufficio del personale di Via Po, calcolo che è stato frettolosamente e, un po’ anche maleducatamente, a mio parere, liquidato con sufficienza.

Quindi è vero che ho chiesto alla Cisl “dei soldi”.

L’ho chiesto formalmente, trasparentemente, motivatamente.

Si chiamano diritti del lavoratore, esercitabili, peraltro, anche in costanza di rapporto di lavoro.

E’ vero che non ho chiesto dal 2007 al 2011 il riconoscimento del mio lavoro (senza alcun dubbio subordinato) e qualificato come: “lavoratore a progetto”.

Il mio, imminente licenziamento per giusta causa, (la riunione per discutere la seconda, mirabolante e inquietante contestazione disciplinare è prevista per il prossimo 22 ottobre ore 14.45 in Via Po 21) mi permetterà di contestare anche gli anni pregressi, arrivando ad una richiesta, presumibile, di oltre 50.000 euro (poi bisogna vedere che succede nelle lunghe controversie individuali di lavoro…)

Le vessazioni che ho subito in questi mesi, peraltro in un particolare e sempre più grave quadro di condizioni di salute, non potranno, ovviamente che portarmi a richiedere ulteriori risarcimenti, molto alti.

Vi sono poi tutti i profili associativi (probiviri), penali e civili, in gran parte già in essere e nei confronti di una ventina di dirigenti Cisl e, in potenza, anche tre società riconducibili alla Cisl.

Si tratta, a differenza che per la Cisl che è abituata ad una caterva di cause di lavoro (e di profili penali da gestire, si pensi a tutta la questione, non solo lombarda dei c.d. “distacchi fasulli”) di un terreno inedito per me.

A differenza dei tanti colleghi e colleghe che, nei rari casi in cui mi rivolgano ancora la parola mi dicono:

“Francesco, sono con te, ma ho il mutuo”

“Fra, come sai io devo far andare i miei figli all’Università”

“Bro, ma lo sai che mi hanno aumentato l’abbonamento annuale alla palestra? Davvero non posso”.

Io ho messo a rischio uno stipendio elevato e una carriera, mi permetto di dirmelo da solo, gloriosa.

Non mi vendo per 30 denari, ma nemmeno per 30.000 o più.

Giorgio Graziani, in una sessione pubblica al Centro Studi Cisl di Firenze della Rete Europrogettazione Cisl, circa tre anni fa mi ha definito: “Il missionario della Cisl”.

Mi pare esagerato.

Ho ampiamente capito che la Cisl non la posso cambiare io, ma le centinaia di dirigenti ad ogni livello che, di fronte al caso Lauria – Cisl, nel migliore dei casi rimangono in un tattico, assoluto silenzio.

Ho, anzi, confermato e riconfermato, la mia totale (e direi auspicata) volontà di procedere, senza indugio, alle mie dimissioni senza preavviso, a patto che mi siano riconosciuti, appunto, i miei documentati diritti di lavoratore (il sottoinquadramento).

Confondere i diritti dei lavoratori con “estorsioni”, “richieste immotivate”, “minacce”, “pretese e prebende” e chi ne ha più ne metta, è indice di un’involuzione preoccupante e, forse, esiziale di una cultura e di una pratica sindacale.

Un po’ come quando si dice di una ragazza “stuprata” che se la è cercata, con atteggiamenti troppo disinvolti.

Anche questo mi è capitato, tristemente, di sentire, da importanti dirigenti Cisl, nelle ultime settimane.

Per concludere:

Si, ho rivendicato i miei diritti e ho chiesto, per ora, circa 30.000 euro alla Cisl.

Si, ho manifestato la mia disponibilità, reiterata, a dimissioni senza preavviso e senza rete, pur di far terminare questa (reciproca) carneficina.

Immaginerete la risposta (richieste verbali e scritte della mia avvocatessa del lavoro compresa).

NESSUNA.

Mala tempora Cisl currunt.

Francesco Lauria

 

 

giovedì 16 ottobre 2025

"FRANTUMARE" LE PERSONE E "SVENDERE" L'AMBIENTE: FUMAROLA - PEZZANI vs CARNITI - GABAGLIO


 


C'è da rimanere sbigottiti, allibiti, terrorizzati, profondamente indignati a leggere le carte e ad ascoltare le intercettazioni dell'inchiesta della Procura di Taranto: "Ambiente svenduto".

