Ieri pomeriggio mi trovavo a Modena, in un parcheggio, dopo aver pranzato con un amico, che non vedevo da tempo e che mi aveva contattato, preoccupato della mia situazione con la Cisl, dopo il mio infame licenziamento.
Avevo appena mangiato i tortellini più buoni della mia vita e, come sempre in questo periodo (da licenziato), mi è era anche stato offerto, nonostante le mie sincere proteste, il pranzo.
Nel parcheggio ho letto una mail, da Via Po, a Roma, che mi ha distrutto, dilaniato, annientato, annichilito.
Una persona che stimavo, a cui avrei affidato le mie cose e i miei affetti più cari, per cui mi sarei anche gettato nel rogo, dichiarando palesemente e sfrontatamente il falso, mi si rivoltava contro pubblicamente, attaccandomi a testa bassa e, addirittura negando di aver ricevuto pressioni, anzi, cosa davvero sconcertante, dichiarando di averle subite da me.
Uno stravolgimento completo, assoluto, di una verità incontrovertibile, almeno a me talmente chiara da sembrare ovvia.
Un tradimento completo, imbarazzante della dignità del mandato di rappresentanza (sacro!) ricevuto da lavoratori e lavoratrici con il voto.
Mi si dirà e mi è stato più volte detto: "Francesco, ma non ti sei ancora abituato? E' chiaro che ti abbandoneranno tutti e tutte: anche quelli/e con cui hai spezzato il pane, anche quelli/e con cui hai costruito, pazientemente, sogni. Sei davvero un ingenuo, presuntuoso, ti farai male!"
Discorsi come questo ne ho ascoltati a centinaia in questi mesi, la maggior parte anche sinceri, in buona fede.
Ho sempre tirato dritto, maledetto queste parole. Facendo di testa mia.
Di fronte alla tracotanza del potere e, nel caso della mia collega, al terrore del potere, bisogna compiere una scelta.
Io l'ho fatta. Non avevo alternative, fin dall'asilo, non proprio con queste parole, ho sempre pensato (con un po' di eccesso di moralismo) che non è difficile tra potere e verità o tra comodità ed eresia, scegliere SEMPRE e COMUNQUE i secondi.
Ieri, da Modena ho proseguito in macchina, in quella che in Cisl viene chiamata l'Emilia Centrale, fino a Reggio Emilia, dove ho trovato ascolto, un caffè, un sorriso bellissimo, espressione della più genuina saggezza emiliana.
Ho anche ascoltato il desiderio, futuro, di tornare a suonare un pianoforte.
Ho visto, persino, nella pancia di una giovane nipote, un pronipote in arrivo...
"Francesco, sei bello (affermazione invero generosa), non ti devi abbattere: Secondo me la "nostra" Cisl è indietro come le code!".
Ho sorriso a Susanna Morelli (la moglie battagliera, vivacissima e fantastica di Pippo) e, subito, ho pensato ad una persona che, telepaticamente, mi ha telefonato.
Io continuo a credere, con Giordano Bruno che: "La libertà di pensiero è più forte della tracotanza del potere".
Mi era stato predetto: "Andrai al rogo!".
Succederà (forse anche presto), pazienza, ci sarà qualcun altro/altra che porterà avanti una battaglia nonviolenta che si alimenta del desiderio di Amore (come affermava Giulio Pastore), non di vendetta o di rivalsa.
Ieri sera, arrivato di fronte alla sede della Cisl di Reggio Emilia per rivedere il docufilm su Ermanno Gorrieri, realizzato dal figlio Claudio (filmato che, peraltro, conosco già a memoria) ho deciso di "mollare".
In un qualche senso (non assoluto) di arrendermi, abbassare le armi.
Me ne sono andato via in silenzio, imboccando la tangenziale verso Parma.
Non mi arrendo, ovviamente, alla tracotanza del Potere, non ne sono capace, non fa parte di me. Diventerei un "impostore" di me stesso.
Non mi arrendo di fronte alla violenza (non solo quella, per fortuna non fisicamente, perpetrata contro di me).
Non giro la testa da un'altra parte di fronte alle violenze che vedo commesse, nella Cisl, di fronte ad altre persone.
Come ha affermato, con lungimiranza, un ex dirigente apicale di una federazione di categoria un tempo memorabile proprio della Cisl Emilia Centrale: "in certe situazioni per prendere parte, anzi per sentirsi, rispettosamente, parte, non occorre per nulla essere eroi, basta solo essere persone - basta solo rimanere umani".
Rivendico che senza alcun dubbio, come avrebbe detto Silvio Berlusconi pur da "abbronzato", dopo oltre 400 anni, Giordano Bruno abbia "vinto".
Come affermava in latino Giulio Pastore sia di fronte al fascismo che di fronte al Governo Tambroni, sostenuto dal Movimento Sociale Italiano, da cui si dimise senza indugiare: "bisogna farla ardere la fiamma!".
Non la fiamma del potere o della tomba del Duce, ma quella della passione e della fede.
Del lavoro, degli ultimi e delle ultime, dell'Amicizia e, per che no, anche dell'Amore.