Daniela Fumarola, allora segretaria provinciale della Cisl di Taranto (nonostante le continue e pubbliche rivolte durante i consigli generali della sua categoria di provenienza, quella degli agricoli) parla con il deux ex machina dell'Ilva dei Riva: Girolamo Archinà, (poi condannato in primo grado per fatti commessi proprio all'epoca in cui avvenivano le amichevolissime conversazioni con Fumarola, ad oltre 24 anni di carcere (è morto alla vigilia del processo di appello, nel 2024, per una malattia non tanto diversa da quelle che hanno decimato negli anni i lavoratori e le lavoratrici dell'Ilva e dell'indotto... oltre che gli abitanti del quartiere Tamburi).

Si parla, in collaborazione con la categoria Cisl del Pubblico Impiego di: "frantumare le persone" e di "perseguitare a non finire" (con particolare riferimento a Giorgio Assennato).

E' possibile riascoltare tutto (come hanno fatto migliaia di persone) qui:

https://www.youtube.com/watch?v=QfrC0pr1Z5g

Proprio così, si parla tra loro di "frantumare", non di censurare, colpire, combattere.

Frantumare.

Ancora più grave, almeno dal punto di vista sindacale, oltre che umano, è un'altra intercettazione che decine e decine di migliaia di persone hanno ascoltato grazie al sito di Repubblica e che è datata: 12 maggio 2010, ore 11.13.

Qui si può ascoltare dal vivo Daniela Fumarola chiedere esplicitamente ad Archinà "su chi puntare per la segreteria Fim".

La categoria, peraltro, che in più di un consiglio generale a Taranto, l'ha salvata dalle contestazioni dei "suoi" lavoratori agricoli.

Archinà sceglie. Fumarola esegue, censurando l'altro candidato perchè: "elabora".

Tutto, direttamente dalla voce di Archinà e Fumarola, è riascoltabile qui, andando un pochino in basso con il cursore:

https://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2013/11/29/news/al_telefono_con_archin-72240945/index.html

Ieri, sul sito www.il9marzo.it  Peppe si chiedeva, giustamente (se teniamo presente e riteniamo valido il punto 2 del Codice Etico Cisl):

"Vorrei porre un quesito cui non sono in grado di dare una risposta.
Un segretario confederale territoriale che sceglie il gruppo dirigente su indicazioni della controparte, tra l’altro in una vertenza delicatissima per la città di Taranto, il tutto documentato da intercettazioni telefoniche, come fa ad essere diventato segretario generale della CISL nazionale?
Non riesco a capire perché secondo il mio ragionamento terra terra doveva essere radiato dalla Cisl quando era ancora segretario territoriale per statuto e codice etico. Se qualcuno può rispondermi ringrazio anticipatamente."

Insomma, davvero ci voleva il "caso Lauria" per richiedere la sospensione cautelativa e la decadenza dalle cariche (ne ha tantissime, penso, ad esempio, ai Cda delle Fondazioni Pastore e Tarantelli) di Daniela Fumarola, ai probiviri Cisl?

Non bastava il suo "frantumante" curriculum vitae?

E' una domanda che, come ho scritto a Peppe, su il 9 marzo, io mi faccio ogni giorno, in particolare da quando il congresso nazionale Cisl ha confermato, come nemmeno si faceva in Bulgaria durante il comunismo, Daniela Fumarola, con voto segreto, con il 100 per cento dei voti.

Ma non c'è solo  Daniela Fumarola.

La conclusione della oserei dire politicamente "sanguinosa" vicenda della Cisl Funzione Pubblica nazionale (con le dimissioni irrevocabili per "ragioni di salute", comunicate in una drammatica lettera circa un mese dopo essere stato trionfalmente confermato al congresso nazionale, di Maurizio Petriccioli, segretario generale da oltre nove anni (chi vuole approfondire si legga la mia intervista, davvero bella, a lui nel volume: "Prospettive Sindacali", pubblicato da Edizioni Lavoro) ed il licenziamento per giusta causa senza preavviso di Chiara Severino, segretaria nazionale e giuslavorista (peraltro anche lei della provincia di Avellino come Danilo Battista...) avvenuto il 14 di luglio, giusto due giorni prima l'avvio del congresso nazionale Cisl tenutosi all'Eur a Roma.

Non è un segreto (perchè è intervenuto pubblicamente durante il consiglio generale che ha eletto, al posto di Petriccioli, Roberto Chierchia, segretario generale Fp Cisl ed Angelo Marinelli, segretario generale aggiunto) che un ruolo fondamentale diciamo nella conclusione della politicamente, umanamente e giuridicamente "sanguinosa" vicenda sia stato giocato dall'attuale segretario generale Fnp Cisl (ex segretario faveriniano della Cisl Funzione Pubblica dell'Emilia Romagna) Roberto Pezzani.

Pezzani, parmigiano come me e come l'ex suo predecessore Gigi Bonfanti, come spesso capita ai segretari generali Fnp Cisl, forti di circa due milioni di tessere, è considerato da tutti, e non a torto, il vero uomo forte della gestione Fumarola.

E' noto che, anche in considerazione del fatto che nelle mie due contestazioni disciplinari (15 settembre e 7 di ottobre, andare a verificare i documenti su: www.sindacalmente.org  (articoli: "Fumi neri di Fumarola" e "Caso Lauria o caso Cisl?") sia entrata a gamba tesa la sua super consulente Roberta Roncone (ex segretaria nazionale organizzativa, guarda un po' della Fim Cisl) che è qualificata nelle contestazioni proprio come sua "assistente", io abbia denunciato Pezzani per reati molto gravi.

E' altrettanto noto che egli si sia recato immediatamente (o quasi) a Parma, dalle parti della sede Cisl di via Lanfranco, per conferire (mi dicono concitatamente, io non c'ero...) con Federico Ghillani, segretario generale Fnp Cisl di Parma e Piacenza ed ex segretario generale Ust Cisl di Parma e Piacenza, figura specchiata, testimone da me citato sia in sede di probiviri contro Pezzani che in Procura della Repubblica.

A Parma, mia città natale, ho ancora molti amici ed amiche.

Nella Fim, come nella Cisl, come nell'Fnp, come nella Cisl Funzione Pubblica.

Sono molto preoccupati per me e mi hanno ricordato un episodio risalente a non moltissimi anni fa.

Roberto Pezzani, allora segretario dei lavoratori del pubblico impiego, è stato sospeso (credo per sei mesi) dai probiviri.

Aveva già molte "amicizie importanti", tanto che la sospensione fu comminata in gran parte nei mesi estivi.

Volete sapere la ragione?

Pezzani che, come si vede dalla foto, ha anche un fisico imponente (un po' come Daniele Fippi, ex segretario generale della Fim Cisl di Parma) aveva aggredito, picchiato, "messo al muro", un collega dipendente comunale e sindacalista Cisl.

Per carità Pezzani ha già ammesso, credo, le sue colpe e certamente pagato, principalmente sotto l'ombrellone, la sua pena associativa (non so se vi siano stati strascichi legali, su questo le mie fonti interne alla Cisl di Parma ieri sono state imprecise...)

Ma mi chiedo, e si chiederà, immagino, anche Peppe, sul 9 marzo...

Davvero per fare carriere super apicali in Cisl occorre avere curricula così?

Essere così di scarsa indipendenza e frantumanti verso le persone, siano esse colleghi del sindacato o meno?

Davvero?

Ieri a Roma, durante un bellissimo e sognante incontro in memoria di Emilio Gabaglio, ad un anno dalla scomparsa, mi è venuto in mente un passo di un mio libro (Dobbiamo creare tutto dal nuovo), in cui è contenuta una citazione riportata da Emilio di Pierre Carniti:

Affermava l'indimenticabile segretario generale Cisl al primo congresso nazionale di Solidarnosc a Danzica (Polonia) nel settembre del 1981:

"Noi e voi viviamo in contesti sociali e politici differenti, ma i nostri destini sono legati tra loro (...) Di fronte alle grandi sfide economiche e politiche con cui dobbiamo misurarci (...) la nostra solidarietà deve farsi più stretta, abbiamo bisogno gli uni degli altri. 

Per far ciò è innanzitutto necessario che esistano sindacati forti e indipendenti, autentica espressione dei lavoratori in tutti i paesi. Secondo una concezione che ci è comune, non importa in quale sistema sociale e politico, il sindacato deve essere indipendente dai padroni, dallo Stato, dai partiti. 

Questa è la condizione indispensabile per la difesa degli interessi dei lavoratori e per la costruzione di una vera democrazia".