Senza dubbio, in me, tornato a Parma, ha vinto soprattutto Niccolo Fabi (ed era anche ora, ma sono, purtroppo, un fottuto, "permaloso, figlio unico"...)
Da giovanissimo giornalista in formazione e in forma del tutto volontaria, ho fatto in tempo a scrivere qualche articolo per il glorioso quotidiano cattolico-democratico IL POPOLO, fondato, 102 anni fa, dall'antifascista GIUSEPPE DONATI.
Allora il direttore era FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, c'era anche la giornalista Chiara Geloni.
Ho continuato, ancora più saltuariamente, non sempre firmandomi, a scrivere per Europa, quotidiano di cui Garofani era, invece, vicedirettore.
Ho scritto, grazie a lui, pur non firmandolo personalmente, anche qualche editoriale in prima pagina, nel 2007.
Di Garofani ricordo, in particolare, il volume, interessantissimo del 2013, scritto insieme a David Sassoli: "Il potere fragile - I consigli dei ministri durante il sequestro Moro" (edizioni Eri). Un documento prezioso e, a tratti, inquietante, sull'inadeguatezza e sull'impreparazione della classe politica e dirigente italiana rispetto ai tragici eventi relativi al sequestro e all'uccisione di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse, oltre quarantacinque anni fa.
Insomma, Francesco Saverio Garofani è certamente una persona per bene, di grande valore e di preziosa cultura (cattolico-democratica, sì, di sinistra).
"Fino a quando ci saranno persone discriminate e oppresse, avrà sempre senso parlare e agire in nome della teologia della liberazione". Leonardo Boff
Ieri, davvero inaspettatamente, ho ricevuto un ulteriore contributo, importante, per le mie spese legali.
Un sostegno ancora, è scritto nel bonifico, in nome ed in ricordo di Emilio Gabaglio, già Presidente Nazionale delle Acli, segretario confederale della Cisl (anche organizzativo), segretario generale della Confederazione Europea dei Sindacati, in questa veste membro autorevole della Convenzione per la redazione della Costituzione Europea, ispiratore ed accompagnatore del percorso che ha portato alla costituzione, a Vienna nel 2006, di un'unica confederazione sindacale mondiale, la Confederazione Sindacale Internazionale (Ituc-Csi).
Non proveniva, questa volta dalla famiglia (moglie, figlie) di Emilio, ma da una figura da sempre vicina alla Cisl ed attiva, a livello apicale, nelle istituzioni europee.
Mi sono chiesto, quasi ossessivamente: Me lo merito? Come faccio ad esserne degno?
Proprio ieri non potevo che non interessarmi alle, purtroppo non nuove, gravi vicende avvenute a Prato, un tiro di sguardo dalla "mia" Pistoia, con i lavoratori in sciopero (aggiungo pakistani, solo perchè nel loro caso abbiamo una doppia, se non tripla discriminazione) picchiati, peraltro in questo caso insieme agli agenti della Digos, dagli emissari violenti e sfrontati dei padroncini crumiri (si, in questo caso cinesi, ma non è, nemmeno a Prato, una prerogativa etnica).
Anche qui mi sono chiesto, che cosa potessi fare, mentre da Pistoia mi dirigevo verso Parma, la mia città natale, dove, peraltro, a detrimento della tutela dei lavoratori e delle lavoratrici e del valore della rappresentanza sindacale, sono successe cose (specifiche) gravissime, proprio nel sindacato, proprio nella Cisl.
Ma soprattutto, mi sono chiesto, pensando a Prato, Pistoia e Parma, come mi hanno insegnato i miei maestri proprio nel sindacato, come posso capire, che posso essere con - essere tra, agire per?
Mi sono ricordato quando, da solo, in macchina, ho percorso la strada secondaria tra Pistoia e Prato, passando per Montemurlo, fermandomi, in silenziosa e lancinante preghiera a Oste, davanti all'orditoio della fabbrichetta tessile, dove ha trovato la morte, infame, anche per la gestione superficiale delle norme sulle salute e sicurezza, Luana D'Orazio. giovane donna di soli ventidue anni, lavoratrice e madre.
Una giovane donna lavoratrice, proprio quella Luana che, durante l'impiego precedente, non come operaia tessile, ma come cameriera in un bar-ristorante, aveva calcato, insieme al padre, i pavimenti della vecchia sede dell'ufficio vertenze della Cisl di Pistoia, in Viale Matteotti.
A Montemurlo sono stato anche successivamente, durante la manifestazione del primo maggio di quest'anno, con mio figlio Jacopo, uno strano (e strambo) primo maggio unitario, ma diviso, dove i "leader" (tra virgolette) delle tre confederazioni si trovavano in posti diversi (pur se collegati con maxischermi) e dove i funzionari (non mi riesce qui, parola diversa) di Cgil Cisl e Uil si allontanavano, quasi tutti/tutte, subito dopo l'intervento del proprio segretario o della propria segretaria generale.
Il primo maggio nazionale a Montemurlo, lo spiegavo a Jacopo, era un "primo maggio blu", perchè invaso da una marea dei funzionari e delegati della terza confederazione sindacale italiana, la Uil, dato che erano previste le conclusioni del segretario generale Pierpaolo Bombardieri, subito dopo l'abbraccio pubblico, e nel caso di Pierpaolo davvero sincero, con Emma D'Orazio, la mamma di Luana.