Altri tempi.

E, mi si conceda, altra Solidarnosc e, soprattutto, altra Cisl.

Francesco Lauria

martedì 14 ottobre 2025

MA TU LO SAI CHI E' (STATO) EMILIO GABAGLIO? COLTIVARE LA SPERANZA A UN ANNO DALLA SCOMPARSA

"Chi non spera l'insperabile, non lo troverà" (Eraclito, Frammenti, 18)

"Solo la speranza nella vita eterna ci fa propriamente cristiani" (Agostino di Ippona, La città di Dio VI, 9,5)

Un anno (e qualche giorno) senza Emilio Gabaglio.

Sento, fisicamente, il vuoto della sua mancanza, il peso del ricordo, dei tanti ricordi.

Certamente non sarebbe scomparso, in queste settimane, certamente mi avrebbe dato buoni e franchi consigli.

Ricordo, come fosse oggi, la sua voce inaspettatamente travolta, il suo: "Francesco, sto male, ti richiamo appena possibile".

Non lo ho mai più sentito. Ma la sua vita e le sue parole sono sempre davanti ai miei occhi.

Ogni giorno. Ogni eterno istante. Quanto mi manca.

Francesco Lauria

 Ricordo di Emilio Gabaglio, sindacalista senza frontiere. Ma tu lo sai chi è Emilio Gabaglio?


Scrivevo tre anni fa, quando uno stimato e giovane studioso di relazioni industriali e sindacato aveva risposto negativamente alla mia domanda, confesso, sorprendendomi.

All’inizio, ad essere sinceri, ne ero stato anche dispiaciuto, poi mi detti una chiave di lettura che è forse ancora più valida di fronte alla sua dolorosa scomparsa.

In un tempo in cui in tanti sono “presidenzialisti di se stessi” e vengono pubblicate in pompa magna autobiografie di politici o addetti stampa poco più che quarantenni, era stato necessario insistere non poco per vedere stampato un bellissimo racconto di vita del sindacalista comasco, classe 1937. Un testo prezioso, realizzato sotto forma di (lunga) intervista.

“Emilio Gabaglio. Il sindacato senza frontiere”, dialogo con Elisabetta Scavo, un libro agile quanto intenso, tanto ricca è stata la narrazione delle molteplici esperienze dell’ex Presidente Nazionale delle Acli ed ex segretario generale della Confederazione Europea dei Sindacati.

E’ importante riprendere il filo conduttore di una figura importantissima e ricchissima, di cui non si deve perdere la memoria.

Una vita, quella di Gabaglio, partita da una famiglia tutto sommato benestante, con due genitori che “si sono fatti da soli”, il ricordo della guerra, la condizione di sfollati tra le montagne al confine con la Svizzera, l’osservazione della fuga suicida della colonna Mussolini, proprio sulla strada del lago celebrato dal Manzoni.

Si prosegue con gli studi nel dopoguerra, l’impegno prima negli Scout e nella Fuci e successivamente nelle Acli, la laurea all’Università Cattolica dove incontra Mario Romani, l’ispiratore della Cisl.

Tutto questo preceduto dall’interessante scelta della madre che, appena sedicenne, lo “spedisce” a Londra per studiare l’inglese. Un’intuizione non comune per l’epoca e quasi l’anticiparsi di un destino: la “vocazione” internazionale.

Il primo congresso nazionale delle Acli cui partecipa, ventenne, è quello del 1957, seguirà l’incontro con il sindacato, in qualità di “insegnante supplente”.

La storia personale si intreccia con quella collettiva: il filo del racconto ci accompagna nelle contraddizioni della Chiesa italiana a cavallo tra anni cinquanta e sessanta, tra primi sentori del Concilio e, al tempo stesso alle prese con le strette conservatrici operate dal Cardinale Siri, allora presidente della Conferenza Episcopale Italiana.

Si arriva ai fatti del 1960 e alle manifestazioni dei lavoratori contro il Governo di destra di Tambroni (contemporaneamente il fondatore della Cisl Giulio Pastore si dimette da Ministro). Si accende anche il dilemma dell’incompatibilità tra incarichi associativi/sindacali e politici che comincia ad accomunare, in un lungo e complesso dibattito, Acli, Cgil, Cisl e Uil.