A Luana, Montemurlo, ha dedicato, in quella occasione, anche una strada.
Mentre, con Jacopo, prendevo ai gazebo una bottiglietta d'acqua sotto il caldo più che primaverile della piana Toscana (quella stessa piana di Don Lorenzo Milani a San Donato di Calenzano...) non riuscivo a non pensare proprio ai miei maestri della Cisl (e forse non solo...) che mi raccontavano, a cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, come si era sviluppata, dapprima timidamente, l'unità di azione sindacale, a partire dalle aziende metalmeccaniche.
Si convocavano scioperi e manifestazioni in forma rigorosamente separata, ci si trovava ai lati opposti dei marciapiedi, ma si cominciava a marciare, cantare, lottare insieme.
Prima di nascosto e, poi, "gridandolo sui tetti", o magari, nei velodromi.
Non solo nelle piazze e negli scioperi, ma anche attraverso la contrattazione articolata nelle aziende, grande intuizione, poi CONDIVISA, della Cisl.
Seguono quindi gli anni dell’impegno nel
sindacato per la "verticalizzazione" (dare davvero il potere alle federazioni di categoria...),
l’incompatibilità con le cariche politiche, il
superamento delle differenze normative tra
impiegati ed operai, sul rinnovamento delle
forme di lotta e sull’unità di azione che
culminerà proprio con il comizio unitario al velodromo Vigorelli
di Milano, non pienamente autorizzato né
dalla Fim, né dalla Cisl nazionali e condiviso da Pierre Carniti con il neoeletto segretario generale della
Fiom, allora, ancora un po’ impacciato
nell’arte oratoria, Bruno Trentin.
Insomma, tornando ad Emilio Gabaglio, una cosa che mi accomuna (lo dico pudicamente) a lui mi è venuta in mente.
Dirigenti apicali della Cisl di oggi, penso al probabile futuro segretario generale nazionale Mattia Pirulli (di altra estrazione ecclesiale) ci hanno sempre messo insieme, scherzando per carità:
"Lauria, Iuliano, Gabaglio, gli ultimi (sottointeso, per fortuna) tre teologi della liberazione nella Cisl!"
E via giù di risate, di superficiali ed estemporanee accuse di estremismo, di patenti, immeritate, di "cattocomunismo". (Gabaglio, quando, successore di Livio Labor, presiedette le Acli, a Vallombrosa, parlò di "ipotesi, opzione, socialista", non comunista!)
Al di là che "liberazione" non dovrebbe essere un termine non disprezzato da Pirulli (certo con altri accoppiamenti lessicali) sono sempre stato orgoglioso di essere, pur ridancianamente, accostato al responsabile internazionale della Cisl Giuseppe Iuliano (uno che, come ha scritto nella sua lettera aperta alla segreteria confederale Cisl per l'apertura di un dialogo nei miei confronti, rimasta desolantemente senza alcuna risposta, ha "servito"/affiancato otto o nove segretari generali della Cisl) e ad Emilio.
Racconta Leonardo Boff, ex francescano, lui sì, grande teologo della liberazione, brasiliano, della sua scelta di diventare sacerdote, nello stupendo libro in dialogo con lo psicoanalista junghianoLuigi Zoja.
Il volume si intitola: "Tra eresia e verità", una conversazione, bellissima, verso l'ecologia e la liberazione integrale
Si tratta di uno dei libri che, ormai da più di una decina di anni, hanno condizionato e ispirato moltissimo la mia attività di formatore, ricercatore e sindacalista.
Un libro cui il teologo francescano brasiliano racconta, in dialogo con Zoja, che, da grande, voleva fare il camionista. Ma, alla domanda, posta in una Chiesa da un sacerdote tedesco, "chi vuole diventare francescano?", sente una, inaspettatamente, sorta di calore dentro. E, alza la mano.
Fa una scelta, un'eresia decisiva, etimologicamente parlando.
Si incammina, verso la ricerca, paziente ed ostinata, della Verità.
Un cammino non senza salite, deviazioni, ripensamenti, imperfezioni.
E' bellissimo il passaggio in cui Boff, mentre sta per diventare sacerdote, parla dei propri sogni, non in senso metaforico, ma proprio letterale.
Insomma Leonardo Boff io lo metto insieme a Gustavo Gutierrez e al vescovo dei poveri (con o senza Giubileo dedicato...) Helder Camara.
Ma lo metto, anche, cislinamente, insieme a Pippo Morelli e a Beppe Stoppiglia. A Enrico Giusti. Ad Augusta Restelli...
Non siamo tre, mi dispiace Mattia, siamo una moltitudine, unita nella diversità, nell'amore dell'intreccio delle differenze, come in una huipala, la sciarpa dei popoli indigeni dell'Ecuador da cui, in queste settimane, non riesco, mai, a separarmi.
Siamo una moltitudine che, ancora oggi, si interroga, sopporta le condanne al "silenzio ossequioso" delle varie Inquisizioni, e incontra il futuro, in un kairòs, un tempo opportuno e circolare, magari (altra eresia!) attraverso i tesori nascosti delle culture indigene.
Già, ci sarebbe da scrivere parecchio sul rapporto tra culture indigene e rappresentanza, su una concezione della democrazia, politica ed economica, non solo Occidentale.
Ma, per oggi, come mi dicono in tanti e tante, ho già scritto troppo.
Il (quasi) teologo della liberazione, catto_comunista_indigeno_parmigiano (Mattia Pirulli dixit),
Come ho annunciato ieri, a circa due
mesi dalla presentazione (20 settembre 2025), è arrivato il LODO emesso dai
probiviri confederali CISL rispetto al ricorso (il primo dei tanti) da me
intentato nei confronti dei signori BATTISTA (Danilo), SPAGGIARI (Alessandro) e
FUMAROLA (Daniela).
Come ho scritto ieri e come confermo,
vista la SPROPORZIONE DI POTERE delle forze in campo (peraltro uno contro
tre...) e tutti i precedenti sfavorevoli (anche nelle categorie e nelle Usr,
con alcune rare eccezioni) un onesto UNO ad UNO.
Approfondisco le considerazioni di ieri…
e delineo una prima PROSPETTIVA.
1) E’ emersa l'INCREDIBILE NOTIZIA (come
scrivevo ieri, “davvero incredibile”) che DANILO
BATTISTA, direttore della sede confederale Cisl, componente in “quota Cisl”
del Consiglio di Amministrazione dell’Inail (chiedo con fiducia che qualcuno mi
enumeri le sue competenze specifiche che, a mio parere, dopo attenta lettura
del sui CV, non paiono sussistere) e di chissà quanti altri organismi (interni
ed esterni) NON E' ISCRITTO ALLA CISL
(ripeto NON E' ISCRITTO ALLA CISL).
Come scrivevo ieri, ora capisco perchè
si era agitato tanto (in quel caso avendo qualche ragione) quando io insistevo,
in sede di audizione disciplinare, che i dipendenti della sede confederale
DOVESSERO essere iscritti e militanti della Cisl.
In realtà è stato inserito, non me ne
ero accorto, chiedo venia, un “PRIORITARIAMENTE”
Quindi Danilo Battista, che NON è NE'
ISCRITTO, NE' MILITANTE CISL, è IMPROCEDIBILE (rispetto ai probiviri), ma anche
RESIDUALE (rispetto ai dipendenti che, insieme ad Alessandro Spaggiari,
dirige).
Come scrivevo ieri, non sta a me
prendere decisioni, ma, a mio parere, il SUO RUOLO, già discutibile visto il
noto, anche televisivamente, pensiamo a Report, cursus honorum, è, almeno da un
punto di vista ETICO, fortemente COMPROMESSO da questa RIVELAZIONE.
Perchè, sinceramente, credo che nessuno
si aspettasse, ripeto, che l'ex (e dalle voci provenienti da Via Po anche
possibile futuro) Presidente Nazionale del CAF CISL DANILO BATTISTA NON fosse
ISCRITTO alla CISL.
Diversi commentatori della Cisl, saputa
la notizia della sua NON ISCRIZIONE (è forse iscritto ad altro Sindacato?) si
sono detti, spesso PUBBLICAMENTE, ESTERREFATTI, INDIGNATI, in alcuni casi,
SCONVOLTI.
Confermo, quindi, IL PAREGGIO. Lui la
scampa, ma ci fa davvero, sempre a mio parere, UNA PESSIMA, pessima, pessima FIGURA. A meno che, davvero, TUTTO sia concesso ai POTENTI.
2) Come scrivevo ieri mi ritengo, PER ORA, soddisfatto della decisione
nei confronti di ALESSANDRO SPAGGIARI, che lo stesso collegio dei probiviri
CISL riconosce avere una posizione più delicata ed esposta di DANIELA FUMAROLA
(sarà, ai sensi dell’Art. 26 dello Statuto della Cisl, il collegio dei
probiviri della FIRST CISL a valutare se le prove, a mio parere,
INCONTROVERTIBILI dell'illecito da lui chiaramente commesso nei miei confronti
siano SUFFICIENTI o MENO).
La reputo quindi una mia e del diritto
dei lavoratori e delle lavoratrici, VITTORIA (pur provvisoria e da confermare e
con alcune incognite, a mio parere, anche
inquietanti che esporrò di seguito nel valutare, dal mio punto di vista, la
posizione di Daniela Fumarola…)
3) Rispetto a DANIELA FUMAROLA (nella
foto da me riportata immagino ritratta dopo l'apertura della busta del lodo dei
probiviri CISL), non presente alla riunione online del primo agosto 2025 (ricordo
volta, di comune accordo, a tracciare un percorso accettabile per giungere alle
mie DIMISSIONI VOLONTARIE DA DIPENDENTE CISL, visto il CONTESTO SPAVENTOSO che
stavo vivendo dopo VENTI ANNI di impegno nella e con la confederazione).
Per alleggerire IN TUTTI I MODI la
posizione della segretaria generale della CISL (scriverlo, oggi, mi fa davvero
male) si ricorda, infatti, che la stessa non fosse presente alla riunione e
che, quindi non avrebbe potuto partecipare all’EVENTUALE ATTO CRIMINOSO nei
miei confronti.