Gabaglio raccontava nel libro l’amicizia e il sodalizio con Livio Labor e la lotta interna alle Acli per rivitalizzarle e aprire nuove prospettive. La svolta avviene nel 1961, con l’apertura al centro-sinistra (che poi riserverà anche alcune delusioni) e l’elezione a Presidente di proprio di Labor.

Diviene componente dell’ufficio studi, inizia con la promozione di una ricerca sul “ruolo delle donne nelle organizzazioni operaie”, per por realizzare un lungo viaggio dal Messico al Cile per studiare le comunità cristiane di base e le organizzazioni dei contadini.

La sua vocazione naturale lo porta ad occuparsi delle relazioni internazionali delle Acli. È sempre più forte l’impegno per la democrazia, si pensi solo al sostegno alla resistenza, anche cristianamente ispirata, al regime franchista in Spagna.

C’era spazio, nel racconto per la riflessione dell’impatto sul movimento aclista e su tutta la società italiana prima della Pacem in terris e poi, con Paolo VI°, dell’enciclica Populorum Progressio, fino ad arrivare al famoso congresso delle Acli del 1966, quello di fischi a Mariano Rumor, dell’inizio della fine del collateralismo con la Dc e dell’elezione di Gabaglio a segretario nazionale, sempre in tandem con il presidente Labor.

Tutto ciò si sviluppa mentre l’inquieto presidente triestino delle Acli si prepara all’impegno politico con l’Acpol che evolverà con la coraggiosa quanto sfortunata esperienza del Movimento Politico Lavoratori (Mpl), un piccolo partito che sfidò l’unità politica dei cattolici cercando di costruire, senza risorse e coperture ecclesiali, un’alternativa non confessionale e di sinistra alla Democrazia Cristiana.

Prima del tentativo elettorale dell’Mpl si arriva, nel 1969, alla successione di Labor. La scelta, quasi scontata, anche se lui con stile non la raccontava come tale, cade proprio su Gabaglio. Giovanissimo, a 32 anni, nell’Italia e nel mondo in fermento dell’autunno caldo, è lui il nuovo presidente nazionale dell’associazione fondata dal suo concittadino Achille Grandi.

Si arriva, nell’agosto del 1970, al famoso convegno nazionale di studi di Vallombrosa in cui Gabaglio conclude un’assise destinata ad entrare nei libri di storia con una relazione intitolata: “Una scelta per l’uomo: l’impegno della Acli nel movimento operaio”. È la proposta, dirompente, non pienamente compresa nella sua complessità, della celebre: “ipotesi socialista”. L’opzione di classe viene considerata dalla maggioranza degli aclisti non più incompatibile con la coscienza cristiana.

Si arriva a un conflitto molto forte con i vescovi italiani e con lo stesso Paolo VI° che culmina, tra maggio e giugno del 1971, prima con la dichiarazione che le Acli non vengono più riconosciute come associazione ecclesiale, con conseguente ritiro degli assistenti spirituali e, poi, con la successiva, dolorosa, “deplorazione” proprio del Papa che, nel 1944, aveva tenuto a battesimo l’associazione. La nota del Papa arriva a Gabaglio appena tre giorni dopo la nascita della figlia Letizia, futura giornalista e divulgatrice scientifica.

Gabaglio ci racconta di una pressione fortissima, in uno scontro in cui si mescolavano, certo, problemi dottrinali, ma anche significative apprensioni, molto più “terrene”, rispetto alle possibili minacce all’unità di politica dei cattolici.

Alla fine dell’anno successivo la situazione delle Acli non appare più gestibile anche da un punto di vista interno e si arriva alle dolorose dimissioni da Presidente nazionale; la lettera viene spedita e annunciata al Tg1.

A Gabaglio scrive subito un telegramma Sandro Pertini: “con lo stesso animo con cui l’abbracciai a Parma dopo le umane parole da lei dette in memoria di Fernando Santi le sono fraternamente vicino”.

Inizia un periodo professionalmente difficilissimo per l’ex Presidente aclista che, investendo e bruciando anche risorse personali, idea e dirige la casa editrice Coines. Nel 1974, un’altra battaglia, questa volta vittoriosa: insieme a Pietro Scoppola, Valerio Onida, Luigi Macario, Pierre Carniti, anima il comitato dei cattolici contrari all’abolizione della legge sul divorzio in occasione del fallito referendum abrogativo della legge.

Inizia, proprio nel 1974, il lavoro diretto per la Cisl, in un campo concordato con Bruno Storti e che sarebbe diventato cruciale negli anni futuri: l’azione sindacale nelle imprese multinazionali.

Sono anni ricchi di impegno e scommesse: Gabaglio diviene un punto di riferimento essenziale sui temi internazionali non solo per la Cisl, ma per l’intera Federazione Unitaria Cgil Cisl Uil. L’ex Presidente delle Acli si spende senza risparmio in particolare nell’America Latina funestata dalle dittature di estrema destra e nel sostegno costante e convinto alla lotta di Solidarnosc per la costruzione di un sindacato libero nella Polonia e nel blocco comunista.

Nel 1978, quando la responsabile dell’Ufficio internazionale della Cisl Fabrizia Baduel Glorioso diventa prima presidente del Comitato Economico e Sociale Europeo e poi, l’anno successivo, parlamentare europea indipendente eletta nelle liste del Pci, Gabaglio ne prende il posto. Si impegna, da subito, nel non semplice lavoro di ricucitura con il sindacato americano Afl-Cio, realtà che aveva caldeggiato negli anni precedenti una possibile scissione a destra della Cisl di Macario e Carniti, considerata troppo unitaria e troppo di sinistra.

Nel 1983 avviene l’ingresso nella segreteria confederale del sindacato di Via Po, proprio alla vigilia della dolorosa e dirompente rottura sulla scala mobile tra Cisl e Uil da una parte e Cgil dall’altra. Tra gli impegni successivi la segreteria organizzativa e l’azione per la necessaria ricomposizione tra lavoro e ambiente.

Si arriva agli anni ’90 e alla sfida di trasformare il sindacato europeo da mera lobby di rappresentanza a vero attore del dialogo sociale.

La stagione di Emilio Gabaglio alla guida della Confederazione Europea dei sindacati coincide proprio con l’affermarsi del sindacato europeo come un protagonista importante, concreto, del modello sociale continentale.

Il sindacalista comasco è alla guida della Ces per un lungo periodo: dal 1991 al 2003.

Una leadership che ha visto, dopo l’adozione del Trattato di Maastricht, l’affermarsi del dialogo sociale, in particolare durante la presidenza della Commissione Europea da parte di Jacques Delors, ma che era iniziata con le dure conseguenze legate alla dissoluzione della Jugoslavia.

Sono anni in cui, pur nella sostanziale incapacità di intervenire nel conflitto balcanico, Europa politica ed Europa sociale sembrano fare significativi, anche se mai decisivi, passi in avanti.

Si arriva al non semplice raggiungimento della Carta dei Diritti Sociali di Nizza e al percorso della Convenzione per il futuro dell’Europa, cui Gabaglio partecipa come componente in quanto leader del sindacato europeo.

Sono anni in cui le parti sociali europee raggiungono importanti accordi vincolanti che vengono allegati alle Direttive: congedi parentali, part time, contratti a tempo determinato.

Giunge nel 2003 il termine della lunga esperienza di Gabaglio alla guida del sindacato europeo.

È un tornante della storia e non è un tornante favorevole. I referendum francese e olandese bloccheranno, insieme alla deludente Commissione Barroso, il percorso verso un’Europa, insieme, federale e sociale. La crisi economica del 2007 vedrà in campo, racconta Gabaglio, un’Unione Europea sempre più intergovernativa, deludente esecutrice dei modelli neoliberisti dell’austerity.

Tornando agli anni novanta e ai primissimi anni duemila, il sindacalista ricordava anche importanti successi: si pensi alle direttive sui diritti di informazione e consultazione e sui comitati aziendali europei, seguite alle grandi mobilitazioni sindacali contro le delocalizzazioni nelle imprese multinazionali a partire da Hoover e Renault.

È questa, per lui, una delle frontiere più interessanti del sindacalismo europeo e internazionale: contrattare in una dimensione senza frontiere, non solo direttive e accordi quadro, ma nel campo di azione più proprio del sindacato: quello aziendale. Tutto ciò attraverso gli European e International Framework Agreement, accordi ancor più cruciali nelle profonde differenze dell’Europa allargata che ha visto anche la recente ferita dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. Gabaglio seguirà questo tema anche da Presidente dell’Associazione Sindnova, promossa dalle categorie dell’industria della Cisl.