Si dimentica che la stessa FUMAROLA con
il sig. SPAGGIARI (BATTISTA, forse perché non iscritto alla CISL non firma le
contestazioni disciplinari, pur gestendole…) abbia FIRMATO la prima contestazione
disciplinare del 15 settembre (e poi anche la seconda del 7 ottobre) nei miei
confronti.
C’è qualcosa di male in questo?
Certamente sì.
Il collegio dei probiviri compie tre
atti, a mio parere, di una gravità inaudita che nemmeno, il quasi comprensibile
intento di SALVARE a tutti i costi l’ex segretaria della Cisl di Taranto, può
giustificare…
1)Rileva, come a mio parere proditoriamente affermava Fumarola,
il mio ricorso si sia esplicitato durante un procedimento (e poi provvedimento)
disciplinare a mio carico, quasi come se, in questo ambito, tutto, anche in
spregio alla legge (non solo di Statuto, Regolamento e Codice Etico Cisl) fosse
ammesso, in una specie di FAR WEST DATORIALE che un SINDACATO CHE SI RISPETTI
non dovrebbe, mai, mai permettere;
2)Mette sullo stesso piano, ignorando tonnellate e tonnellate
di UNANIME GIURISPRUDENZA del lavoro, la mia più che legittima REGISTRAZIONE DIFENSIVA,
prodotta proprio in zona cesarini, di fronte alla negazione arrogante e
disperante di TUTTE LE EVIDENZE (e quando scrivo tutte, intendo tutte) e la
MANIFESTA, ACCLARATA ILLECITA (illecita, non solo illegittima) REGISTRAZIONE
DATORIALE OCCULTA nei miei confronti.
Questo aspetto ha stupito, indignato, inquietato,
preoccupato i giuslavoristi e i sindacalisti in tutta Europa (anche se,
ammetto, non avuto grandi riscontri in ambito Confederazione Europea dei
Sindacati, non si può ottenere proprio tutto, la Cisl è uno dei maggiori
contribuenti alla Ces a livello europeo…).
C’è poi un ulteriore aspetto ancora più inquietante
che, nonostante i probiviri Cisl incredibilmente lo neghino, ho sottolineato e
meglio precisato in sede di (solitaria) audizione. In almeno un caso la “sbobinatura”
è stata volutamente alterata o meglio proditoriamente interpretata.
Mi è stato, infatti, imputato di aver confidato la mia
situazione personale (manco fossimo davvero nella Cambogia dei peggiori Kmer
Rossi o sotto il nazismo) a: “persona del tutto estranea all’organizzazione
Cisl come PIERO RAGAZZINI”. Al di là che, io avessi confidato a Piero, che è
stato, lo ricordo, tra le tante cariche ricoperte, segretario confederale
amministrativo Cisl nazionale, semplicemente un piccolo aspetto specifico (la
mia convinzione che fosse normale e prassi riconoscere in Cisl i
sottoinquadramenti operati in occasione di dimissioni volontarie o, comunque,
di chiusura, non conflittuale, di rapporto di lavoro), io il nome di Piero Ragazzini,
in sede di audizione disciplinare, non l’avevo proprio fatto! Si poteva solo
dedurre.
Questo fa capire che è proprio vero che, fino al 29
ottobre, giorno precedente l’audizione solitaria presso i probiviri
confederali, io la mia audizione non l’avessi mai riascoltata e quando dico
mai, intendo proprio mai.
L’aver utilizzato una registrazione occulta (e cosa dovrei
provare, cari probiviri, devo produrre le pile del registratore dei miei
interlocutori? Magari pure cariche?) è un elemento che, in qualsiasi contesto,
non solo giuslavoristico, viene sanzionato a qualsiasi azienda.
E se, nei miei
confronti, di iscritto e militante e, a norma di regolamento confederale, quadro
direttivo Cisl (non sono mica DANILO BATTISTA da AVELLINO, sono FRANCESCO
LAURIA, da PARMA) la CISL non è più un SINDACATO, ma un’AZIENDA (e, me lo si
conceda, forse anche delle peggiori), come TALE, deve essere valutata e come
tali devono essere valutati i comportamenti dei suoi DIRIGENTI (iscritti e non
iscritti…)
3)Mi si imputa di non aver aggiunto sostanzialmente
nulla, nelle tre ore e tredici minuti di audizione solitaria, a quanto
depositato nei ricorsi. Al di là che, come ho già scritto, ciò sia palesemente FALSO,
sottolineo che l’audizione del 30 di ottobre avrebbe dovuto essere un CONTRADDITTORIO,
un CONFRONTO, anche nel rispetto dello Statuto della Cisl e del Regolamento di
comportamento nell’ambito dei collegi dei probiviri (al plurale, non solo quello
confederale).
BATTISTA, SPAGGARI, FUMAROLA NON SI SONO PRESENTATI e,
che io sappia, NON HANNO NEMMENO AVVERTITO/GIUSTIFICATO la loro ASSENZA.
Tutto questo, sinceramente, è, a mio parere, SCANDALOSO e chi volesse
riscontrarlo, ricostruendo tutti i passaggi può farlo qui:
Non mi darò per vinto, certo, anche nel
percorso giuslavoristico che sto imbastendo con impegno e ben consigliato,
supportato, sia a livello di diritto del lavoro che sindacale.