Una dimensione, quella del sindacalismo internazionale, che Gabaglio ha accompagnato anche a livello globale, divenendo il vero protagonista dei negoziati che porteranno finalmente, a Vienna nel 2006, alla creazione di un’unica centrale sindacale mondiale: l’Ituc-Csi.

Il libro ci restituisce un’esperienza di vita e di impegno di grandissimo valore che oggi siamo chiamati a far conoscere in maniera non rituale alle giovani generazioni, non solo di sindacalisti, ma di operatori sociali.

Una vita unica per la sua complessità in dimensioni e settori diversi, culminata con il conferimento della legion d’onore della Repubblica Francese. Un’onorificenza che fu “restituita” da Gabaglio, insieme a Corrado Augias, per rivendicare un impegno più forte nella difesa dei diritti umani a partire dai casi dell’assassinio del ricercatore italiano Giulio Regeni e dell’ingiusta detenzione dello studente egiziano Patrik Zaky, allora ancora incarcerato a Il Cairo, insieme a molti altri, nel miope disinteresse delle diplomazie.

Fra i tanti ricordi riemersi nelle pagine del libro intervista del sindacalista comasco, cittadino del mondo, ne voglio rimarcare almeno uno: quello del primo maggio 1994.

Siamo sulla pista dell’aeroporto di Sarajevo, Gabaglio guida la delegazione dei sindacalisti internazionali.

Ci racconta della corsa a zig zag sulla pista, in giubbotto antiproiettile ed elmetto, per raggiungere il palazzo della sede dei sindacati e tenere un breve comizio. Un gesto simbolico, applaudito da migliaia di cittadini stremati, sfidando insieme i cecchini che continuavano a tenere in scacco la città.

Quello che Gabaglio descrive come “il più bel primo maggio della sua vita” è anche un’immagine che ne riassume molte altre.

Il sindacalismo senza frontiere è fatto, certo, di vertici, accordi, piattaforme, organizzazioni, congressi, in alcuni casi anche di “liturgie”.

Ma anche di cuore, speranza, desiderio di giustizia, pace, libertà.

Sono i valori che Emilio Gabaglio ha appreso e vissuto, giovanissimo, nel comasco tra gli scout e i circoli aclisti. I valori, le “idee forza” che ha portato, e sostenuto, attraverso il sindacato, in ogni angolo del mondo. Con discrezione, stile, costanza, infinita generosità.

Sono i valori che mi ha insegnato nelle nostre innumerevoli conversazioni serali e mattutine, mi ascoltava con pazienza, spronandomi a guardare avanti e a non fermarmi sui dettagli non essenziali.

Rileggiamolo oggi e domani il suo piccolo “libretto rosso” che ha riassunto sette decenni di impegno sociale, sempre vissuti con curiosità e slancio verso il futuro, con la capacità di “pagare” per le proprie idee, ma senza mai rinunciare alla tessitura del dialogo.

Ricordiamo Emilio, non solo grazie a questo volume dono e oggi testimonianza preziosi, per nulla narcisisti, utili per chiunque voglia approcciarsi all’impegno sindacale o allo studio delle relazioni industriali: superando senza paura le frontiere per costruire duraturi ponti di giustizia.

Grazie Emilio, per tutto quello che sei riuscito a realizzare, ma anche ad essere. Per avermi spronato a spiegare ai tanti sindacalisti che lo ignoravano chi erano Achille Grandi e Bruno Buozzi affiggendo al Centro Studi Studi Cisl di Firenze cartelli in italiano e in inglese, per avermi chiamato discretamente, fraternamente e ostinatamente, in recenti momenti di personale difficoltà.

Grazie Emilio, per aver fatto crescere una generazione militante per cui il potere veniva sempre dopo il servizio, l’affermazione personale sempre dopo quella collettiva e delle idee.

Idee che si costruivano insieme, nel dibattito, nel confronto, a volte anche aspro; nel coraggio della composizione e non della negazione delle diversità.

Le lacrime copiose, oggi, bagnano la mia tastiera, ma domani sapranno conservare nel cuore e trasmettere a chiunque chi è stato, chi è Emilio Gabaglio.

Sindacalista senza frontiere, indimenticabile e instancabile costruttore di pace e di giustizia.

Un uomo buono.

Grazie Emilio.

Francesco Lauria – Centro Studi Nazionale Cisl

Francesco Lauria

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Inviato 19 h fa
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