Ma, ogni giorno di più, mi rendo conto
che NON SONO SOLO.
Per due motivi: l’ENORME e VARIEGATA (anche se, per
paura di RITORSIONI, un po’ sotto traccia) mobilitazione in mio SOSTEGNO (in
Italia, ma anche, a macchia di leopardo, anche in EUROPA).
Ma, soprattutto, perché i miei OCCHI
STANCHI non sono gli UNICI OCCHI STANCHI.
Non sono nemmeno QUATTRO, SEI, OTTO
OCCHI...
Sono molti di più, in tutto il Paese, in
tutta la complessa macchina/organizzazione della CISL.
Se i dossier che mi vengono mandati,
spesso in forma ANONIMA, come ho fatto a mettere a verbale lo scorso 22 ottobre,
io nemmeno li apro, LE PERSONE, in CARNE, OSSA, SANGUE, RESPIRO, io, invece, le
ASCOLTO.
Mi immedesimo IN LORO, cerco di IMPARARE
da loro, le sento VICINE, PROSSIME. SOFFRO e LOTTO con LORO, rispettando le diverse
forme, attitudini, mentalità, difficoltà, strategie, incertezze.
La loro FERITA è la MIA FERITA.
A queste persone che TUTTE (non solo UNA…), pur nella loro articolata diversità, mi fanno battere il CUORE, io proverò a stare vicino, ad essere prossimo, con
AMORE e VALORE.
Perché, lo ripeto ancora una volta, sino
allo sfinimento, SINDACATO, CISL, significa fare, essere, costruire, tessere
INSIEME GIUSTIZIA.
Non si può essere sindacalisti (o
formatori, ricercatori sindacali che dir si voglia) se non si canta INSIEME almeno
una CANZONE.
Un esempio?
La canzone che ho citato (per fortuna di
STUDENTI/STUDENTESSE non cantato) durante la mia lezione partecipata, sulle 150 ore per il diritto allo studio, presso l’UNIVERSITA’
DI BOLOGNA, lo scorso 13 ottobre.
Come intimato dal non iscritto Cisl DANILO
BATTISTA, ho svolto diligentemente la lezione come: “libero cittadino”, senza
alcuna insegna CISL, perché mi trovavo in un, per me INFAME, regime di SOSPENSIONE
CAUTELATIVA, peraltro adottato attraverso le peggiori FORME GRAVATORIE presenti
nell’ordinamento (non nel contratto Cisl, perché lì questo istituto semplicemente
non esiste, è stato “inventato” solo per il sottoscritto).
La mia lezione, nell’ambito dei corsi
del Prof. EMANUELE LEONARDI, si intitolava: “IL SAPERE NON HA PADRONE”.
La canzone?
E’ questa… (e a me pare, caro Danilo
Battista, molto, molto vicina alla mia, per carità, CONCEZIONE DI SENSO della CISL…)
MANIFESTO
“Io non canto solo per cantare
né perché ho una bella voce,
canto perché la CHITARRA
possiede SENTIMENTO e RAGIONE
(…)
La mia chitarra non è dei ricchi
nè sembra esserlo
il mio canto è per le IMPALCATURE
che cercano di raggiungere le STELLE
perché il CANTO ha SENSO
QUANDO PALPITA NELLE VENE
di chi morirà contando
le VERITA’ SINCERE,
non serve a raccogliere PREMI FUGACI
né per darmi fama internazionale
ma è il canto di uno SPICCHIO di TERRA
che giunge giù fino in fondo al MONDO.
Là, dove tutto giunge
e dove tutto ha INIZIO
UN CANTO CHE SIA STATO CORAGGIOSO
SARA’ SEMPRE UNA CANZONE NUOVA.”
(Victor JARA, Manifesto, 1973 - anno, tra buio e luce anche delle 150 ore - canzone
scritta e cantata poco prima del suo assassinio, a Santiago del Cile, durante
il GOLPE del generale PINOCHET).
Sta a noi, oggi, con le nostre PAROLE, la nostra VOCE, la nostra SPERANZA, con i nostri OCCHI, stanchi, mai DOMI, cantare, INSIEME, nel solco di Victor Jara, una CANZONE NUOVA, un MANIFESTO.
Una canzone, VERAMENTE, INTIMAMENTE, "MANIFESTAMENTE", CISL anche se c’è chi, inevitabilmente, può NON essere, oggettivamente, in grado di capire.
Oggi, ho dovuto preannunciare, tramite la mia avvocatessa, gravi e nuove azioni legali nei confronti di Unitas, della Cisl e del Centro Studi di Firenze, a seguito di una vicenda davvero incredibile (e per me dolorosissima) che aggiunge sale a ferite ancora lancinanti e fresche.
Pensavo, infatti, di aver visto già tutto il possibile (rispetto a mie e ad altrui vicende, poichè stiamo parlando del "Caso Cisl" e non del "Caso Lauria") e non appena avrò formalizzato le denunce (al plurale e in sedi plurime), scenderò, come sempre, nel dettaglio.
Proprio mentre questa mattina ero in attesa nello studio della mia avvocatessa, ho proseguito la lettura di un libro interessantissimo e che consiglio davvero a tutti/e: "Malesangue. Storia di un operaio all'Ilva di Taranto.", pubblicato, quest'anno, da Edizioni Alegre.
L'autore del volume è Raffaele Cataldi, nato a Taranto nel 1971, operaio dell'Ilva dal 1997, allenatore di portieri di calcio e ultras della squadra della sua città. E' stato un militante sindacale per poi fondare, insieme ad altri, il Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti che organizza da oltre venti anni il primo maggio alternativo nella città pugliese.
Raffaele racconta:
"Cinzia, mia moglie mi chiama al telefono della postazione Linea a Caldo. L'operatore mi cerca all'interfono: "Cataldi alla Linea a Caldo, Cataldi alla Linea a Caldo!".
Arrivato sul posto, Domenico, un operaio anziano che veniva da Gioia del Colle, mi disse che mi volevano al telefono. Presi la cornetta nera e dall'altra parte del cavo sentii Cinzia, in lacrime, che mi diceva che stavano ricoverando nostro figlio, diventato cianotico, nel reparto prematuri e che lo avrebbero messo in incubatrice.
Ero nel panico, non capivo più niente. Dalla postazione della Linea a Caldo, chiamai all'interfono il leader, che faceva le funzioni del capo squadra, il sottoposto del capo turno, solitamente un operaio aziendalista che conosceva e poteva occupare tutte le postazioni.
Noi con contratto di formazione avevamo rapporti più con lui che col capo turno, anche perchè era lui che veniva a chiederti di fare ore di straordinario o di anticipare il turno di notte.
Attesi invano per più di un quarto d'ora un risposta all'interfono. Poi, spinto dai colleghi, dalla rabbia e dalla preoccupazione per quello che stava succedendo a Mattia, mi diressi sopra il gabbiotto del capo turno, dove vidi il capetto, "u firrar", seduto al computer a controllare la produzione.
Bussai ed entrai, gli chiesi cosa avesse detto il capo turno e se ero autorizzato ad andare via. Lui, con sguardo cattivo e arroganza, mi risposte che non sarei potuto andare via, che non c'erano mezzi e che mancavano appena tre ore alla fine del turno: tanto la situazione di mio figlio non sarebbe cambiata.
Mi sentii pietrificato (...)"
Per sapere come questa vicenda (e tantissime altre all'Ilva di Taranto) andò a finire, occorre che compriate Malesangue (che sta, proprio, per: "sangue cattivo").
Non voglio paragonare la mia vicenda a quella di Raffaele (anche se...), ma, devo dire, sinceramente che (lo spiegherò meglio nei prossimi giorni, nei dettagli) scorgo una matrice, una miseria, un gorgo, una vergognosa, scandalosa attitudine datoriale comuni.
D'altronde, a Taranto, più o meno in quegli anni le relazioni amicali, a mio parere parecchio ambigue e inquinanti, tra i vertici Cisl(Daniela Fumarola) e quelli Ilva(Girolamo Archinà) sono ormai certificate nella pietra, nelle registrazioni e nelle rassegne stampa (di destra e di sinistra)...
Anche io, come Raffaele, sono stato seduto di fianco ad una finestra, guardando una manciata di foglietti sul tavolo. Anzi erano loro a guardare me, proprio come racconta, nel suo caso, Raffaele.
Questi foglietti, questi volti, questi sogni, queste ferite mi chiedono, ci chiedono di: "prendere forma, di diventare racconto".
"Storie che si fanno Storia"...
Non è per nulla giusto scegliere tra lavoro e coscienza, così come non si può scegliere tra lavoro e ambiente, tra sindacato e salute.
A Firenze, come a Taranto, come in ogni luogo e in ogni tempo, e non solo perchè cito due città cardini, in passato, della formazione sindacale nazionale della Cisl.
"Siamo quelle che ricevono rose, ma siamo anche quelle che con il pugno chiuso parlano dei nostri luoghi di vita e di resistenza contro gli ordini e i soprusi che subiamo." (Marielle Franco)
Il 25 novembre prossimo, si celebrerà, in tutto il Mondo, la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, istituita dalla Nazioni Unite, ormai più di venticinque anni fa.
Come per tutti gli anniversari (penso, ad esempio, alla "Giornata della Memoria", ma anche agli anniversari delle "stragi di Stato") se non lo si coltiva e rigenera, si rischia di avvilupparsi nel rito, in una stanca, vuota cerimonia.
Invece, il tema, interculturale, della violenza sui corpi e sull'anima delle donne, è questione assolutamente attuale, pervasiva, sottovalutata, ghettizzata.
Come, giustamente, mi è stato fatto notare , anche io, maschio bianco e occidentale, che mi sento, atavicamente, "tanto buono" e magari anche "salvatore di principesse smarrite", rischio, anzi proprio pratico spesso, mio malgrado, magari inconsciamente, una lettura "neocolonialista" del rapporto con le donne.
Sono felice che mi sia stata segnalata questa carrellata di volti di donne chelottano insieme, per, con altre donne, a partite dallo spettacolo: Meninas.
Grazie all'apporto, ormai consolidato, ad esempio, dell'Associazione Maschile Plurale, link qui: https://maschileplurale.it/ è, poi, possibile, provare, con pazienza, a mutare, convertire i propri immaginari, e ad essere uomini che decostruiscono e ricostruiscono un loro alfabeto maschile, in dialogo con se stessi e con l'universo femminile e femminista.
Intanto, proprio il 25 novembre, nel mio piccolo, mi troverò di fronte, a Roma, a un "maschio alfa", un "super capo", come il segretario generale Fnp Cisl Roberto Pezzani, da me deferito presso i probiviri confederali Cisl (e non solo...).
Pezzani è parmigiano come me e come Marco Deriu, fondatore, insieme ad altri, proprio di Maschile Plurale.
Sentirò dentro di me, guardando Pezzani negli occhi, l'immagine, anche della sua assistente, Roberta Roncone, donna che, a mio parere, che, con la propria condotta, anche nei miei confronti, ha, non da sola, profondamente indebolito, la fondamentale lotta condivisa contro la violenza di genere, utilizzando mezzi biechi, infami, persino stupidi.
Meninas è uno spettacolo dedicato a Marielle Franco e a tutte le donne che lottano senza paura.
Riprendo dal sito dello spettacolo...
"Meninas è un dialogo sul corpo e sulla donna come corpo-politico.
E’ una sinfonia di voci.
Bambine, ragazze, donne, si muovono sulla scena traducendo in azione una drammaturgia basata su estratti della letteratura femminista, su ricordi ed esperienze condivise, testimonianze raccolte, sogni.
La partitura fisica svuota le parole dalla retorica, portando all’estremo i gesti quotidiani e gli stereotipi che assurgono a metafora della condizione femminile.
Camminare sui tacchi diventa un esercizio per un corpo addomesticato, la ricerca di un equilibrio impossibile in una società costruita su un modello in cui le donne faticano ad avere spazio e rappresentanza.
A partire da qui, si procede per accumulazione di immagini, evocando voci di donne nere, indigene, latine che incarnano la lotta contro ogni violenza e oppressione.
La cura diventa un atto di resistenza politica.
Il linguaggio della retorica maschilista - che pervade i discorsi a livello globale - è scandagliato nel suo essere intrinsecamente violento nei confronti del corpo della donna, parlando di foresta come di una vergine da conquistare.
In un caleidoscopio di immagini che spaziano da un piccolo interno di provincia all’intera Amazonia, le Meninas ridono, lottano e danzano insieme, senza paura.
Le voci e i corpi-politici che ispirano e compongono Meninas sono tra le altre:
Marielle Franco (Rio de Janeiro, 27 luglio 1979 – Rio de Janeiro, 14 marzo 2018) è stata una politica, sociologa e attivista brasiliana. Nel 2016, quando si è presentata per la prima volta come candidata, è stata eletta consigliera nella Câmara Municipal di Rio de Janeiro con 46.000 voti.
Berta Cáceres (Honduras, 4 marzo 1971, 1972 o 1973 – La Esperanza, 2 marzo 2016) è stata un'ambientalista e attivista honduregna. Leader del popolo indigeno Lenca e cofondatrice del Consiglio delle organizzazioni popolari ed indigene dell'Honduras (COPINH).
Angela Davi (Birmingham, 26 gennaio 1944 - vivente) è un'attivista del movimento afroamericano statunitense, militante del Partito Comunista degli Stati Uniti d'America fino al 1991. Attualmente la Davis insegna Storia della Coscienza all'Università della California, dove dirige anche il Women Institute.
Djuena Tikuna (5 marzo 1984 Tabatinga, Amazonas) è una giornalista e cantante attivista brasiliana di etnia Ticuna, una delle figure più importanti della musica indigena in Brasile. Tutte le sue composizioni sono cantate in lingua Ticuna. Usa il suo canto per sostenere la lotta degli indigeni per la loro vita e per quella del pianeta.
Bell Hooks (Hopkinsville, Kentucky, 1952 - Berea, Kentucky, 2021) è stata una scrittrice, attivista e femminista statunitense. Ha insegnato presso l’Università di Yale e il City College di New York. Ha ricevuto la laurea honoris causa in Lettere dell’Università di Ferrara nel 1999. E’ autrice di numerosi saggi di teoria e critica culturale.
Fatima Ouassak (Rif 1976 Marocco) è politologa e militante ecologista, femminista e antirazzista. È co-fondatrice del Front de mères, sindacato di genitori degli alunni dei quartieri popolari. Presiede inoltre il Réseau Classe/Genre/Race, una rete che lotta contro le discriminazioni subite dalle donne con background migratorio.
Djamila Taís Ribeiro dos Santos (Santos, 1º agosto 1980) è una giornalista, attivista, filosofa e saggista. Nel maggio 2016 è stata nominata sottosegretaria per i diritti umani e la cittadinanza a San Paolo. I suoi principali temi di ricerca sono le relazioni etniche e razziali, gli studi di genere e il femminismo.
Chimamanda Ngozi Adichie (Enugu 1977 Nigeria) scrittrice e giornalista femminista con all’attivo tre romanzi di successo, due conferenze viste da milioni di persone, articoli inseriti in varie testate tra cui il New Yorker e il Financial Times."